Fiandre familiari: “Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga”

Le più belle opere di casa Brueghel ospitate fino al prossimo 19 gennaio all’interno dell’elegante cornice della Reggia di Venaria: uno sguardo d’insieme. 

 “Il mistero non esiste che nelle cose precise”  – J. Cocteau, Entretiens autour du cinématographe (1951)

di Federica Giallombardo e Matteo Tamborrino  –  Una tavolozza, quella dei Brughel, che si tramanda di padre in figlio, a partire dal XVI secolo sino a raggiungere le pendici del Settecento. La mostra, ospitata nelle Sale delle Arti della Reggia di Venaria, è stata curata da Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider (direttore del Paderborn Städtische Galerie in der Reithalle) e prodotta da Arthemisia Group, con il patrocinio della Città di Torino. Essa ripercorre, con eleganza e precisione (leitmotiv nella produzione di questi artisti), le vicende delle cinque generazioni di una delle famiglie d’arte più note e pittoricamente prolifiche del Nord-ovest europeo. Furono dei grandi sperimentatori e innovatori: muovendo dai capisaldi della pittura locale seppero distinguersi, costituendo – tra manierismi e voli pindarici – un vero marchio di fabbrica. A uno dei rappresentanti del casato si deve ad esempio la moda di dipingere su rame, il che rende gli oli molto più brillanti e accesi.

Pieter Brueghel II (Flemish, 1564/1565-1637/1638). 'Peasant Wedding Dance,' 1607. oil on panel. Walters Art Museum (37.364): Acquired by Henry Walters.
Pieter Brueghel II (Flemish, 1564/1565-1637/1638). ‘Peasant Wedding Dance,’ 1607. oil on panel. Walters Art Museum (37.364): Acquired by Henry Walters.

La mostra, introdotta da un interessante video proiettato a mo’ di prologo, ripercorre secondo criteri tematici l’eclettica sperimentazione di questi maestri. Sette, come i Peccati del Bosch, sono le sezioni: Il Giudizio Morale tra salvezza e condanna; La Natura regina; Soldati e cacciatori nella luce dell’inverno; Storie di viaggiatori e mercanti; Le allegorie, racconti delle meraviglie; Splendore e vanità della vita silente; e infine La danza degli ultimi. Il percorso espositivo (grazie al saggio e pedagogico didascalismo dei focus storico-geografici e genealogici affissi sulle pareti) stimola alcune fondamentali riflessioni sul cambiamento che l’arte – fiamminga nel nostro caso – subì, o meglio attivò, in quei due turbolenti secoli dell’epoca moderna. Dal variopinto allegorismo, ricco di giovalità, carnalità e ironia, si approdò sulle coste di un sincero realismo, che fece delle taverne e dei landscape belgico-olandesi i propri piatti forti; si continua poi con le seduzioni effimere della vanitas floreale, contrapposte al triviale ma allegro zompettare dei contadini.

Le Fiandre erano a quel tempo un territorio di forti agitazioni: situate al confine con gli attuali Valloni del Belgio, esse furono a lungo teatro di sanguinosi scontri tra protestanti e cattolici. Il tutto fomentato dalle mire imperiali spagnole. La storia dei Brueghel, che inevitabilmente risente della storia esterna, come segnalano molte loro vedute (si pensi alla Strage degli Innocenti), ha inizio con Pieter Brueghel il Vecchio (nato nel 1568) e prosegue con i figli Jan il Vecchio e Pieter il Giovane, raggiungendo i nipoti Jan il Giovane e Ambrosius e “concludendosi” con il pronipote Abraham, morto nel 1697. In realtà, quella della pittura, era davvero un’epidemia familiare di antica data: già i suoceri di Pieter il Vecchio infatti – ossia i genitori della moglie Mayken Coecke van Aelst (il pittore Pieter Coecke van Aelst e la miniaturista Mayken Verhulst Bessemers, che si occupò poi della formazione dei nipoti) – condividevano il vizio privato della tela.

Proviamo a offrirvi qualche spunto per passeggiare in maniera più coinvolta tra le opere in mostra.

