[INTERVISTA] Chef Ivan Accorsi: “Il mio Pank accogliente e non convenzionale”

In pieno centro storico a Torino, il Pank ristorante salta all’occhio e al gusto per la sua filosofia non convenzionale. Abbiamo incontrato lo chef Ivan Accorsi, talentuoso, eclettico e anticonformista. Ad un anno dall’apertura ha già trovato posto sulla nuova guida del Gambero Rosso dedicata alla città di Torino. Lo chef è riuscito a farsi largo tra le proposte gastronomiche in città, mixando i sapori sabaudi a quelli internazionali. Le sue creazioni rimangono impresse nel cervello e non finiscono di stupire.

_di Elisabetta Galasso

La bellezza  delle cose ama nascondersi. Un’affermazione calzante per il Pank. Un ristorante che da fuori tutto sembra, tranne che un luogo di meraviglie culinarie. Suonato il campanello si varca la soglia e ci si trova in quello che si potrebbe definire un elegante ma irriverente salotto di casa. Poltrone e pouf per rilassarsi e un bancone su cui vengono appoggiate ogni sera squisite focacce fatte in casa da accompagnare a un frizzante calice di benvenuto. Qui gli ospiti sono davvero i benvenuti, perché la parola d’ordine del Pank è accoglienza. Una grande parete in stencil occupa tutto il campo visivo. Attaccata alla parete solamente una cornice, essenziale, con il logo del ristorante. E dietro si scorge una scala che porta alla sala da pranzo, il luogo dove lo chef fa accadere la magia.

 

Per cominciare, qual è il significato di Pank?

L’ispirazione principale è il dio Pan il satiro del mito, legato all’accoglienza e alla natura. La K è stata aggiunta per dare un forte segno distintivo al locale. Il logo è ambivalente: a seconda di come lo si capovolge rappresenta appunto il fauno oppure un elfo. Tutto ciò racconta la doppia facciata del ristorante.  A cena il menù è più corposo, mentre a pranzo proponiamo un business lunch più dinamico a menù fisso, mettendo sempre però al centro la cura per il cliente nei minimi dettagli.

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Entrando nel locale infatti, ci si sente immediatamente accolti e coccolati. 

Sì, l’accoglienza è il punto di forza del Pank. Il locale è organizzato su due livelli distinti. Al piano inferiore abbiamo fortemente  voluto creare  una welcome area dove i clienti potessero iniziare un’esperienza evidentemente culinaria, ma prima di tutto godibile per l’animo.  Appena arrivati gli ospiti possono dunque assaggiare focacce fatte in casa e sedersi sulle poltrone disegnate apposta per noi dal designer Andrea Vecera, sorseggiando un calice di benvenuto prima di accomodarsi al tavolo. Da fuori non c’è nessun indizio che possa far balenare agli avventori che questo sia un ristorante, avremmo potuto utilizzare questo spazio per avere più coperti, ma l’intento era quello di diversificarsi dalle altre realtà della  Salendo la scala a chiocciola si arriva poi, alla sala da pranzo vera e propria, anch’essa studiata nei minimi dettagli, dall’arredamento alle luci. Dopo aver goduto del relax iniziale, si è pronti a entrare nello spirito gastronomico del Pank attraverso i piatti.

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La parola d’ordine dell’esperienza Pank è anticonformismo. Come si traduce lo spirito anticonformista nei piatti che propone?

Prendiamo un piatto come il risotto con crema di piselli, tartare di gamberi condita con olio sale pepe e tabasco, crumble di wasabi e riduzione di soia. Sarebbe stato molto più facile restare nella tradizione piemontese del risotto castelmagno e noci, ma sono convinto che se si vuole fare ristorazione a Torino, che  a parer mio è come una roulette russa, bisogna differenziarsi. Anticonformismo non vuol dire creare qualcosa di estraneo e diverso senza dare sostanza, altrimenti si commette l’errore di presentarsi come un locale di nicchia. Si parte sempre dalla tradizione perché in cucina non si inventa nulla o quasi. Sarebbe molto difficile accostare il frutto della passione alla bagna caoda, invece si può giocare di consistenze; un altro piatto presente in carta è un sottofiletto di filetto con carote, sesamo, salsa di soia con riduzione di miele al castagno accompagnati da delle chips di verza stufata che ricordano molto quelle brasate tanto care alla tradizione piemontese. Il risultato è un piatto dalle forti connotazioni asiatiche, senza però rinunciare alla tradizione. Per me anticonformismo significa uscire dagli schemi, facendo assaggiare piatti a cui il cliente non pensa, ricercando sempre un senso e un forte equilibrio di tutti gli ingredienti.

