Dopo il primo debutto nel 2024, ritorna il festival di fotografia di Torino EXPOSED, rassegna che quest’anno sceglie di esplorare “sotto la superficie“ (Beneath the Surface, questo il tema scelto per il 2025) del mondo fisico, osservando come i materiali cambiano per cogliere storie inattese che parlano di tecnologia, politica, giustizia e sostenibilità. Ecco una piccola guida per scoprire tutte le mostre e gli appuntamenti in città.
Beneath the Surface, è questo il tema scelto per il ritorno del festival di fotografia di Torino EXPOSED. Organizzato da da Fondazione per la Cultura Torino e diretto da Menno Liauw con Salvatore Vitale, porta 12 mostre completamente gratuite e artisti da tutto il mondo nel cuore della città sabauda.
Dal 16 aprile fino al 2 giugno, l’Archivio di Stato, CAMERA – Centro italiano per la Fotografia, Gallerie d’Italia, GAM (Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino), OGR, Accademia Albertina di Belle Arti e Palazzo Carignano, ospiteranno percorsi espositivi unici e appuntamenti del festival. Fino al 19 aprile (sabato) sarà inoltre possibile partecipare a visite guidate in compagnia di artisti e curatori.
Tutte le informazioni sono disponibili sul sito ufficiale di EXPOSED, dove sono presenti anche orari ed eventi speciali delle varie locations. Intanto, ecco uno sguardo sulle mostre portate in città dalla rassegna.
Not Bad Intentions. Attempts to Coexist, Sheng Wen-Lo (Archivio di Stato di Torino)

Not Bad Intentions. Attempts to Coexist di Sheng-Wen Lo esamina le complesse interazioni tra mondo umano e non umano. Attraverso tre opere – che spaziano dal video alla fotografia, dall’installazione a progetti partecipativi – l’artista stimola discussioni critiche sulla coesistenza, sfidando i valori antropocentrici e svelando quanto soluzioni realmente sostenibili possano essere piene di contraddizioni.
Tra le opere, Matter of Scale contesta l’espansione su larga scala della coltivazione delle alghe, celebrata come pratica sostenibile nei Paesi occidentali, pur avendo già provocato grosse interferenze ecologiche in Asia orientale.
Altrove, White Bear esamina la vita degli orsi polari in cattività, rinchiusi in elaborati recinti zoologici artificiali. È qui che Lo esplora l’etica dei programmi per animali in cattività, che si collocano al confine tra conservazione e intrattenimento.
Infine, Down documenta il tentativo dell’artista di creazione di un piumino “sostenibile” realizzato a mano con piume raccolte nei Paesi Bassi. Testando il prodotto nell’Artico, gli sforzi di Lo diventano uno spunto di riflessione giocoso sugli effetti della produzione di massa e la percorribilità di alternative più eco-sostenibili.
Running Fast – Senses Off, Lisa Barnard (Accademia Albertina di Belle Arti)

Running Fast-Senses Off di Lisa Barnard indaga quelle forze invisibili che modellano il nostro mondo e la nostra percezione nell’era dell’accelerazione tecnologica, caratterizzata dall’onnipresenza degli schermi.
In questo scenario di fusione paradossale tra umanità e tecnologia, che plasma la nostra stessa esistenza ed esperienza, si inserisce il progetto di Barnard, che muove da un’ampia ricerca sulla guerra dei droni, sui veicoli autonomi e sul mondo sensoriale dei pipistrelli.
Questa prima mostra antologica rappresenta l’unione di elementi tratti da tre distinti lavori, tutti realizzati in California – Whiplash Transition, Virtual Iraq, e YOLO –, che indagano sia la relazione tra piloti di droni, esercito ed effetti disumanizzanti degli schermi, sia le connessioni tra pipistrelli, ecolocalizzazione, i nostri sensi e il cambiamento climatico. Costretti a misurarci con i progressi nell’apprendimento automatico e nell’innovazione computazionale, Barnard sottolinea l’urgente necessità di interrogarsi sul ruolo della coscienza e sul peso che le nostre scelte tecnologiche avranno sul futuro dell’umanità e del pianeta tutto.
Almost Real. From Trace to Simulation (OGR)

