[INTERVISTA] Un viaggio attraverso la letteratura Ispanoamericana con Vittoria Martinetto

Un confronto con Vittoria Martinetto, professoressa associata di Lingua e Letterature Ispanoamericane presso l’Università di Torino, docente dei corsi di Traduzione letteraria dallo spagnolo e collaboratrice della rivista letteraria “L’Indice dei Libri del Mese”. Insieme a lei ci avviciniamo a quello che è stato il cuore della lingua del Salone del Libro: lo spagnolo.

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_di Silvia Ferrannini

Vittoria Martinetto ha tradotto per le maggiori case editrici italiane dallo spagnolo, dal portoghese e occasionalmente dal francese e dall’inglese. Tra gli autori da lei affrontati segnaliamo Mario Vargas Llosa, Alejo Carpentier, Javier Tomeo, Osvaldo Soriano, António Lobo Antunes, Rodrigo Rey Rosa, Luis Leante, Manuel Puig: proprio di quest’ultimo parleremo in modo più approfondito, in particolar modo del suo rapporto con il suo traduttore italiano, Angelo Morino. A lui si deve l’approdo nel nostro Paese di tantissimi autori ispanoamericani.
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Partiamo con l’inquadrare al nostro pubblico una figura preziosa come quella di Angelo Morino. 

Angelo Morino è stato ispanista, traduttore, scrittore ed editore il cui lavoro fu fondamentale per il mondo editoriale italiano. Negli ultimi anni, prima della sua scomparsa improvvisa, era diventato consulente privilegiato, quasi esclusivo di Elvira Sellerio, e con la casa editrice palermitana era nata una collaborazione preziosissima. Se si guarda ad esempio il romanzo di Morino Quando internet non c’era (un testo narrativo postumo da noi rivenuto nel suo pc e poi pubblicato, sempre presso Sellerio, nel 2009) c’è un’introduzione di Antonio Sellerio che è una sorta di monumento, quasi una dichiarazione d’amore! La casa editrice in effetti deve moltissimo ad Angelo Morino. Egli è stato senza dubbio un grande professore, un intellettuale, ma soprattutto un lettore: infatti si considerava più un grande lettore che qualunque altra cosa.
Com’è noto, fu studioso di letteratura ispanoamericana e ne fu un fondamentale promotore: ha tradotto e curato le opere, fra altri, di Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Osvaldo Soriano, Manuel Puig, Roberto Bolaño. Spaziava molto: con me ad esempio ha tradotto le lezioni di Borges sulla poesia, ma si è interessato anche alla letteratura francese (ha scritto una biografia un po’ alternativa di Marguerite Duras [Il cinese e Marguerite, Sellerio, 1997]). Morino era stato l’erede dell’importante traduttore per Feltrinelli Enrico Cicogna, che nel 1968 aveva tradotto Cent’anni di solitudine di Márquez dando così il via al boom della letteratura ispanoamericana nel mercato editoriale italiano. Il testimone è passato poi ad Angelo Morino… Ecco, credo che se fosse ancora vivo in occasione di questo Salone dedicato alla lingua spagnola non avrebbe pace… anche se non amava comparire: era una persona riservata, schiva, nient’affatto presenzialista.
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Lei ritiene che, per quel che concerne gli autori di cui si è occupato anche Morino, questi abbia migliorato e incrementato il lavoro di Cicogna?

Sì, assolutamente sì. Ad esempio ha tradotto un autore cubano neobarocco, Alejo Carpentier, padre del realismo magico in quanto ideatore del real maravilloso. È un autore complesso, e Morino lo ha tradotto egregiamente. La traduzione è un lavoro assai arduo. Per esempio, come ha anche evidenziato Ilide Carmignani, la traduzione di Cent’anni di solitudine di Cicogna conteneva degli errori (è necessario comunque tenere in considerazione che erano tempi assai diversi, e gli strumenti di cui disponiamo oggi non c’erano), ma Cicogna aveva una grande sensibilità letteraria, oltre che orecchio per i registri, così come Morino. La sua straordinaria sensibilità è nata dal suo essere un instancabile lettore, ma nel suo mai sovrapporsi allo scrittore pur essendolo egli stesso. Nel momento in cui ritraduce alcune opere già tradotte da Cicogna, Morino ristabilisce e corregge alcuni elementi del testo, rendendolo meno addomesticato. Cicogna infatti parlava ad un’Italia degli anni Settanta che poco conosceva l’America Latina, e Morino ha rimesso un po’ in bolla alcuni autori, ad esempio Puig…

Alejo Carpentier
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Eccoci dunque, parliamo del rapporto Morino/Puig, drammaturgo e romanziere argentino. 

