[INTERVISTA] Il lo-fi come ragione di vita, almeno per Jesse The Faccio

Quando abbiamo ascoltato le prime di Jesse The Faccio su Youtube e su Spotify non credevamo che l’artista potesse essere italiano. Troppo scanzonato, troppo “leggero e immediato” e troppo, intimamente, lo-fi per far parte del Belpaese. E invece… Vedere per credere: all’ultimo MI AMI si è guadagnato un ottimo feedback tra pubblico e critica. E allora, subito dopo questa sua prima, importantissima, performance dal vivo, lo abbiamo raggiunto per saperne di più.


_ di Mattia Nesto

I tuoi precedenti singoli hanno totalizzato oltre centomila ascolti: adesso sei da poco uscito con un nuovo pezzo, “Santa Sofia”. Hai, in qualche misura, avvertito una certa pressione visto che il tuo è stato, a conti fatti, uno degli esordi più importanti e chiacchierati dell’anno?

Sono contento pensiate il mio lavoro sia uno degli esordi più importanti dell’anno veramente. Io non me ne sono propriamente accorto, le cose sono partite e poi sempre cresciute gradualmente, ci siamo battuti e continuiamo a farlo tantissimo; ogni soddisfazione che arriva la prendiamo con gioia ne festeggiamo, poi pensiamo subito a continuare a lavorare e far di più. Pressione addosso in verità proprio quasi zero, sono davvero felice di tutto ciò.

 

Leggendo in rete articoli e recensioni su di te torna spesso la frase “sonorità lo-fi”. Ma davvero ti piacciono così tanto o, meglio, è stata una precisa scelta stilistica la tua oppure ti sei ritrovato “a suonare” così perché non potevi fare a meno?

Direi entrambe le cose, sono innamoratissimo di quel tipo di sonorità e la scelta di abbracciarle al 100% è chiaramente voluta e pensata, anche per il solito motivo di cercare di portare quel tipo di sonorità in una forma più di canzone italiana. In più è pure una necessità in quanto i pezzi son venuti fuori così, son molto spontaneo nello scrivere/arrangiare quindi non avrei potuto fare altrimenti.

 

Mac Demarco e Elliot Smith sono due “numi tutelari” che sbucano spesso fuori dalle tue interviste: ma oltre a loro a quali ascolti più frequentemente ti “abbeveri” per ispirarti e per piacere personale?

Ascolto veramente ma veramente  tanta musica quotidianamente e cerco di spaziare un po’ in ogni dove. I gruppi oltre a quelli da voi citati dove cerco di attingere di più per i miei lavori sono sicuramente Beach Fossils, Alex G, Parquet Courts. La mia scoperta più interessante dell’ultimo anno sicuramente Andy Shauf, il gruppo che ascolto di più in questo periodo sono i Men I Trust.

 

Ci sono anche degli ascolti italiani che ti hanno particolarmente colpito nell’ultimo periodo?

Particolarmente da dire “wow nuovo gruppo preferito della vita!” No, sono un grandissimo fan dei due re del mondo Calcutta e Giorgio Poi, e poi apprezzo molto i miei amici e compagni di sonorità Bartolini e Franek Windy.

 

Questa foto sulla tua pagina Instagram ci è risultata particolarmente cara perché ci pare racconti molto di te: siamo innanzi tutto a Padova, che in fondo è casa tua, hai uno spritz in mano (o forse un altro tipo di cocktail che non abbiamo individuato) e con il tuo caratteristico sguardo. Insomma ci dici come è andata con quello scatto, siamo curiosi!

Si sì è uno spritz Campari/Cynar! Niente è una storia molto semplice; il giorno dopo quello scatto a mezzanotte sarebbe uscita “Santa Sofia” appunto, però io avrei passato la giornata a Milano dal mattino per un’ intervista e poi il concerto dei Foals e non avrei potuto avere del materiale social per il mitico post di mezzanotte, quindi semplicemente ero a bere e ho detto “cazzo andiamo a far na foto davanti a Santa Sofia così mi risolvo il post!” E niente una decina di scatti e il giorno dopo questa era la foto che mi piaceva di più.

Invece di questa foto penso ti abbiano chiestomaggiori info già in tanti: ti va di svelarci il suo “dietro le quinte”?

Quella foto è di dicembre 2014 ero andato con amici a vedere L’officina della Camomilla al Vinile di Bassano, in apertura c’era Brace, che conoscevo di nome perché anche lui in roster Garrincha e in apertura a lui chitarra e voce c’era Calcutta, che non avevo mai sentito nominare, dalla prima nota mi ha aperto il cuore e ho pensato cazzo sto tizio spacca, saremo stati in 10 a guardarlo. Finiti i concerti sono andato a complimentarmi ecc solite cose vai al banchetto parli un po’ ed è venuto fuori questo bellissimo scatto.

 

A proposito del tuo disco “I soldi per New York” hai dichiarato: “Alla fine lo abbiamo finito assieme ai ragazzi della band e lo abbiamo mandato in giro senza troppe pretese né aspettative troppo grandi e da lì ne è nato un interesse che non ci aspettavamo”. Possiamo dire perciò che questa è la tua musica, ovvero musica “senza troppe aspettative che però suscita un interesse inaspettato”?

Molto bella come frase! Grazie mille! Possiamo dire sicuramente di sì! Io lo faccio perché mi viene, perché è il mio modo di esprimermi poi con i miei fedeli compagni confezioniamo il tutto trasformando in fisico quello che era solo un pensiero nella mia testa, quindi è chiaramente senza grosse aspettative, ho bisogno di farlo e sempre lo farò, se in più riesco a suscitare interesse e per lo più inaspettato e quindi incanalare un po’ di ragazzi verso un determinato tipo di musica ed ascolto non posso essere che felice e sereno.