Quando il design parla italiano

Il design e la società: la progettazione dell’esperienza sostituisce quella del prodotto e la lingua si evolve di conseguenza in quanto progetto in divenire. Se n’è discusso a Torino durante la Settimana della lingua italiana. 

di Giorgia Bollati  –  La settimana appena conclusasi è stata dedicata alla nostra lingua: dal 17 al 23 ottobre si è tenuta la XV edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo incentrata sul tema del suo rapporto con la creatività e, più specificamente, con marchi e costumi, moda e design. Ruolo centrale è stato svolto dalla Società Dante Alighieri, fondata nel 1889 da, tra gli altri illustri intellettuali del tempo, Giosuè Carducci, per diffondere e tutelare la lingua italiana nel mondo; oggi l’organizzazione conta circa 500 comitati sparsi su tutto il pianeta.

xvi_settima_della_lingua

Su iniziativa dell’associazione culturale di promozione sociale Euphrasie, che punta a valorizzare le lingue neolatine, è stato sviluppato un approfondimento sul tema presso la sede di via Giolitti 26/A del Circolo del Design, che ha gentilmente ospitato l’evento. Il Direttore del circolo, Paolo Maccarrone, ha aperto la manifestazione con una breve introduzione in cui ha annunciato il fil rouge della giornata: il cambiamento, il costante mutare della società che agisce sulla lingua e sulla richiesta di beni e prodotti. Ma all’utilizzo del termine “design” è sorta una querelle che ha condizionato l’intero incontro: si tratta infatti di un vocabolo inglese il cui significato viene drasticamente ridotto nella lingua italiana per essere identificato con il semplice “disegno”, mentre all’origine indica, più ampiamente, un progetto. In tal senso si intendono per progetti, dunque, la lingua e uno dei prodotti che rispondono alle maggiori esigenze della società: l’automobile. I due campi discussi sono stati rappresentati da Giovanni Bàrberi-Squarotti, professore di Letteratura Italiana all’università degli Studi di Torino, e da Leonardo Fioravanti, già designer di Ferrari presso Pininfarina e fondatore della Fioravanti Srl.

14825781_1121215717992113_1959068472_n

La precedenza è stata data, tuttavia, ad Alberto Bersani, Vicepresidente del Comitato della Società Dante Alighieri Torinese, il quale ha tracciato un profilo dello studio della lingua italiana partendo dalla fondazione della SDI, quando l’insegnamento era rivolto in particolare al popolo della penisola per uniformare la lingua all’epoca ancora frammentata nei diversi dialetti, per arrivare a illustrare i grandi numeri di studenti di italiano nel mondo di oggi. Ha poi intessuto le lodi della cultura italiana quale elemento trascinante di tale apprendimento, per passare ad annunciare l’esistenza, sconosciuta ai più, di un certificato di lingua al pari di First o DELE.

Quindi lingua come progetto in funzione della società, come ha saputo spiegare anche Bàrberi-Squarotti che, citando la Vespa o altri oggetti famosi definiti “di design”, a volte belli e a volte decisamente no, ha dimostrato l’importanza della scelta del nome da dare ad un prodotto, in modo da concentrare il significato che il progetto rappresenta. Risalendo alle origini della lingua italiana ha illustrato l’uso vario e ricco del linguaggio che contraddistinse Dante e l’azione normalizzatrice di Petrarca: il primo utilizzò calchi o termini stranieri e latini, lingua franca dell’epoca, facendo un uso del codice che ancora oggi funge da modello, tra neologismi e risemantizzazioni, che esemplificano un procedimento simile a quello del designer; il secondo ha svolto una funzione di armonizzazione della lingua conferendole il prestigio di lingua letteraria. 

14813421_1121215934658758_936834214_o

Anche Fioravanti si inserisce nel discorso, facendo appello alla SDI per una protesta formale contro i nomi inglesi dei provvedimenti governativi del nostro paese, per poi passare al suo ambito specifico. Argomenti centrali del suo (fortemente prolisso) discorso sono stati: la rinascita dell’automobile con il progetto, decisamente più complesso di quello che comunemente si intende con design, in quanto comprende sia aspetti ingegneristici sia estetici, e i benefici che si possono trarre dall’altamente sottovalutata automobile elettrica. Conclude con un invito rivolto ai designer dell’industria automobilistica: “l’automobile se lo merita di venire progettata e costruita meglio perché è ancora lo strumento di libertà personale maggiore del mondo”.

Infine Ludovico Campana e Sergio Pininfarina, Automotive e Mobility Designers, hanno apportato un’efficace conclusione al discorso dimostrando la correlazione tra i cambiamenti nella società e la mobilità, fonte di nuovi sistemi di comunicazione e conseguenti variazioni della lingua, e insieme di nuovi metodi di progettazione. Se il prodotto è diventato un servizio e il cliente è diventato un utente, ne deriva che quello che si progetta è un ecosistema perché si considera tutto quanto circonda l’articolo, che non è più un oggetto ma un’esperienza.

14800757_1121215017992183_354542743_n

Il nuovo modo di vedere il mondo condiziona anche la lingua, plasmata sulla società: per questo nel 2016 l’Accademia della Crusca ha introdotto termini come “whatsappare” che rappresentano lo stile di vita attuale. Da epoca del filo a epoca wireless: obiettivo della progettazione è, al giorno d’oggi, favorire la mobilità. Autore dell’ultimo intervento e rappresentante dell’unione tra lingua e design è il coreano Seunghun Jeong, designer innamorato della cultura italiana che grazie allo studio della lingua neolatina ha potuto raggiungere l’obiettivo di esercitare la sua professione in Italia.

Al termine della conferenza si è tenuta la premiazione del concorso “Il Grido di Nembrot”, indetto dall’associazione Euphrasie: i designer partecipanti dovevano inviare l’immagine di un progetto disegnato da loro unita ad una citazione della letteratura italiana per rendere chiara la liaison tra design e lingua. E al termine della manifestazione è stato offerto un aperitivo con degustazione di vini di Cascina Grilli, con la quale è stata presentata la nuova bottiglia Chardonnay Rafè 2015, fornita dell’etichetta vincitrice del premio “Etichetta d’Oro” che ha riconosciuto la qualità del design unita a quella vinicola.

 Foto credits: Elena Bruna