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L’influenza asiatica nei piatti è quindi molto forte?

Tempo fa feci un viaggio Asia perché sentivo il bisogno di immergermi in quella culture anche dal punto di vista gastronomico. Da quell’esperienza al Pank creo molti piatti che rievocano le atmosfere asiatiche. Ad esempio un tagliolino fatto principalmente con farina di riso e una bisque per renderlo goloso. E rimanendo nel gioco del ristorante, metto al tavolo anche le bacchette.  Non siamo un ristorante asiatico, ma i clienti sanno che se vogliono qui trovano anche una cucina con dei rimandi alla Cina e al Giappone  e possono divetirsi assaggiando. Sicuramente è un incentivo in più per ritornare.

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Andando a ritroso nel tempo, come ha mosso i suoi primi passi in cucina a livello professionale?

Ho iniziato a 14 anni tra gioie e dolori, ma sicuramente aver fatto parte della cucina del Cambio per 5 anni è stato essenziale per la mia carriera. 5 anni di Cambio equivalgono a 30 anni di Fiat, sono stancanti ma pieni di soddisfazioni, per me è stato il primo vero contratto, il primo amore che non si scorda mai. A 36 anni ho intrapreso un altro sogno che era rimasto nel cassetto, quello della pasticceria da laboratorio. Sono stato per diverso tempo da Stratta Catering e alla Pasticceria La Bombonera a grattare teglie e ad arrotolare 600 croissants al giorno. Poi ho cambiato di nuovo rotta, ho sempre bisogno di nuovi stimoli. E ora a 40 anni desideravo avere carta bianca nella creazione  e soprattutto divertirmi. E il Pank racchiude perfettamente le due cose.

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Il Pank ha festeggiato da poco un anno, come definirebbe il rapporto con i clienti e con i colleghi?

Stiamo avendo moltissime recensioni positive, sia di persona ( tendo a uscire dalla cucina a fine serata e ad approcciarmi agli ospiti con la prontezza di ricevere critiche, ma finora ho sempre rivcevuto commenti entusiasti) che online, da The Fork a Tripadvisor. La gente sta imparando a conoscerci ed essendo  il Pank  una realtà giovanissima, a maggior ragione,  lo staff ed io cerchiamo di mantenere un livello qualitativo altissimo.   Tempo fa in carta avevo un risotto n’duja  liquirizia  e fonduta al taleggio, una sorta di gioco tra Piemonte e Calabria. La clientela è rimasta soddisfatta e ho capito dal loro stupore di star percorrendo la giusta direzione. Spero di continuare così, dando ogni volta un motivo in più per ritornare ad assaggiare, sperimentare, meravigliarsi.   Parlando dei colleghi io tendo a guardare nel mio giardino, non cerco la concorrenza, perché ogni locale ha una sua filosofia a sé ed è giusto rispettarla.

In conclusione, progetti ed eventi futuri?

A breve in carta ci sarà un ingrediente amatissimo dai torinesi ossia il caffé.  Non verrà però sicuramente servito a fine pasto. E poi la mente viaggia, vorrei proporre i tradizionali  agnolotti del plin  con un sugo diverso, forse prendendo a prestito qualcosa di tipicamente ungherese. Per scoprirlo bisogna  assolutamente venire a trovarci. Dal 20 al 26 maggio, in occasione del primo anno di vita del Pank, oltre ad avere uno sconto sulla cena, ci sarà un regalo pensato per i clienti.  Un piccolo simbolo di riconoscimento che vuole essere il ringraziamento a chi ci ha dato fiducia.

Qui potete trovare il sito web ufficiale del Ristorante e Qui la pagina Facebook.

Qui la pagina Instagram del Ristorante e Qui la pagina Instagram dello chef.

Photocredits: Michele d’Ottavio

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