Quasi appena entrati, è impossibile non restare ammaliati dall’atmosfera enfaticamente sognante e dai toni fiabeschi del Paesaggio con la parabola del seminatore (1557) di Pieter Brueghel “Il Vecchio: un’opera che illustra solo parzialmente la morale religiosa e che anzi ripiega in un frammento di natura quasi consapevole di essere ritratta di sbieco – ma assente e spontanea nella sua posa.

Dopo le tele dedicate alla vita umile e contadina (Contadini di ritorno dal mercato di Jan Brueghel “Il Giovane” del 1630 e Villaggio con contadini e animali di Jan Brueghel “Il Vecchio” del 1609), ecco altri dipinti che rivelano un sogno, un edenico legame – a volte forzato, a volte ambiguo e ostile – tra uomo e natura; La visione di Sant’Uberto (1630) di Jan Brueghel “Il Giovane” , dove il volto del santo rivela uno stilema addolcito, quasi neoclassico e un altro Paesaggio, questa volta fluviale, di Jan Brueghel “Il Vecchio” (1595-1600 ca), in cui ancora si possono ammirare l’accostamento sapiente degli elementi e dei colori lacustri e l’anatomia perfetta nel dettaglio – nel tacito accordo tra dimensione e resa drammatica. Altra teatralità rivela La trappola per gli uccelli di Pieter Brueghel “Il Giovane” (1601), immersa nel paesaggio invernale, animosamente bianco, intento a narrarci un racconto alla Blixen; in particolare, il primo piano degli uccelli ancora liberi sui rami determina un distacco tra inibizione umana, realtà naturale e aspettative dinamiche; una candida quiete giocosa prima dei frutti della caccia.

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Una parete della mostra è interamente dedicata alle incisioni e alle stampe ritraenti navi e altre imbarcazioni: Nave a quattro alberi armata che fa vela verso un porto e Nave a tre alberi armata con la caduta di Icaro, entrambe di Pieter Brueghel “Il Vecchio” ed entrambe del 1561, sono impeccabili nella tecnica – una tecnica talmente lucida e nitida da non poter che rivelare la straordinaria competenza nell’incisione dei Brueghel – nonché fantasiose in maniera “moderna”, abbinando il mito come correlativo oggettivo “da cercare” nella marea di linee e dettagli accostati tra loro senza confondere l’occhio (e questa è una rarità nel gioco di prospettive del manierismo).

Subito dopo, le allegorie di Jan Brueghel “Il Giovane”: l’Allegoria dell’udito, dell’Olfatto e dell’Amore (una triade composta tra il 1645 e il 1650) dimostrano come gli ultimi Brueghel guardassero a una dimensione forse paradossalmente meno “eccentrica” rispetto al documentarismo iperespressivo dei capostipiti, ovvero a quella della leggenda, della letteratura e del mito. Ciò si ripropone nelle nature morte di quest’ultimo Brueghel, dipinte negli anni ’30 e ’40 del ‘600; l’amore per le forme di vita microscopiche acquista dignità pur rimanendo nei canoni delle dimensioni reali; pistilli, semi, coccinelle e lumache sono le scintille che meravigliano l’osservatore, tanto da ritrovarne un rinnovato interesse – se pur guardando “solo” vasi di fiori.

Il percorso si conclude con le Nozze Contadine di Marten Van Cleve (1558-1560), rimbastendo la trama iniziale della mostra con figure bizzarre nella propria schiettezza, villane e sagge come in un’antica danza nuziale.

Invitandovi a non perdere questa preziosa occasione, vi forniamo qualche informazione utile:

Quando? 21 settembre 2016 – 19 febbraio 2017. Orari di apertura: martedì-venerdì ore 9-17; sabato, domenica e festivi ore 9-19,30; lunedì chiuso. Info e prenotazioni: tel. +39 011 4992333 – www.lavenaria.it

Dove? Reggia di Venaria, Venaria Reale – 10078, Torino. Per questioni riguardanti i trasporti pubblici consultare la pagina apposita sul sito della GTT.

Quanto? Intero 14 euro (audio guida inclusa) – Ridotto 12 euro (audio guida inclusa)