Questione d’etichetta: Waves For The Masses

Crisi discografica o meno, ci mettiamo in viaggio alla ricerca di etichette indipendenti italiane. Perché serve ripartire dalle buone maniere: qualità e passione. In questa tappa: il caleidoscopio pop della netlabel W//M.

di Enrico Viarengo  –  A volte capita che l’amore viscerale per una band ti porti a volerne sapere di più. Si finisce per ascoltare vecchie demo dimenticate dagli stessi autori, si cercano biografie cartacee, si saltapicchia da una pagina web all’altra in cerca di curiosità. Così facendo è facile imbattersi in quella strana creatura che ha reso possibile l’uscita dell’album di quell’artista: l’etichetta discografica, una casa con tanti coinquilini che di solito vanno molto d’accordo.

Prendete la Motown Records, uno di quei nomi difficili da ignorare. Negli anni sessanta i coinquilini Motown erano talmente affiatati che ancora oggi si parla di sound Motown e della sua storia. Difficile dimenticare, per gli amanti dell’indie-pop britannico, gli anni a cavallo tra ‘80 e ‘90 della Sarah Records di Bristol: inconfondibili tappeti di chitarre super melodiche e timide vocine annegate da quel tipo di malinconia chiamata riverbero. Major o indie che sia, una label conserva sempre un’identità ben precisa. Un suono, un’idea, un linguaggio, una sfumatura, una storia.

Quella storia è fatta da persone che vivono dietro le quinte del palcoscenico musicale e che spesso ignoriamo, ma sono anche tanti i musicisti che hanno intrapreso la via discografica. Mi vengono in mente i Superchunk che, per promuovere esclusivamente i propri dischi, fondarono la Merge nel 1989. Quindici anni dopo fecero uscire Funeral degli Arcade Fire.

In Italia ci sono tantissime etichette. Molte sono piccole, alcune piccolissime. Alcune sono note a chi ascolta musica, altre solo a chi la musica la suona. Quasi tutte, se ci soffermiamo nel mondo indipendente, sono gestite da persone che per fare la spesa hanno un altro lavoro, più redditizio.

Crisi discografica o meno, la passione resta. E con la passione si fanno uscire album, si stampano cd e vinili, si caricano canzoni su youtube e Spotify. Poi si incrociano le dita e si aspetta. Abbiamo deciso di farvi conoscere alcune etichette del nostro paese. Lo facciamo utilizzando le parole di chi un giorno si è inventato un nome e ha disegnato un logo che ora potete trovare stampato, piccolino, sul retro di qualche cd.

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Partiamo con Waves for the Masses e il suo creatore Vincenzo Lombino. W//M è una della realtà più atipiche del panorama discografico indipendente. Ha molto poco a che fare con la geografia, non ha una cantina con scatole piene di cd e non si occupa di nessun genere in particolare.

Definire W//M è abbastanza complicato. Netlabel, più che etichetta a tutto tondo, in grado di offrire servizi di promozione, a partire dall’ufficio stampa. Avete mai stampato copie fisiche delle vostre produzioni?

“Ho difficoltà io stesso a trovare una definizione, perché anche se il progetto è nato prevalentemente come ufficio stampa, l’affetto e la stima reciproca con alcuni musicisti ci ha trasformati spesso in netlabel.

Con W//M Records abbiamo pubblicato album di vari artisti, italiani e non, ma il concetto di label non fa parte della nostra identità e spesso genera solo confusione. Ad esempio, per rispondere alla tua domanda, non abbiamo mai stampato copie fisiche delle release di W//M, ma molte delle nostre release sono state stampate su supporti fisici. Sembra una contraddizione, ma la differenza tra noi e il tipo di etichetta che abbiamo in mente è molto semplice: noi non paghiamo la stampa, non produciamo (nel vero senso della parola) dischi e più in generale non offriamo lo stesso insieme di servizi che una vera etichetta dovrebbe avere.