Il rapporto tra i due nasce in prima battuta come relazione fra traduttore e autore, poi si conoscono e nasce una grande amicizia. Intrattenevano uno scambio epistolare molto fitto, e l’argentino Puig veniva molto spesso in Italia (così l’ho conosciuto anche io!). Negli anni del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma Puig aveva imparato l’italiano, cosicché poteva discutere via lettera con Morino delle traduzioni… a legarli forse era anche l’omosessualità – seppur vissuta dai due in modo diverso. Insomma vi erano molti elementi di natura artistica e umana ad avvicinarli. Peraltro Puig aveva sempre cura di ribadire che non aveva una formazione letteraria alle spalle: amava giocare la parte dell’autodidatta e dello scrittore per caso, ma in realtà la sua tecnica d’avanguardia era estremamente raffinata e innovativa, la sua non era letteratura meramente pop, bensì autenticamente sperimentale.
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Ciò si evince anche dal primo romanzo, La traición de Rita Hayworth (Il tradimento di Rita Hayworth, del 1968)…

Esatto. I suoi titoli paiono molto pop, e ciò indusse Borges ad affermare che mai lo avrebbe letto. Eppure possono sorprendentemente crearsi dei parallelismi fra i due, perché entrambi non parlano direttamente della realtà ma sempre in modo mediato – l’uno dai libri, l’altro dalla paracultura (tango, bolero, i radiodrammi, i rotocalchi), che passando attraverso i suoi libri eleva sé stessa poiché diventa parte di un progetto avanguardista sofisticato. Per questo i romanzi di Puig non sono affatto semplici.
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Io conosco più che altro la sua drammaturgia, e in effetti non mi sono sentita immediatamente a mio agio con la sua scrittura.

Noi siamo abituati a pensare a un Narratore, e in Puig viene eliminato; lo stesso assemblaggio di molteplici e diversificati materiali crea un particolare impatto e stimola la curiosità di chi legge. Perciò è richiesta la vigilanza del lettore – il lettore dell’opera aperta, che contribuisce alla sua costruzione. Certo, oggi forse ciò non suona più come una novità, ma negli anni Settanta il panorama era un altro. Se si prova a prendere un romanzo come Boquitas pintadas (Una frase, un rigo appena, la cui prima pubblicazione risale al 1969) davvero gli si potrebbe attribuire lo statuto del suo sottotitolo (“romanzo d’appendice”), ma questo è in verità un romanzo d’avanguardia grazie alla sua particolare struttura a collage. Il difficile compito che il traduttore di Puig deve affrontare è saper cambiare registro a seconda del documento utilizzato per narrare la storia: davanti a un verbale di polizia, uno scambio di lettere, il diario sgrammaticato di uno dei personaggi, o parole prelevate da contesti e registri diversi, chi traduce deve conoscere quel mondo verbale e linguistico, e restituirlo in italiano è davvero arduo e insieme affascinante. Quando poi si vanno a vedere i passaggi mediali il discorso si fa ancora più intrigante: El beso de la mujer araña (Il bacio della donna ragno, 1976) è un romanzo costituito quasi interamente da dialoghi, e per questo si è prestato efficacemente al cinema (Kiss of the Spider Woman, di Héctor Babenco, del 1985, che valse l’Oscar come Miglior Attore a William Hurt) e al teatro (ne venne tratto il musical Kiss of the Spider Woman con musiche di John Kander e Fred Ebb e libretto di Terence McNally). È vero che in questi processi molto si trasforma, ma non è mai solo una perdita.
Dal film “Kiss of the Spider Woman” di Héctor Babenco
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Dunque i pregi di Morino e del suo lavoro stanno nella compresenza di capacità di lettura, abilità linguistica e potere di cogliere la speciale aura dell’opera…

Esatto, e ciò si evince anche nei suoi lavori narrativi (si veda In viaggio con Junior [2002], Rosso Taranta [2006], Quando internet non c’era [2009]). L’ultimo, Il film della sua vita (2012) tratta di sua madre e il rapporto di amore e odio con lei. È di una bellezza unica, inquieta e ardita. E sebbene fosse in grado di creare questa poesia unica, Morino riteneva che quando si traduce non si deve pensare che si stia scrivendo il proprio libro, bensì essere umili e saper fare due passi indietro rispetto alle pagine che si stanno traducendo, senza approfittare dell’opera altrui per creare la propria.
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In seguito a questo Salone votato allo spagnolo, quale opera o autore consiglierebbe?

