“Come possono le mani di un uomo dipingere il divino?” e come riportare attuali le storie del divino a cinquecento anni di distanza? Ce lo spiega “LA FORNARINA La sposa segreta di Raffaello “, uno spettacolo di Giacomo Ferraù e Giulia Bellucci. Articolo a cura di Mirco Spadaro.
La Fornarina è uno dei più celebri dipinti di Raffaello Sanzio, realizzato tra il 1518 e il 1519. 85 x 60 cm; olio su tela. Oggi si trova nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, a Roma; lo si trova facilmente. Il soggetto è una donna, seminuda, seduta; la si vede un po’ di profilo, che sorride e guarda alla nostra destra. Ha gli occhi color nocciola, le guance arrossate. Una mantella trasparente le avvolge il ventre, le lascia scoperti i seni; indossa un turbante dorato; sul braccio sinistro ha un bracciale, c’è scritto, oro su sfondo blu, “Raphael Urbinas”; lo sfondo è scuro – compare solo il mirto – perché il centro di tutto è lei.

“LA FORNARINA La sposa segreta di Raffaello “, spettacolo di Giacomo Ferraù e Giulia Bellucci, con la drammaturgia di Simone Faloppa e Giulia Viana, parte da qui, e da una storia che non è storica ma che è legata della tradizione secolare del quadro: che la Fornarina sia Margherita Luti, figlia di un fornaio trasteverino (da qui il nome, appunto, “Fornarina”), e che fosse l’amante e musa del grande artista e pittore Raffaello. Uno spettacolo minimale, logocentrico ma non corpofobico, che riprende questa tradizione, la rielabora, la amplia, ma senza snaturarla.
“LA FORNARINA, La sposa segreta di Raffaello” non è uno spettacolo storico – anzi, quando non la strumentalizza, dalla storia ci si distacca senza mezzi termini, esattamente come hanno fatto Pierluigi Panza con “Un amore di Raffaello” e “Raffaello e la leggenda della Fornarina” di Acquisti; quello che ci propone è un paesaggio, una somma di tinte sapientemente date che ci restituiscono il nucleo magmatico di una storia che ancora oggi parla: l’incredibile genio di un artista immortale (a tratti immorale), l’amore shakespiriano e drammatico tra classi sociali diverse; l’essere donna, ieri e oggi.
Ci parla, e lo fa senza innovare niente – se mai ci fosse qualcosa di nuovo da dire su una storia di cinquecento anni fa – ma esattamente come “West Side Story” (Leonard Bernstein), “Romeo + Juliet” (Baz Luhrmann), “Gnomeo & Giulietta” (Lekky Asbury) per l’opera di Shakespear, il punto alle volte è: riadattare, trasmettere, trattenere.
Ammirevole la performance di Giulia Bellucci, one woman army e multiforme anima di una scena che, nella sua energia, nei suoi dialetti, tra i tanti personaggi mai cacofonici che prendono la sua voce, stupisce, ammalia, commuove – lascia un agrodolce che, mentre scrivo, mi è rimasto appeso al cuore e non lo lascia andare. “Chi l’avrebbe mai detto che anche una Fornarina si meritasse tanta bellezza?”.
Esco dall’Off Topic con la piacevole sensazione di aver visto qualcosa di bello – ancora più bello perché scelto dai Visionari, il gruppo di “spettatori non addetti ai lavori” che ha scelto questo e altri spettacoli per far parte della programmazione di FTT. – e che le cose belle non invecchiano ma: con la giusta voce hanno sempre qualcosa da dirci.