Insomma, Waves for the Masses è semplicemente un ufficio stampa la cui forte passione per la musica di qualità, lo fa spesso assomigliare a qualcosa che forse non è.

Questa indefinibilità del progetto da una parte ci fa piacere, perché come press agency siamo sempre stati molto fuori dagli schemi, ma genera spesso molta confusione e il dover declinare tutte le proposte che ci arrivano con un secco “we are not a record label” ci fa sembrare più stronzi di quello che siamo. Per non parlare di quelli che ci contattano per essere recensiti su Waves for the Masses!”

Per fare un po’ più di chiarezza: vi occupate anche del booking delle band?

“Il booking è un settore di cui ci stiamo interessando da qualche mese. Ma – come tutte le cose che decido di fare – si parte sempre da un periodo di prova in cui scegliamo alcuni musicisti che rappresentano appieno lo spirito del progetto e testiamo le nostre capacità lavorando con loro a vari tour. A novembre abbiamo portato per la prima volta 2 musicisti dal vivo in Italia – Grimm Grimm (Giappone) e Allie (Germania) – e ora stiamo lavorando a vari tour per aprile/maggio. Tra questi oltre quei due artisti, anche Atariame (Russia), la piemontese Carlot-ta e i catanesi Loveless Whizzkid.

La particolarità di W//M è quella di puntare a band e artisti di tutto il mondo. Il giapponese Grimm Grimm e la cantautrice russa Atariame che hai appena citato, gli svedesi The Presolar Sands e le Echo Bench da Israele. Come ci siete arrivati e che servizio offrite a queste realtà così geograficamente distanti?

“Parto dalle Echo Bench, perché in realtà si tratta di una band che abbiamo seguito più che altro prima di lanciare il progetto W//M, quando eravamo ancora in V4V Records. Per quanto riguarda le altre band siamo arrivati a loro in vari modi. Alcuni scoprendoli per caso su bandcamp e proponendogli servizi gratuiti, solo per poter promuovere qualcosa in cui crediamo. Altri ci hanno scoperti e contattati tramite il passaparola.

Quello che offriamo a una band straniera è un po’ di promozione in Italia in previsione di un tour e successivamente anche la pianificazione e la promozione del tour stesso.

Detto sinceramente, è un lavoro che stiamo imparando a fare perché è completamente diverso dalla promozione di una band italiana. Tuttavia avendo ormai seguito vari progetti di questo tipo, stiamo acquisendo una certa esperienza e i primi frutti stanno già arrivando.”

Atariame – I grow from ORANGE ‘EAR on Vimeo.

Il vostro manifesto recita una notevole apertura verso le lingue straniere: “good music shouldn’t have language restraints”. Allo stesso tempo, nonostante tutte le differenze di genere, il vostro roster conserva sempre un certo linguaggio, se vogliamo una propensione per il pop.

“Conserva anche un altro linguaggio: l’inglese. Perché purtroppo, nonostante la nostra voglia di tenere fede a quella vision, è sempre molto complesso trovare band valide che cantino nella propria lingua. In genere la scelta del linguaggio è dovuta a logiche di comprensione del testo e non di suono; mentre per noi il valore aggiunto di una lingua sta proprio nelle caratteristiche sonore diverse rispetto all’inglese, che permettono di creare atmosfere in qualche modo inedite.

Per quanto riguarda invece la “propensione per il pop” ci hai preso in pieno. Chiaramente non si tratta di pop in senso stretto, ma piuttosto di un sound che pur restando fieramente indipendente, non si nega il piacere di comunicare a un pubblico più vasto.

La decisione di lavorare prevalentemente con questo tipo di progetti, non è però dovuta a logiche di mercato, ma piuttosto all’idea che ciò che manca davvero è una cultura pop che, invece di scimmiottare il mainstream e chiamarlo indie, sfrutti un linguaggio più popolare per trasmettere al pubblico nuove chiavi di lettura che gli permettano di comprendere realtà distanti da quelle che già conosce. Insomma, l’esatto opposto di gran parte dell’indie-pop.”

