[REPORT] I fuochi d’artificio del Bay Fest 2016

Il racconto del raduno punk-rock on the beach di Rimini con Noxf, Satanic Surfers e molti altri. 

di Giulia Scabin  –  E’ il weekend di ferragosto in quel di Rimini, le spiagge si riempiono e il sole fa il suo lavoro. Intanto a Igea Marina, i ragazzi di LP Rock Events si preparano all’atto finale del loro lavoro: Bay Fest 2016, festival punk rock alla sua seconda edizione, che l’anno scorso ha ospitato i Millencolin sulla spiaggia del Beky Bay.

Quest’anno il festival dimostra di avere tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori in Italia nel campo punk rock (e non solo), dall’organizzazione interna dei live, alla gestione della location, fino alla lineup delle due giornate con headliner del calibro di NOFX e Screeching Weasel.

Inizia scoppiettante la serata del 14 agosto, con lo ska core dei cesenati IS, che in venti minuti riescono a concentrare una scaletta asciutta e di impatto. Seguono i Coffeshower da l’Aquila, che suonano un bel punk-rock tendente al post-punk, con melodie potenti che restano attaccate addosso. E’ il turno dei Talco, band ska core da Marghera che canta in italiano: non pensavo che esistessero ancora tante band che si dedicano a questo genere, e onestamente dopo il secondo gruppo ska core nell’arco di un’ora inizio a pensare che forse se ne potrebbe anche fare a meno.

Entra in scena una delle band che molti erano ansiosi di ascoltare in questa edizione di Bay Fest: salgono sul palco gli A Wilhelm Scream. La concentrazione di pubblico sotto il palco comincia ad aumentare, e quando la band attacca con The King Is Dead l’atmosfera si fa rovente. I cinque del Massachussetts si riaffermano come una delle band tecnicamente più valide della scena melodic hardcore di oggi, peccato per l’atteggiamento eccessivamente da poser del cantante (un “fucking” ogni due parole e mosse alla Ray Cappo), ma in fondo fa parte del gioco e quindi ci sta. In ogni caso, che piacciano o non piacciano, gli A Wilhelm Scream portano al Bay Fest uno show che, seppure tamarro fino al midollo, cattura e fa muovere le ossa al pubblico presente.

Una breve pausa e il pubblico accoglie esaltato una delle band più longeve della Fat Wreck Chords. Gli Strung Out partono col botto, sotto il palco si alza una nube di polvere: centinaia di dita puntate accompagnano le note di Exhumation of Virginia Madison. La band di Jason Cruz è in forma e si diverte, passando dagli iconici pezzi di Twisted by Design, con To Close To See e Match Book, ai successi dei più recenti Blackhawks Over Los Angeles e Agents of the Underground, senza dimenticare un momento di omaggio a Tony Sly, quando i cinque californiani ci regalano la cover di Soulmate. Con il loro sound unico che unisce l’hardcore punk a sonorità metal (da segnalare il set di batteria con tre tom), gli Strung Out sono, per quanto mi riguarda, la rivelazione della serata, molto più interessanti e coinvolgenti dal vivo che su disco, e in fondo dovrebbe essere questo l’obiettivo di una band.

A questo punto il piccolo parco del Bay Fest è affollato da oltre 4.000 persone che attendono impazienti l’entrata sul palco di Fat Mike e colleghi. Ecco spuntare una cresta rosa e un kilt di pelle nera: lo show dei NOFX ha inizio. Qualche saluto made in NOFX e i quattro over 40 fanno esplodere il pubblico sotto il palco con 60 Percent, Sticking in My Eye e Linoleum, alla chitarra Eric Melvin è già a torso nudo. Tra classici da White Trash, Two Heebs and a Bean, con l’intramontabile Bob, o da Punk in Drublic, con l’inno generazionale di The Brews, fino a successi come Champs Elysées e Idiots Are Taking Over, la scaletta procede in modo in parte inaspettato, tralasciando pezzi iconici come The Cause, The Longest Line o Don’t Call Me White, ma ai NOFX si può perdonare tutto.

Fedelmente alla destra di Fat Mike, El Hefe mette in luce tutto il suo talento di polistrumentista, tra riff di chitarra, assoli di tromba e vocalizzazioni: eroe della serata. Immancabili gli intervalli di cabaret, marchio di fabbrica della band californiana, tra scherzi e prese per il culo, come l’imitazione di Fat Mike del fan che, un po’ su di giri, tentando di fare stage diving sul pubblico, cade invece nella zona tra palco e transenne. Ma i NOFX non sono soltanto dei clown, e hanno dimostrato ancora una volta di essere musicisti punk di tutto rispetto, tra i più prolifici nella storia di questo genere, diventati una band di culto per intere generazioni perché sempre fedeli agli ideali del Do It Yourself.

