[INTERVISTA] Disegnare dal balcone di Kalina Muhova

La conosciamo per il collettivo Brace ma soprattutto per la sua nuovissima pubblicazione con Tunué, Il balcone, albo silenzioso e delicatissimo sul senso d’appartenenza, sulla famiglia e sulle proprie radici: l’autrice Kalina Muhova ha risposto ad alcune curiosità che avevamo sul suo passato, sulle sue esperienze e sul futuro brillante di chi, come lei, è pieno di voglia di fare.

_ di Lorenza Carannante

 

Innanzitutto una domanda generale ma di fondamentale importanza: come e dove si forma Kalina Muhova? 

Sono nata a Sofia, la capitale della Bulgaria ed è lì che ho trascorso i miei primi vent’anni su questa terra e ho imparato a disegnare. Ho frequentato il liceo artistico, indirizzo pittura. Subito dopo aver preso il diploma mi sono trasferita a Milano dove ho imparato l’italiano e poi a Bologna dove ho studiato Illustrazione e fumetto presso l’Accademia di Belle Arti. Ho trascorso un annetto ad Amburgo, facendo l’Erasmus. Adesso sono tornata a Bologna e mi sono laureata nel biennio di Illustrazione per l’Editoria.

Sappiamo che sei tra le fondatrici del collettivo di autoproduzione Brace, ce ne parli? E inoltre, credi che l’autoproduzione, oggi, possa incrementare in qualche modo l’interesse dei più curiosi nei confronti del fumetto (indipendente e non)?

Brace è un collettivo di cinque persone, cinque amici a dir la verità, con cui ho avuto la fortuna di vivere i miei primi anni a Bologna. Appassionati di fumetti come erano, sono riusciti a condizionarmi e se faccio quello che faccio adesso è un po’ per colpa loro. Si parlava sempre di fumetti, eravamo circondati di collettivi, avevamo voglia di fare e alla fine ci è sembrato più che naturale metterci alla prova anche noi. L’autoproduzione, per quanto riguarda me, è una cosa bellissima, perché hai il controllo totale su tutto, dalla carta al font, dai disegni ai testi. Non può che nascere una cosa personale e a volte molto interessante.

Con Tunué sei già autrice di Sofia dell’Oceano, scritto da Marco Nucci e pubblicato nel 2018. Quest’anno invece pubblichi Il balcone, un silent che ha come cornice una lirica molto evocativa di Atanas Dalchev, poeta bulgaro. Ci parli della nascita della tua ultima opera e, più in generale, del tuo approdo all’editoria? 

Il balcone è nato dall’esigenza di raccontare una storia che non è mai stata raccontata in un modo che fino adesso non si è mai visto. Almeno per il mercato bulgaro, dove i libri senza parole non si trovano, figuriamoci uno in bianco e nero, per adulti, basato su una poesia. Ero molto felice quando me l’ha commissionato Zornitsa Hristova, l’editor e la sceneggiatrice di questo libro, perché ci vuole del coraggio per fare una cosa del genere nel mio paese. Ma poi ero felice anche perché ho sentito molta risonanza con la poetica di Atanas Dalchev e mi entusiasmava l’idea di raccontarlo solo attraverso le figure.

Per quanto riguarda Sofia dell’Oceano, l’entusiasmo si è creato attraverso la graduale crescita e l’arricciamento della storia. Io e Marco lavoravamo fianco a fianco per quasi un anno e eravamo completamente immersi. Non si parlava di nient’altro, era la nostra quotidianità. Da questa immersione abbiamo tirato fuori Sofia e la sua storia. Spero ne sia valsa la pena.

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Tornando a Il balcone, interessante la scelta di una poesia bulgara come punto di partenza dell’intera narrazione. Ce ne parli? 

Il balcone è una poesia di cui mi sono innamorata subito dopo che me l’ha proposta Zornitsa. Ho sentito una certa affinità tra le parole di Dalchev e il mio modo di disegnare. Lui ha affrontato tematiche legate al realismo senza paura di includere le parti sgradevoli. Mi ha colpito l’atmosfera cupa e quasi soprannaturale che avvolge tutte le sue poesie, pur raccontando vicende apparentemente banali che appartengono alla quotidianità. Visto l’interesse che provavo per queste tematiche, mi è sembrato giusto approfondirle e sono contenta di averlo fatto perché disegnare Il balcone è stata un’esperienza molto stimolante.

Interessante anche la scelta di utilizzare uno stile così scarno eppure così pieno. Le tavole, realizzate interamente a grafite, sembrano parlarci. 

In effetti, la forza narrativa di Il balcone sta nella non trama, nel perdersi dentro le immagini a pagina piena. Con la densità del disegno, ho cercato a dare sapore a quell’atmosfera cupa e oppressiva che circonda la famiglia che vive dietro le mura del balcone. Questa oscurità viene spezzata da un gesto di ribellione che la piccola protagonista dell’albo compie. Mi piaceva l’idea di giocare con il contrasto tra buio e luce, e quale modo migliore di farlo che usare il bianco e nero? Lavorare a matita per me era fondamentale, perché sento di potermi esprimere a pieno solo attraverso questo strumento.

Per concludere, quando potremo rileggerti? Stai lavorando a qualcosa attualmente? 

Attualmente sto lavorando a un fumetto per bambini, questa volta scritto e disegnato da me. Se tutto va bene, dovrebbe uscire nell’autunno di quest’anno.

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