Manuel Vilas, per esempio, che adoro. A Cartagena de Indias, in occasione dell’Hay Festival, l’ho sentito parlare e mi ha affascinato tantissimo la sua simpatia e il suo modo genuino di essere toccante. Siamo diventati amici. Mi sono innamorata del suo romanzo In tutto c’è stata bellezza, del 2018 (il cui titolo originale è Ordesa; da noi è stato pubblicato da Guanda); nel frattempo saltò fuori che lo avrei ritrovato proprio a Torino, al Circolo dei Lettori, poiché mi proposero di fargli da interprete mentre dialogava con Paolo Giordano. Poi a Bogotà ai controlli dei bagagli in aeroporto… me lo trovo lì. È un autore interessantissimo, ed è anche un poeta da scoprire. Ora sto leggendo il suo España, e mi sta appassionando molto. Un altro autore che consiglio è l’argentino Alan Pauls (scrittore e saggista, ha studiato anche Puig). La cosa triste è che in genere molti autori ispanoamericani non hanno il privilegio di vedere tutta la loro intera opera tradotta in lingua italiana, a meno che non siano un premio Nobel come Vargas Llosa. Di molti autori s’intuisce l’interesse ma poi vengono dimenticati.
Alan Pauls
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Quali case editrici, a suo parere, stanno facendo invece un buon lavoro in tal senso?

Sicuramente la SUR, perché rispetta le buone traduzioni: non ritraducono opere già egregiamente tradotte (così è con Puig, ad esempio), e s’impegnano anche a rivalutare autori fuori catalogo o dimenticati. Inoltre dialogano con il nord America con la collana Big SUR, e curano molto l’immagine con format di copertina molto accattivanti. Un’altra casa editrice da ricordare è La Nuova Frontiera: per più di dieci anni hanno tradotto testi dallo spagnolo, portoghese e catalano, allargandosi anche alle letterature dell’America Latina e dell’Africa lusofona (tra gli autori in catalogo: Juan José Saer, Baron Biza, Felisberto Hernández, Julio Ramón Ribeyro, Paco Ignazio Taibo II, Mario Benedetti). Hanno inoltre affrontato la traduzione di un autore messicano che nel suo Paese ha già un’obra reunida, Mario Bellatin (già nel 2011 avevano fatto conoscere all’Italia il suo capolavoro, Salón de belleza). Non solo: anche Gran Vía, che fin dagli esordi si è concentrata sulla letteratura latinoamericana e spagnola contemporanea in castigliano, catalano, basco e galego. Sta pubblicando autori interessanti come Nona Fernández, Patricio Pron, Juan Villoro (che fra l’altro è stato presente al Salone). Quando recensisco opere per L’Indice dei Libri del Mese mi rendo conto che il più delle volte m’interfaccio con queste case editrici. Mi sento di ricordarne un’altra ancora: NN, per la quale ho tradotto due romanzi di Rita Indiana, una scrittrice e cantante dominicana (è leader di una band di merengue alternativo) davvero particolare, che miscela sapientemente pop art e reale meraviglioso caraibico: I gatti non hanno nome (Nombres y animales, 2016) e Papi (2017).
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Che ne pensa di Javier Marías, lo scrittore madrileno di cui parlano in moltissimi (il romanzo Berta Isla, pubblicato da Einaudi, è stato riconosciuto come il miglior libro del 2018 per ‘La Lettura’)? Per me è stato un amore folgorante!

Purtroppo non ho avuto modo di approfondirlo, ma ne sento parlare benissimo: pare scriva in modo eccezionale, veramente unico, e che riprova di ciò siano romanzi come Un corazón tan blanco e Mañana en la batalla piensa en mí (Un cuore così bianco e Domani nella battaglia pensa a me, rispettivamente del 1992 e del 1994, pubblicati in Italia da Einaudi). Il fatto poi che a tradurlo per Einaudi sia Maria Nicola, allieva di Morino, è certamente un grande valore aggiunto.
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Adesso su cosa sta lavorando?

Ancora su Puig, per un convegno che si terrà al Congreso Transatlántico in Argentina: tratterò della fortuna di Puig in Italia. Con la Fondazione Feltrinelli stiamo cercando nuove carte e materiali, e naturalmente va consultata tutta la rassegna stampa su Puig. Inoltre mi appresto a tradurre di António Lobo Antunes, l’autore portoghese contemporaneo più importante e che ha vinto, fra l’altro, l’ultimo premo Bottari Lattes per la sezione La Quercia. È molto immaginifico, una sorta di Céline lusitano: dapprima era stato tradotto da Einaudi, ora il lavoro è passato a Feltrinelli e me ne occupo io da otto romanzi a questa parte. Un’altra scrittrice di lingua portoghese che mi sento di consigliare è Clarice Lispector: da Adelphi è appena uscito un libro meraviglioso, Un soffio di vita, che è un dialogo tra due personaggi (l’Autore e il suo personaggio, Ângela) sull’Essere, la grazia, il tempo… E aggiungo: non sono una lusitanista, ma devo il mio avvicinamento sempre più profondo a questa lingua proprio a Puig: grazie a lui, e alla mia lunga permanenza a Rio de Janeiro, imparai il portoghese – e mi sono trovata a lavorare come interprete per un altro grande scrittore: José Saramago.
Clarice Lispector