Il racconto e le foto del roboante show della turbolenta garage band americana, affiancata da ottime band psichedeliche nostrane per il Fuzz Gala dell’Astoria, in trasferta allo sPAZIO211.
di Jacopo Lanotte – I live che cominciano presto, otto e trenta. Gli spettatori sono già numerosi per una domenica d’inizio settembre. Per un attimo sembra di essere catapultati in qualche locale underground newyorkese dove i concerti non si fanno aspettare e partono (come forse dovrebbe accadere anche da noi) all’imbrunire. Tuttavia il “baracchino-venditore di angurie” appena sotto il locale, al bordo della strada, ci ricorda che siamo ancora in un quartiere popolare torinese e che non è tempo per fantasticare troppo su sogni irrealizzabili.
“Fuzz-garage-psychedeilc-punk” potrebbe essere la lunga etichetta che ci ha accompagnato in questo 11 settembre nella sala concerti di Spazio 211. Con un Federico Baldi (direttore artistico dell’Astoria) più frenetico che mai perché tutto funzioni alla perfezione. E, bisogna dire, l’operazione è riuscita appieno.
Quattro le band in scaletta, dalle danze tribali e reggaeggianti dei torinesi Maniaxx salendo sullo “psycho-train” martellante dei Go!Zilla, fino alle trame onirico-psichedeliche degli ormai veterani nel genere Movie Star Junkies. La vera stella che brilla sporca e corrotta al termine del viaggio è però quella dell’ attesissimo quartetto di Atlanta, Georgia. Stiamo parlando di Cole, Jared, Ian e Joe in arte i Black Lips. Band di culto del genere, erano già stati invitati dagli stessi organizzatori, qualche anno fa, nel loro quartier generale, l’Astoria di Via Berthollet.
Ora tornano con tanto di striscione-lenzuolo appeso dietro il palco e marchiato a bomboletta con il nome della band. Come in uno show da college americano, il quartetto si diverte e infiamma il pubblico roboante. Il “pogo” è pressoché continuo e sebbene i Lips non diano sfogo come in passato è accaduto, ad esibizioni troppo trasgressive, (ricordiamo i “nudi integrali”, il “piscio dal palco” e chi più ne ha più ne metta), il lancio di rotoli di carta igienica arriva diretto e puntuale a metà esibizione. Nota di leggera critica è la presenza poco incisiva della sassofonista che da poco li accompagna in tour; il sax non si sente e lei non sembra troppo convinta nella performance. Peccato, sicuramente avrebbe dato un tocco interessante alle trame ormai collaudate (i Black Lips sono attivi da più di quindici anni) dei brani in scaletta.
Ma facciamo un passo indietro e dedichiamo qualche riga alle altre band che meritevolmente hanno suonato e di cui si è fatto cenno. Nell’economia del live-set non è infatti sorto uno dei frequenti limiti dei concerti torinesi, il solito podio dove la band d’apertura suona praticamente di fronte a nessuno e il pubblico arriva e si accalca soltanto per il gruppo di punta. No, domenica non è andata così.
La line up si è retta su un equilibrio davvero sorprendente: il pubblico ne ha percepito l’essenza. Già dalle prime note i Maniaxxx introducono perfettamente al contesto: gli Stati Uniti desertici, aridi lungo percorsi senza confine per il più temerario dei viaggiatori. Canti ossessivi e ritmi incalzanti si susseguono nel vortice sonoro per approdare ai mantra retrò dei Movie Star Junkies. Il veicolo spinto al limite di velocità targato Firenze (Go!Zilla) ci invita a salire e a catturare i Coccodrilli lungo la strada (“Grabbing the Crocodile” è uno degli episodi più intesi della loro esibizione). Brevi “pit stops” appena fuori, nell’area verde dietro il locale (dove si è appena svolto il Todays Festival), rinfrescano i corpi sudati degli spettatori, in attesa dell’esibizione finale, che per altro tarda a venire. Forse provati dal calore settembrino torinese, forse memori di una nottata intensa, i Black Lips si presentano sul palco con qualche di minuto di ritardo. L’attesa è però lautamente ripagata e quasi piacevole, dopo le infuocate esibizioni delle band precedenti.
Partono così gli “inni” che hanno accompagnato il quartetto americano lungo la loro stravagante carriera. Legati a doppio filo al blues-rock delle origini, brani come “Family Tree”, “Katrina” e l’immancabile “Raw Meat” a chiudere le danze, rivisitano il genere con sferraglianti scorribande punk e garage. Un “mood” sonoro ormai consacrato sul suolo americano indipendente, che non smette di ispirare tante proposte interessanti anche nella patria del bel canto. Le tre band in apertura ne sono la migliore dimostrazione.
A parere personale il momento inaspettatamente magico dell’intera performance è stato il brano “Hippie Hippie, Horrah” (da “Let it Bloom” 2005). Una ballata scordata, circolare che fa il verso all’originale francese di Jacques Dutronc del 1968. Ne ricordo gli ascolti interminabili ancora bambino nei primi anni 2000 pensando già allora quanto pazze fossero queste quattro labbra dal bacio indelebile.
Con il nobile scopo di trasformare un live in una festa carnevalesca dove tutto è concesso, il live dei Black Lips ha colto – di nuovo – nel segno. Merito va alla cura nella selezione delle band che ne hanno anticipato le danze; hanno contribuito prontamente a disegnare i contorni di quella che si può definire una serata davvero coinvolgente e riuscita. Un inizio di stagione con i fiocchi per gli organizzatori di Astoria e Spazio 211. A buon rendere per le prossime puntate, che non tarderanno a venire.
Gallery a cura di Corrado Iorfida