Michele Riondino nei panni del personaggio Woland non è altro che il Diavolo in persona: tra comicità e atmosfere oniriche, in un’alternanza di truce e grottesco, viene messa in scena la riscrittura ad opera di Letizia Russo del celebre romanzo “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov sotto la regia di Andrea Baracco.
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_di Anna Maria Schirano
“Che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l’ombra della mia spada, ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi, non vorrai sbucciare tutto il globo terrestre gettando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere della tua fantasia della nuda luce? Sei uno sciocco.”
È questo che Woland, interpretato da Michele Riondino, dice a Levi Matteo. Woland, ne “Il maestro e Margherita” di Bulgakov, messo in scena sotto la regia di Andrea Baracco, rappresenta il Diavolo, sotto le mentite spoglie di un esperto di magia nera, e semina scompiglio insieme ad una bizzarra cricca di aiutanti. Il suo personaggio non è altro che l’emblema del male, in lotta perpetua con il bene, e soprattutto rappresenta il lato oscuro di ognuno di noi e con il quale ogni uomo, senza eccezione alcuna, deve fare i conti. E’ proprio per questa ragione che Woland è eterno: lui infatti esiste da quando Ponzio Pilato era procuratore della Giudea ed esisterà ancora quando tutti gli uomini che ha incontrato nella sua esistenza saranno passati a miglior vita.
In quest’opera di Bulgakov, estremamente ricca e labirintica, capace di disorientare lo spettatore fino a farlo perdere in essa, il Maestro è l’emblema della Letteratura, quella letteratura intrisa nelle pagine di quel manoscritto a cui era stato dato fuoco prima e poi restituito dal demonio stesso all’autore. È proprio il Maestro che scrive lo sventurato romanzo su Pilato. E l’interesse di Woland è rivolto in particolare al Maestro, rinchiuso in una clinica psichiatrica dopo i frequenti rifiuti ricevuti dai critici letterari e alla sua amante, Margherita, innamorati perdutamente quanto incapaci, per le circostanze avverse del loro incontro, di trovare pace e serenità.
Fulcro della storia è proprio l’Amore tra il Maestro e Margherita, un amore appassionato e vissuto in maniera estremamente intensa tra le mura di uno scantinato: i due condividono non solo un sentimento l’uno per l’altra, ma anche per la Poesia, la Letteratura, la Storia. Al teatro Mercadante di Napoli lo spettacolo di Baracco, in scena dal 10 al 15 Dicembre, è senza dubbio piaciuto agli spettatori, attori impeccabili, costumi originali, luci adeguate allo stile della rappresentazione, scarne ma atte a far risaltare lo scenario cupo, fatto di pareti di lavagna nera, graffiata in maniera apparentemente casuale, ma su cui con un po’ di attenzione è possibile notare elementi correlati con la rappresentazione: numeri, parole, frasi, simboli.
La scenografia è inoltre caratterizzata dalla presenza di porte che continuamente si aprono e si chiudono e da cui entrano ed escono i personaggi, alternandosi sul palcoscenico; sono l’emblema della molteplicità, di temi e simboli del romanzo e di strade, immagine icona delle continue scelte di fronte alle quali ciascun uomo viene messo quotidianamente nella vita. Una porta si chiude, ma tante altre se ne aprono, in un febbrile passaggio da ambientazioni storiche come quella della Giudea di Ponzio Pilato, allo scantinato del Maestro e di Margherita, alla Mosca degli anni 30. La riscrittura di Letizia Russo rappresenta senz’altro un adattamento ben montato e sostenuto da una giusta coerenza drammaturgica, sebbene alcune delle infinite ramificazioni della trama siano state trascurate in funzione di una migliore resa teatrale. Coinvolgente e drammatica la scena del volo di Margherita sopra Mosca, trasformata in una strega invisibile da una crema magica datale da Woland e durante il quale distrugge la casa del critico letterario che annientò il suo Maestro. Margherita, disperata, comunica a Woland che è disposta a fare tutto ciò che lui vorrà pur di rivedere l’innamorato perduto.
“Niente mi fa più paura perché niente mi dà più gioia” – dice Margherita. Durante la serata di gala organizzata dal diavolo Woland, durante la quale risuonano le musiche di Giacomo Mezzani, Margherita accetta così di esserne la regina.