La chimica perfetta di un concerto che è già culto: Yung Lean al Poplar

A distanza di un paio di mesi dalla sua apertura al live esplosivo di Travis Scott a Milano, Yung Lean torna in Italia per esibirsi in un contesto meno faraonico rispetto al Circus Maximus Stadium Tour, ma non per questo meno memorabile. Ripercorriamo gli highlight del Poplar Festival di Trento, a partire da uno dei nomi internazionali più attesi dell’estate. Articolo a cura di Giacomo Jack Scarcella. 


L’autunno è arrivato a gamba tesa quest’anno, ma il freddo e la pioggia non hanno spento l’entusiasmo degli avventori del Poplar Festival di Trento che già dal pomeriggio hanno affrontato la salita del parco del Doss per la prima imperdibile giornata. Sono le 23 passate quando finalmente si spengono le luci, ma passeranno diversi minuti di urla e richiami da parte del pubblico prima che Jonatan Leandoer salga sul palco e il concerto inizi davvero.

Il primo impatto è fortissimo: i bassi profondissimi scuotono le casse toraciche e il pubblico si rimescola saltante e urlante mentre il rapper brandendo un microfono alato saltella per il palco intonando la famosa Ginseng Strip 2002 sopra ad una base completamente diversa dalla solita versione in studio. Prima di tornare ai classici del suo repertorio si concede qualche cover trai le quali spicca senza dubbio il remix di 360 di Charlie XCX come degna celebrazione della bratsummer appena conclusasi.

Il live procede energico e potente in modo quasi paradossale: la location è intima, ma l’aria è quella di un grande evento in uno stadio.

Con il pubblico la chimica è totale e nessuno sembra perdere una singola parola della scaletta, tanto che in certi momenti il coro sovrasta il volume (bello alto) dell’impianto. I bassi penetrano fino alle ossa insieme all’umidità e anche chi non poga si agita comunque sul posto per scrollarsi di dosso il freddo di questo settembre che sa più di ottobre.

Con Agony arriva il momento di fermarsi, anche Yung Lean è sceso alla transenna per cantarla più vicino al suo pubblico: il microfono ora ha un’ala spezzata (si è rotta chissà quando circa a metà scaletta), le luci dei telefoni lo illuminano dal basso e il piano della base è completamente inesistente sotto al pubblico che urla insieme “Isolation caved in I adore you The sound of your skin”.

Qui una versione meravigliosamente assurda di Agony in un contesto super intimo 

Mentre suonano le ultime note di Yellowman e il concerto si conclude mi sposto da parte per guardare la situazione più nel complesso e la sensazione è quella del grande evento generazionale, di quei concerti istant cult che sicuramente sarà un cavallo di battaglia nei racconti dei concerti più memorabili.