Una situazione desolante e un atteggiamento troppo “provinciale”? Qualche perplessità in merito alle pochissime proiezioni “sub ita” in cartellone in città… Articolo a cura di Davide Mela.
Prima di iniziare a scrivere queste righe, ho fatto una veloce ricerca online sulla programmazione in sala in questi giorni (siamo a fine giugno 2023) nella città di Torino. Ogni volta che cerco informazioni sugli orari e la programmazione dei cinema torinesi, la prima casella che spunto è “film in lingua originale”. I motivi sono tantissimi e non c’entrano particolarmente con l’argomento di questo articolo, ma – da spettatore che ama molto l’esperienza di andare al cinema e vedere un film in sala – credo di avere diritto di proseguire nella mia abitudine di evitare il doppiaggio italiano come se fosse un pezzo reggaeton in spiaggia quando vuoi solo dormire.
È una mia preferenza personale, e so di non essere esattamente da solo in questa battaglia: anche grazie all’avvento delle platform e alla possibilità di selezione della lingua quando si inizia un film su Netflix, Prime o qualsiasi altro posto, la tendenza a consumare contenuti in lingua originale è in aumento esponenziale persino nel nostro Paese così legato alla tradizione del doppiaggio, e sicuramente merita uno spazio di analisi e considerazione quando si tratta di pensare una programmazione nei circuiti di sale cinematografiche della propria città.
Ma torniamo al punto di partenza: la mia ricerca sulla programmazione in sala a Torino – con un occhio di riguardo rivolto ai film in lingua originale.
Nel momento in cui scrivo l’elenco recita:
Cinema Centrale: Houria – La voce della libertà. Due proiezioni, immagino il pienone generato da un film d’essai francese dell’anno scorso, uscito puntualmente in piena estate 2023.
UCI Cinemas Lingotto: Elemental. Una proiezione alle 17:40. Probabilmente rivolta a chiunque non avesse piacere di ascoltare l’impareggiabile doppiaggio di Stefano De Martino in un film della Pixar.
Cinema Nazionale: After Work, due proiezioni. Documentario dell’italo-svedese Erik Gandini (quello di Videocracy del 2009, vera perla del trash d’autore con un memorabile nudo integrale di Fabrizio Corona). Secondo IMDB, i dati di boxoffice parlano di circa 35.000 € incassati in tutto il mondo. In pratica, un film che non vediamo l’ora di andare a vedere in sala.
Cortile della Cavallerizza Reale, rassegna “Effetto Notte” organizzata dal Museo del Cinema: questa settimana propone “Ultimo tango a Parigi”, giusto per restare attuali e sulla cresta dell’onda. Maria Schneider ha appena finito di denunciare le molestie subite da parte di Marlon Brando, forse con la complicità di Bertolucci. Al di là di questo dettaglio, è il classico film di richiamo per un pubblico di giovani cinefili. O no?
D’altra parte, il Cinema Massimo – che comunque ha tenuto tre mesi “Occhiali Neri” di Argento e Diabolik dei Manetti Bros in palinsesto – chiude da giugno a settembre.
Completano il quadro la programmazione del Greenwich Village (Dio lo protegga, uno dei pochi esercenti che fa scelte almeno comprensibili), che propone in lingua originale tre pellicole “festivaliere” e relativamente recenti come Prigione 77, La Cospirazione del Cairo e As Bestas) e i Fratelli Marx, che in un inspiegabile afflato di nostalgia propone Tacchi a Spillo di Almodovar, anno di uscita 1991. Sono sicuro che la gente preferirà correre in sala che cercarlo su MUBI.
Ora, io capisco l’importanza delle rassegne monografiche e delle proiezioni “tematiche”, che guardano al passato e propongono grandi classici in occasioni specifiche. Capisco che il Massimo sia chiuso e la migliore idea che possa venire in mente al Museo del Cinema sia proporre Bertolucci (ma non temete, mi sembra che la prossima settimana sia il momento di Truffeaut).
Capisco un po’ meno il perché non si possa pensare di inserire in programmazione almeno in una o due sale una proiezione in lingua originale di – che ne so – Spider-Man: Across the Spiderverse, sequel di un film d’animazione premio Oscar, campione di incassi del 2023 e universalmente celebrato dalla critica internazionale come “film del momento”. Capisco ancora meno la strategia con la quale verranno affrontate da parte degli esercenti torinesi le imminenti uscite di attesissimi “film-evento” come Barbie di Greta Gerwig, Oppenheimer di Christopher Nolan e l’ultimo capitolo della saga di Mission: Impossible. Dite che almeno uno di questi ce la faremo a vederlo in lingua originale?
In generale, mi deprime il crescente “provincialismo” che avverto attorno alle scelte distributive legate alle uscite cinematografiche nella mia città. Trovo sconcertante che un capoluogo di regione con circa 800.000 abitanti non sia in grado di garantire un servizio che oggi, quasi ovunque nel resto del mondo, viene ritenuto indispensabile e persino economicamente vantaggioso quando si parla di andare a vedere un film in sala: la lingua originale. Andare al cinema oggi è sempre di più un “evento”, un’occasione di socialità e aggregazione che si è trasformata dal semplice esercizio del “guardare un film”. Andare al cinema è un’attività che va prima di tutto promossa, contestualizzata e motivata, perché senza questi presupposti perderà sempre e comunque la battaglia contro le proposte offerte dal VOD e dalle piattaforme.
Uno dei modi migliori per distinguersi in positivo, generare un richiamo, un’attrattiva e un valore concreto nell’esperienza della sala cinematografica risiede proprio nel suo diventare “evento”,
nel rappresentare un’anteprima, un’esclusiva. E, in questo senso, l’opzione di offrire una visione in lingua originale è un tassello fondamentale del servizio che ogni esercente dovrebbe offrire, perché rappresenta una “chiave di motivazione” non solo per pochi spettatori snob da film d’essai della domenica pomeriggio, ma per un bacino di utenti in costante crescita.
Ad esempio, gli italiani più giovani, più anglofoni, più esigenti nei confronti del rispetto della visione di un autore o di un’autrice di cui si sta andando a vedere l’opera; ma non solo. Una proposta più sensata di programmazione di film in lingua originale è un richiamo per turisti stranieri (visto che Torino d’estate si svuota, magari potremmo provare a riempire qualche poltroncina con loro?) o per torinesi non madrelingua, che magari avrebbero piacere di un’occasione di socialità alternativa al cineforum della Cavallerizza Reale.
Come ho scritto qualche riga sopra, mi deprime un po’ pensare al rapporto tra la città di Torino e i film al cinema in lingua originale. Mi rende triste perché sono due cose che amo, la città di Torino e i film in lingua originale, e sarebbe bello se questo rapporto prima o poi sbocciasse come sta progressivamente succedendo in altre città italiane, anche in città molto meno “vivibili” e a misura d’uomo. Chissà che un giorno potremo imparare da loro, dando spazio ad un sottotitolo in più e ad un doppiatore in meno.
Davide Mela