Nota negativa della serata: probabilmente il pubblico (per la maggior parte attirato dai NOFX) tra personaggi che sembravano essersi persi andando ad un concerto dei Guns N’ Roses ed essere finiti lì per caso, gente ubriaca addormentata sul prato dall’inizio alla fine del concerto, e nostalgici che non hanno mai davvero ascoltato punk ma al liceo avevano la cassetta di Punk In Drublic e quindi eccoli lì.
Ma fortunatamente i quattro punk rockers di Berkeley sanno il fatto loro, e tutto questo passa in secondo piano: quando ti trovi davanti ad una delle band che hanno accompagnato la tua adolescenza, e questa ti regala un super show, poco importa del resto. Sulle note di Can’t Help Falling In Love suonata dalla fisarmonica di Eric Melvin, i NOFX chiudono la serata: siamo soddisfatti.

E’ Ferragosto, di nuovo sole, di nuovo spiaggia e di nuovo sera: sono le 18 quando inizia la seconda serata di Bay Fest.


Fanno gli onori di casa i riminesi Honey, allegri e divertenti, con un pop punk show conciso ma efficace. Continuano i Lags, dalla capitale, con mezz’ora di punk rock fatto come si deve; seguono gli Slander, hardcore da Venezia, con una buona dose di influenza newyorkese: i veneziani sono autentici e ci piacciono, chiudono dicendo “Se le cose non ti piacciono fattele da solo”, e come dargli torto.

L’atmosfera si è scaldata, il pubblico aumenta (pur non arrivando ai numeri della serata precedente) e in cielo scoppiano i primi fuochi d’artificio. Siamo pronti per una delle più importanti punk rock band italiane degli ultimi vent’anni (che ci/vi piaccia o meno): arrivano i Derozer. Alla voce Seby è in forma e su di giri, e la band parte i fuochi d’artificio sopra il palco. Da Mondo Perfetto a Tu Lo Sai, da Canzone Ska a Lungo La Strada, i punk rockers di Vicenza parlano poco (com’è giusto che sia) e regalano al pubblico del Bay Fest uno show che lascia tutti con un sorriso, soprattutto a chi ha qualche anno in più sulle spalle. Concludono con l’accoppiata Alla Nostra Età + Branka Day, e sotto il palco cantiamo tutti.

Adesso siamo belli caldi per i Satanic Surfers. Dopo dieci anni, Rodrigo Alfaro e soci sono di nuovo in Italia in occasione della reunion, e nessuno sa bene cosa aspettarsi. Senza preamboli inutili la band dalla Svezia (o “Svedesia” come detto dal bassista) parte in quarta con And The Cheese Fell Down e Better Off Today, dando vita al delirio sotto il palco. “Thank you, we are Satanic Surfers”, e ripartono con una scaletta serrata e spaccaossa, suonando tutto quello che devono suonare, da Skate To Hell a Going Nowhere Fast. Elementi di una delle band protagoniste dello skate punk anni ’90 e 2000 con alle spalle quasi trent’anni di attività, gli svedesi sono un ossimoro: macchine con un cuore enorme. Il gruppo conclude con il trio Head Under Water, Hero Of Our Time e Good Morning, e il pubblico impazzisce: per quanto mi riguarda al Bay Fest hanno vinto loro.

E’ il momento degli headliner della serata, la band più attesa (almeno dagli amanti one-two-three-four) a questo Bay Fest, per la prima volta in Italia dopo trent’anni dalla sua fondazione: sotto il palco attendiamo con ansia gli Screeching Weasel. Le aspettative sono o altissime o bassissime, senza via di mezzo, molti di noi stanno per vedere la band di Chicago, gruppo di riferimento per generazioni di punk rockers, per la prima, e forse ultima, volta nella loro vita: tutto il Bay Fest è in tensione.
I quattro americani entrano in scena, Ben Weasel indossa una vecchia maglietta dei Manges: comincia il punk rock show. La band suona tutto quello che vogliamo che suoni, tutti i pezzi storici con cui siamo cresciuti, senza i quali oggi il punk rock probabilmente sarebbe un po’ diverso: Hey Suburbia, Supermarket Fantasy, I Can See Clearly Now… Per Cindy’s On Methadone, Ben invita sul palco l’amico Andrea Manges, ed è tutto bellissimo, quasi più giusto. Sotto il palco è la festa di tutti i kids che ci hanno sempre creduto, ma resta un retrogusto amaro: non sono più GLI Screeching Weasel, è Ben Weasel, una delle figure più carismatiche e controverse della scena punk mondiale, che ci suona quello che noi vogliamo sentir suonare. La band suona come si deve e Ben è convinto, rimane però una spiacevole sensazione di distacco tra palco e pubblico. Ma in fondo stiamo sentendo gli Screeching Weasel in Italia nel 2016, quindi va bene così, grazie Bay Fest e grazie LP.

La band finisce col botto, con My Right e Cool Kids: “Be cool, it’s the spirit of the Ramones”, e hai ragione tu Ben. Il Bay Fest, anche quest’anno, è finito: ci si rivede la prossima estate.


Per concludere, parafrasando i Satanic Surfers, “If you don’t like how we play, hey that is okay but don’t talk shit behind our backs or we’ll shove our record up your ass”: che le band siano piaciute o meno, che le scalette abbiano soddisfatto o no, il Bay Fest è stato una cosa bellissima, una vera festa per chi nel punk rock ci crede da sempre e probabilmente non smetterà mai di crederci. It’s a real cool club, and you’re not part of it.

benweaseloops