Almost Real. From Trace to Simulation esplora la relazione tra fotografia e simulazione nell’era dei generatori di immagini AI.
L’immagine fotografica del nuovo millennio si converte da traccia del reale a mera simulazione operata dai nuovi strumenti tecnologici, le cui immagini sembrano “farsi da sé”.
La mostra intende problematizzare proprio questo passaggio attraverso le opere di tre artist* dalle pratiche estremamente eterogenee.
Alan Butler con la serie Virtual Botany Cyanotypes crea un catalogo di una vegetazione immaginaria proveniente dal mondo dei videogiochi che fonde informazioni digitali con materiale fisico attraverso il mezzo della fotografia con cianotipia.
I “tecno-reperti” di Nora Al-Badri, realizzati a partire da manufatti mesopotamici, neo-sumerici e assiri provenienti dagli archivi fotografici di alcune istituzioni museali, offrono prospettive critiche e storiche sul rapporto tra patrimonio culturale e pensiero coloniale, per ricostruire una nuova memoria collettiva e contestare le narrazioni museologiche esistenti.
L’opera Empty Rider (2024) di Lawrence Lek presenta un’auto a guida autonoma sotto processo per il tentato omicidio del suo stesso creatore. Questo racconto fantascientifico creato in computer grafica esplora l’identità, l’agency e le emozioni nell’era dell’intelligenza artificiale, offrendo un’importante occasione di riflessione sui limiti e sul potenziale di un’etica costruita da sistemi non umani.
Once Upon a Time in the Jungle, River Claure (GAM — Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea)

Once Upon a Time in the Jungle di River Claure ci immerge nel “Far West amazzonico” e nelle sue narrazioni nascoste per svelare le dinamiche di potere e di dominio che caratterizzano il territorio dell’Amazzonia ecuadoriana.
Una combinazione magistrale di immagini fisse e in movimento cattura la violenza latente che permea il paesaggio amazzonico, segnato dal peso dell’eredità coloniale, dalla devastante estrazione di risorse naturali e dall’imposizione di ideologie straniere.
Dopo aver percorso in canoa oltre 377 km nel sud dell’Ecuador e nel nord del Perù, dove giovani rapper, soldati, leader di comunità locali, anziani, famiglie e bambini giocano e si esibiscono nelle vesti di cowboy come protagonisti della loro stessa storia, Claure riesce a sfidare gli stereotipi che hanno definito finora la rappresentazione fotografica dell’Amazzonia.
La mostra, realizzata grazie al contributo di EXPOSED Grant for Contemporary Photography, permette di esplorare nuovi registri immaginari e speculativi, dove le promesse del mondo occidentale si scontrano con le sue minacce, e particolari rituali – coniati dall’artista stesso – fungono da strategie di resistenza contro l’egemonia del capitalismo.
To Be In and Out of the World (Archivio di Stato di Torino)

Rifiutando le binarizzazioni oppositive di “casa” e “lontano”, To Be In and Out of the World illustra una politica visiva della spoliazione “post”-coloniale attraverso una triangolazione tra Hong Kong/Cina, Palestina/Israele e Sudafrica, attraverso le opere di Tiffany Sia, Ahlam Shibli e Nolan Oswald Dennis, rispettivamente.
La mostra è concettualmente articolata attraverso la “coscienza nera dello spazio” diagrammatica di Dennis: una spazializzazione immaginativa della politica statale, della memoria e della metafisica del territorio. Il contrasto di Shibli tra l’instabilità dell’esistenza dentro e fuori il riconoscimento statale pone il lavoratore ospite condizionatamente e burocraticamente leggibile in Germania contro il palestinese socialmente deceduto nella Cisgiordania occupata. La sfida di Sia alle insistenze visive della leggibilità coinvolge la precarietà dell’affidabilità della propria narrazione e/contro l’onnipotenza della storicità statale — la sua geopoetica del “non luogo” si realizza attraverso lo sguardo di un bambino.
RE:Birth, Valeria Cherchi (Accademia Albertina di Belle Arti)

