Novità, riscoperte, rarità. La breve selezione letteraria – fatta pensando proprio al concetto di “outsiders” – privilegia le realtà maggiormente propense a stuzzicare l’interesse di un lettore onnivoro e curioso, magari desideroso di avventurarsi in qualche azzardo letterario… A cura di Alessio Moitre.
Due considerazioni, tanto per poter progredire senza strappi. Bisogna sunteggiare gli anni appena trascorsi come un riassetto di pensieri. Se non lo si facesse o lo si prendesse come un evenienza storica si finirebbe per passarci a volo, perdendosi ogni possibilità di comprensione. Ecco perché, ogni tanto, e in qualche mese opportuno, due riconsiderazioni non sono poi un male. Facciamoci il piacere di ridare le carte al nostro presente, tralasciando forse che non sempre sia stato onesto.
Francesco Filippi, “Noi però gli abbiamo fatto le strade”, Bollati Boringhieri
Vecchia, vecchia ma vecchia questione proprio non è. Lo stereotipo invece è pervicace, tanto da non esser nemmeno infastidito dalle documentate fonti. Torniamo al nostro passato e facciamoci il favore di non dovergli fare sconti. Perché eravamo diversi perché eravamo italiani o più che altro perché una certa, nostra immagine, ha deviato nel mito. Il testo dello storico Filippi riprende un mal di pancia che dovremmo analizzare ancora e ancora, perché a quanto pare non se ne è capita l’origine. Proprio come quei fastidi psicologici che hanno sempre un origine materiale.
Jill Abramson, “Mercanti di verità. Il business delle notizie e la grande guerra dell’informazione”, Sellerio
La Abramson è innanzitutto la prima direttrice esecutiva del New York Times. È questo è un dato già da tenere in conto se si vuole analizzare il cambiamento nel mondo dell’informazione. Di seguito il libro che è un aiuto al pubblico per applicarsi convintamente al cambiamento che i media stanno subendo, non sempre esenti da colpe e portando noi tutti all’inevitabile conclusione con la possibile scomparsa della carta stampata. Succederà? Se ne parla da molto ma per ora siamo ancora all’edicola a cercare il quotidiano.
Michele Masneri, “Stile Alberto”, Quodlibet
L’omaggio ad Arbasino è giunto. Alla sua scrittura invero, ricca, variegata, snobbina ma perché è inevitabile, amorevole per i suoi ammiratori. La tecnica del nostro è stata una delle migliori del novecento ed è continuata come una delle vette della letteratura italiana. Tra passaggi di anni,di personaggi, d’incontri, di lavori e di libri, si costruisce l’impalcatura scrittoria di un grande maestro. Per gli amanti è un saggio salutare.
Mario Avagliano, Marco Palmieri, “Paisà, Sciuscià e signorine”, Il Mulino
Penso, che noi, nordisti, di quel periodo: luglio 1943 – maggio 1945, al Sud, ne sappiamo nulla ma riteniamo che sia stato lo stesso che toccò alla generazione settentrionale. Di sicuro sbagliamo ed anche della grossa, tanto da essere ribattezzato da vari studiosi: “l’altro dopoguerra”. Andarci incontro, scoprendo speranze, violenze, atti e fatti, è un modo per ricongiungersi con una storia differente, amarognola nelle sue speranze ma tanto vitale da venire più volte ripresa ed aggiornata.
David Levi Strauss, “Perché crediamo alle immagini fotografiche”, Johan&Levi editore
Domanda, che anche se in forma diversa, mi sono posto spesso anche io. Ignoravo però che un mostro sacro come Strauss l’avesse affrontata, da modo suo per noi tutti. La verità alla prova del medium fotografico che lo riprende, lo adopera, lo interpreta anche se noi riteniamo lo scatto un’essenza di confessione. Il perché dare credito ancora alle immagini, è una tematica che non può non essere odierna, soprattutto alla luce della falsificazione a cui spesso corriamo a braccia spalancate.