Per la prima volta in questa stagione, il conservatorio Verdi di Torino ospita l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, che ci presenta il suo Brahms, con il concerto “Complicità”.
La calda voce del doppiatore Luca Ghignone, dal suo leggio ai piedi del palco, racconta la breve storia di volo in aereo. È la cornice che l’Orchestra Filarmonica di Torino ha scelto per presentare la stagione e le sue produzioni. Una presentazione che, stasera, fa sicuramente pendant con la scelta del repertorio: Concerto il la minore per violino, violoncello e orchestra op. 102 Doppio concerto e Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Brahms. Il Maestro Alexander Lonquich dirige Gregory Ahss (violino), Enrico Bronzi (violoncello) e l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza.
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Una voce in italiano parla di un viaggio. Di un volo in aereo. In che epoca siamo? La sala è novecentesca, i legni incorniciati dall’organo sono antichi, forse centenari, ma lucenti. Silenzio. L’orchestra enuncia il tema, primo movimento: Allegro in la minore. Ha un respiro romantico, epico, ma è solo un momento: il fiato si trattiene, sospira solitario il violoncello, poi gli ottoni, poi un altro solitario violino infine è un turbinìo, un intreccio tra i due solisti; si scambiano la parola, si sovrappongono, si fondono, si tuffano virtuosamente nel tema insieme all’orchestra, in un nuovo tema, poi in un terzo.
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È il doppio concerto. Una forma antica, in disuso tra i coetanei di Brahms, eppure suona così attuale, così moderna: sarà merito dell’intimità che i solisti condividono con il pubblico, sarà quel mashup (un termine così moderno? Sarà adatto al contesto? Lo è questo ultimo concerto composto da Brahms?) con il tema scelto per questa Stagione; e d’altro canto è forse “vecchia” l’opera di un vecchio, se ricorda le sue idee più giovani?
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Eppure il secondo movimento, andante in re maggiore, è una ballata dal gusto quasi acerbo. La sua dolcezza lascia danzare i solisti con l’orchestra, brevi momenti li portano in avanti, a raccontare sognanti la storia che scorre in un crescendo di sentimenti magnifici e nello stesso tempo umani, apparentemente semplici da capire, da danzare, da condividere, per giungere insieme al terzo movimento, vivace ma non troppo, ancora la minore. Si danza insieme, solisti ed orchestra, maestri e popolani; quasi d’istinto, guizza nuovamente il virtuosismo negli intrecci dei solisti con l’orchestra, in quegli staccati in due quarti che sembrano far saltellare, nei bicordi legati che sembrano far correre a perdifiato nella magniloquenza di un campo di note.
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Il doppio concerto termina, inizia la seconda sinfonia.
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Siamo pronti per ritrovare la quiete romantica del Brahms più classico. Allegro ma non troppo, in re maggiore. La quiete pastorale è a tratti turbata dai fiati tonanti e dalle dissonanze degli archi, ma tiene saldo il filo della malinconia, del sogno, della serenità neoromantica. Il secondo movimento, adagio ma non troppo, in si maggiore, accompagna il viaggiatore in luoghi più misteriosi, più ombrati. Brahms è inquieto, conosciamo l’indole luttuosa della sinfonia, la intuiamo qui e ci rapisce. Terzo movimento, allegretto grazioso in sol maggiore, torniamo alla luce gioiosa di un tre quarti prima pastorale, poi popolare.
Ultimo movimento, allegro con spirito in re maggiore, conosciamo ormai i temi, ma essi cambiano, sono famigliari nella loro sinfonicità, sono nuovi nel loro vigore, siamo appagati ed orgogliosi di aver viaggiato insieme, verso un finale magniloquente, chiaro e pieno di gusto. Applausi a scena aperta, un bis d’obbligo.
I due solisti ci regalano un gioco, suonata per violino e violoncello, secondo movimento. Usciamo dalla sala col sorriso sulle labbra.