Su chi stai puntando di recente?

“Senza dubbio i Leave The Planet. Tra al massimo 2 mesi uscirà il nuovo EP ed è una bomba pazzesca. Di solito non mi sbilancio così tanto, ma questo è uno dei dischi dream-pop più belli degli ultimi anni e nonostante sia un progetto chiaramente londinese, fa piacere che ci sia tanta Italia al suo interno.

Anche il nuovo dei Niagara è un album incredibile, ma non hanno di certo bisogno di qualcuno che punti su di loro. Hanno svolto un ottimo lavoro nell’ultimo anno e mezzo e sono ormai una certezza.”

Oltre a coordinare W//M, sei anche vice capo redattore e “social media strategist” di impatto sonoro, webzine di rilevanza nazionale. Sei nato e vivi a Palermo, ma si potrebbe affermare che la tua “casa” è il web. Spento il computer, come vive la musica Vincenzo Lombino?

“Ruoli inventati. La pura verità è che la mia partecipazione a Impatto Sonoro è pari a zero. Fanno tutto gli alti redattori.

Spento il computer vado a dormire, perché in genere è l’1 di notte. Purtroppo – e per fortuna – il progetto W//M è nato in un momento economicamente duro. Avendo perso alcuni grossi clienti sul mio vero lavoro, ho deciso di portare i miei 10 anni di esperienza nel web marketing nel settore musicale. Significa che in questo momento sto facendo 2 o 3 lavori contemporaneamente, nell’attesa che W//M mi consenta di vivere di promozione musicale.”

Cosa pensi della situazione musicale della tua città?

“Avendo lavorato per dieci anni a Roma, non ho tutti gli strumenti necessari per valutare la situazione musicale della mia città. Tuttavia, credo che per quanto riguarda Palermo e la Sicilia, sia un po’ il periodo della rinascita e il merito non va solo alle nuove realtà come possono essere la palermitana Bangover e la catanese Weak, ma soprattutto a chi si è fatto il culo negli ultimi anni per non far scomparire del tutto un certo tipo di musica. Parlo sia di singoli locali, di promoter, booking, festival che hanno mantenuto vivo e ri-alimentato l’interesse attorno alla scena indipendente.

Detto questo, penso che Palermo – come la Sicilia – sia allo stesso tempo un territorio che, a causa della poca offerta musicale, non ha un pubblico simile a quello del nord. Il pubblico è forse meno preparato e la domanda non è quindi altrettanto forte che al nord, ma allo stesso tempo vista la mancanza di offerta, la mancanza di una vera e propria concorrenza, e l’incremento della domanda, è proprio il momento e il luogo perfetto dove poter sviluppare nuove rassegne di successo. Come in parte stanno facendo i ragazzi di Bangover, quelli di Indigo, il Bolazzi ed altri.”

Quale produzione italiana e quale internazionale, se avessi avuto la possibilità, avresti promosso con W//M?

“Tra gli italiani senza dubbio Iosonouncane, che rappresenta perfettamente lo spirito di Waves. Disco dal sound internazionale, in cui la lingua italiana è usata prima di tutto come strumento e non solo come espediente per facilitare la comunicazione tra artista e pubblico. Un disco tuttavia fortemente pop, che vedrei bene a Sanremo.

Tra gli stranieri direi la giapponese Piana. I motivi sono simili a quelli già detti per Iosonouncane: album in giapponese, con un forte sound pop, ma in cui la voce si fa strumento indispensabile, andando a disegnare paesaggi sonori tipicamente post-rock, pur essendo distante dal genere.

Tuttavia ci tengo a sottolineare che alcuni degli artisti con cui lavoro sono già nella top10 dei musicisti con cui vorrei lavorare. Tra questi Grimm Grimm all’estero e i Niagara in Italia.”