RE:Birth di Valeria Cherchi affronta il tema della violenza ostetrica e ginecologica e il trauma che ne scaturisce, nella sua dimensione individuale, sociale e politica.
Il progetto affonda le radici in una storia personale: la morte della sorella omonima, a soli sei mesi, a causa di un caso non denunciato di violenza ostetrica. Questo evento diventa il punto di partenza per un’indagine sul fenomeno, attraverso la raccolta di testimonianze biografiche di donne e doule. Tra i temi affrontati emerge anche il trauma transgenerazionale e l’impatto della perdita perinatale sui padri, rappresentato attraverso visioni subacquee, che evocano l’isolamento che spesso accompagna esperienze simili.
Collegando la sua ricerca fotografica a materiali d’archivio e narrazioni ufficiali, Cherchi crea cronache multivocali che invitano ad una riflessione critica sugli eventi raccontati, portando alla luce dinamiche di potere legate a forme sistematiche di negligenza e oppressione. La sua opera propone spazi di resilienza, traendo forza dalla solidarietà e supporto tra pari.
RE:Birth fa parte del progetto di ricerca di Valeria Cherchi sostenuto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito dell’Avviso Pubblico Strategia Fotografia 2024.
Disintegrata, Silvia Rosi (Accademia Albertina di Belle Arti)

Disintegrata di Silvia Rosi indaga il legame tra fotografia, memoria e diaspora, per raccontare una storia di mobilità familiare.
Attraverso il medium dell’autoritratto, Rosi trasforma storie personali in narrazioni collettive, esplorando la relazione tra dimensione privata e pubblica della fotografia.
Nata a Scandiano da genitori togolesi, l’artista ricostruisce scene ispirate dall’album di famiglia, attraverso la messa in scena di autoritratti in cui posa come sua madre.
Nell’evocare la tradizione della fotografia in studio dell’Africa occidentale, che richiama artisti come Malick Sidibé, Felicia Abban e James Barnor, Rosi esplora i concetti di sradicamento e rappresentazione, transito e appartenenza. Rosi performa un passato mai vissuto, ma che fa parte della sua eredità, invitando a ripensare gli archivi personali non solo come memorie del passato, ma anche del futuro.
Climate Tribunal, Paolo Cirio (Palazzo Carignano)

Climate Tribunal di Paolo Cirio tratta il tema della giustizia climatica da una prospettiva economica e legale. Al centro vi sono i ghiacciai, ecosistemi estremamente fragili, delicati e critici per le specie viventi e gli esseri umani, che soffrono per via dell’operato delle multinazionali produttrici di combustibili fossili.
L’installazione si compone di tre opere distinte: l’opera scultorea Alps Glaciers Memorial funge da memoriale per ricordare i ghiacciai che si stanno sciogliendo per via del riscaldamento climatico riportandone le migliaia di nomi; Climate Ecosystems Plaintiffs mostra le fotografie di ghiacciai sparsi in tutto il mondo su un tessuto semi-trasparente; e infine, Climate Culpable espone bandiere con i loghi di alcune aziende responsabili per oltre il 50% delle emissioni globali, annerite da Cirio con olio di motore per esortare il pubblico a riflettere sui principi che queste compagnie hanno adottato e chiedere che vengano giudicate colpevoli per i danni causati.
Décalquer, Georges Senga (Accademia Albertina di Belle Arti)

Décalquer di Georges Senga narra una storia di estrattivismo minerario neocoloniale e le vicende umane che ha generato nel Katanga, la ricca provincia mineraria della Repubblica Democratica del Congo.
Tra il 1968 e il 1982 i lavoratori giapponesi della Nippon Mining Company in Giappone furono ingaggiati dal governo dello Zaire (l’attuale Congo) e trasferiti a vivere e lavorare nella regione di Lamba, nel Katanga, presso la compagnia mineraria SOMIDICO.
Nel 1983 i lavoratori giapponesi se ne andarono bruscamente quando il presidente congolese Mobutu interruppe il contratto con la NMC. Dopo oltre un decennio di permanenza in Congo, gli operai abbandonarono i loro figli. Questi bambini sono i protagonisti delle bellissime fotografie di Georges Senga.
Attingendo all’estetica del classico ritratto africano in studio (che ricorda i fotografi di Bamako e Dakar Malik Sidibé o Seydou Keita), l’artista dà forma a dieci anni di ricerca sul campo, rende visibile una comunità dimenticata di cittadini congolesi e le complessità delle identità globali moderne, svelando l’esistenza stessa di questa comunità giapponese-Lamba.
Omaha Sketchbook, Gregory Halpern (Accademia Albertina di Belle Arti)

Omaha Sketchbook di Gregory Halpern esplora la psiche americana attraverso vivide scene di vita quotidiana di ragazzi e uomini nell’entroterra degli Stati Uniti.
Attraverso ritratti, scatti di gruppo, nature morte e paesaggi, descrive le contraddizioni, le ansie e i piaceri della vita quotidiana, rivelando emozioni complesse in momenti apparentemente ordinari. L’agency dello spettatore è al centro della pratica artistica di Halpern: il pubblico viene esortato a confrontarsi attivamente con l’opera, a proiettare su di essa le proprie interpretazioni e preoccupazioni.
Questa mostra, piuttosto che limitarsi a “documentare”, si propone di celebrare il potere dell’osservazione, mettendo in discussione le narrazioni che modellano la nostra comprensione della mascolinità, delle dinamiche di potere alla base delle nostre interazioni e delle complessità intrinseche alla condizione umana.
Cultus Langarum, Olga Cafiero (CAMERA Centro Italiano per la Fotografia)

Cultus Langarum di Olga Cafiero esplora la storia e la cultura enologica delle Langhe del Barolo, indagando la tensione essenziale tra tradizione e innovazione, mondo del lavoro e sostenibilità ambientale.
Attraverso l’esperienza diretta dei luoghi e il riuso di documenti e materiali di archivio, Cafiero si sofferma sui processi di vinificazione codificati nell’Ottocento, ancora oggi in uso, per avviare una riflessione sugli elementi che caratterizzano il paesaggio odierno dal punto di vista morfologico e culturale, l’uso del territorio e la sua identità.
Le fotografie dei macchinari, degli attrezzi, delle anfore e delle differenti composizioni del terreno sono prese da archivi di scuole e musei pubblici e riproposte in modo neutrale, senza interventi dell’autrice, per collocarli in una dimensione senza tempo.
La rappresentazione del paesaggio odierno è invece sviluppata “in negativo”, così da tendere all’astrazione, enfatizzando le forme e le geometrie secondo le quali questo è organizzato e vissuto.
Carrie Mae Weems: The Heart of the Matter, Carrie Mae Weems (Gallerie d’Italia – Torino)

Intesa Sanpaolo apre al pubblico alle Gallerie d’Italia – Torino Carrie Mae Weems. The Heart of the Matter (fino al 7 settembre 2025) una nuova grande mostra dedicata all’artista americana di fama internazionale Carrie Mae Weems, nota per le sue indagini fotografiche sui temi dell’identità culturale, del sessismo e dell’appartenenza di classe.
In anteprima assoluta Preach, un progetto commissionato da Intesa Sanpaolo che ripercorre la religione e la spiritualità per gli afrodiscendenti americani attraverso le generazioni, realizzato per questa incisiva retrospettiva costituita da un centinaio di opere tratte dalle serie fotografiche più famose che sottolineano il valore unico di Carrie Mae Weems nell’affrontare le complessità e le ingiustizie del mondo che ci circonda, radicando la sua fotografia in luoghi spesso esclusi dalle narrazioni.
La mostra è realizzata con il patrocinio della Regione Piemonte e della città di Torino, in collaborazione con Aperture, con il supporto di Fondazione Compagnia di San Paolo e curata da Sarah Meister.
