[INTERVISTA] Helikon: la “webserie crossmediale” ambientata a Torino tra suggestioni noir

Il rapporto tra artista e ispirazione, la doppia anima di un città dal fascino misterioso, la commistione di diversi mezzi di espressione all’interno di un unico universo narrativo a tinte noir. Andiamo alla scoperta di Helikon, progetto nato a Torino all’insegna della crossmedialità. 

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_di Lorenzo Giannetti

Non solo una webserie, ma un percorso “multi-piattaforma” in costante divenire, al crocevia tra web, cinema, fumetto e musica. Ne parliamo con Davide Mela, line producer e co-autore del soggetto.

Come nasce un progetto così articolato: la cross-medialità è stata una prerogativa fin dall’inizio o è “maturata” strada facendo?

La crossmedialità è sempre stata una delle caratteristiche principali del progetto, a partire dalla sua ideazione: Helikon nasce come esperimento metanarrativo, un gioco che coinvolge letteratura, cinema, serialità, illustrazione e altri strumenti di espressione diversi tra loro, ma in grado di “parlarsi a vicenda” e muoversi all’interno dello stesso universo narrativo.

A partire dal tema principale del progetto, che parla di ispirazione artistica e riflette sul “come” prima che sul “cosa”, è emersa in modo molto naturale la volontà di coinvolgere altri strumenti che non si limitassero al video e alla webserie. L’espansione principale di Helikon è rappresentata dalla antologia di quattro webcomic autoconclusivi prodotta in collaborazione con Wilder e creata da Jacopo Paliaga e Laura Guglielmo. I quattro fumetti stanno accompagnando la webserie nel suo percorso di distribuzione, e si immergono ancora più in profondità nelle tematiche e negli argomenti della serie. Assistere alla nascita di questo percorso “multi-piattaforma” è stata una delle più grandi fonti di gioia e gratificazione nel lavorare al progetto.

E ora come ora c’è un disegno ben definito e onnicomprensivo oppure percepite il progetto come un costante work in progress?

Le ramificazioni crossmediali di Helikon non si limitano alla collaborazione con Wilder e i suoi artisti, ma cresceranno ancora con altri esperimenti e nuove collaborazioni: il progetto è sempre stato concepito come un grande “lavoro di squadra”, già a partire dalla struttura produttiva che è stata costruita per la realizzazione della serie: credo che questo spirito di condivisione sia uno dei più grandi punti di forza del progetto, e per il suo successo si devono ringraziare tutti i “protagonisti” che vi hanno preso parte: dalla co-produzione Dimago ai produttori associati Adrama, Karma Communication, Michele Azzarito e Luca Brunetti, passando per la partnership con Wilder e BadTaste.it e il fondamentale contributo di Film Commission Torino Piemonte e Regione Piemonte.

Il progetto è legato a filo doppio a Torino, con l’obiettivo di valorizzare il territorio. In particolare si pone l’accento sul fascino un po’ dark-esoterico della città. Potete raccontarci un po’ come avete sviluppato questo aspetto in particolare? Ad esempio, nel corso delle ricerche e delle riprese avete scoperto qualcosa di nuovo o inaspettato, che magari si è rivelato di ulteriore ispirazione/suggestione?

Ultimamente la presentazione di Torino come “città nera” è tornata di moda e spesso viene accostata a progetti di genere che desiderano sfruttarne il fascino e la tradizione, non solo cinematografica ma anche letteraria.  Helikon è partita da questo filone, tentando però di non cadere mai in un più o meno stucchevole “effetto cartolina”: nell’individuare i punti più interessanti e suggestivi da mostrare è fondamentale affidarsi ad un location manager esperto, all’occhio di un filmmaker emergente ma molto abituato a “raccontare per immagini” e lavorare per offrire degli spunti originali e il meno possibile ripetitivi. Per intenderci, non ci interessava tornare davanti alla solita fontana di Piazza CLN o rifugiarci in un’accomodante Galleria Subalpina, ma il nostro desiderio era raccontare due anime diverse della città: una con una facciata più rassicurante e una più “creepy” e misteriosa.

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Come anticipi tu, viene subito in mente la Torino di Dario Argento. Quali sono però i vostri punti di riferimento/”modelli di ispirazione” più contemporanei? In poche parole: quali sono i prodotti cinematografici/seriali che vi hanno colpito di più nell’ultimissimi anni e che ritenete possano aver avuto un loro peso nella “poetica” di Helikon?

Sia nei suoi contenuti sia nella sua struttura narrativa “non lineare”, Helikon vive di omaggi e riferimenti a opere che ci hanno influenzato e indirizzato profondamente. A partire da “Il Seme della Follia” di John Carpenter, di cui riprendiamo la riflessione sul rapporto arte-artista e le sfumature più inquietanti del senso di potere e controllo di un “creatore” nei confronti della sua creazione, potrei citare anche “Allucinazione Perversa” e “Fuoco Cammina con Me”. Sul lato televisivo, la nostra volontà era produrre una narrazione che vivesse su linee temporali diverse e incrociate, un mosaico di eventi e scene che andasse a produrre un quadro finale completo. Mi vengono in mente recenti esempi di serialità internazionale come “True Detective” e soprattutto “The Haunting of Hill House”.

Un progetto di questo tipo – così articolato nel suo essere “multi-disciplinare” – non è facile da distribuire né da “comunicare” a 360°. Come vi state muovendo in tal senso?

A livello di promozione e distribuzione, abbiamo lavorato per distinguerci dalla classica modalità di fruizione di una webserie, che spesso si basa sulla popolarità o il livello di “celebrità” dei suoi autori e interpreti. Anche in un formato come questo, la nostra ambizione è sempre stata programmare una strategia e accompagnare ogni uscita con un preciso percorso che tenesse fede alla struttura e all’anima della serie. In questo percorso, siamo stati molto fortunati a collaborare con la rivista online BadTaste.it, che ha ospitato ogni uscita sulla sua piattaforma all’interno della sezione BadComics e ci ha garantito una vetrina nazionale di rilievo, indirizzata al nostro target di riferimento principale: gli appassionati di cinema, intrattenimento e cultura pop, che amano cinema, serialità e fumetti e ne apprezzano le “contaminazioni”.

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A tal proposito, vi immaginate Helikon – in qualche modo – “traslato” in TV?

Diciamo che non poniamo fine alla provvidenza. Nei miei pochi anni da produttore ho avuto modo di confrontarmi con molte realtà diverse tra loro, dalle più piccole alle più grandi, e distribuire un progetto di serie indipendente all’interno del tradizionale panorama televisivo italiano è una sfida difficilissima. Per noi Helikon ha un valore e una dignità profonda come “creatura digitale”, ma un’espansione televisiva permetterebbe di aumentarne la portata e dilatarne i tempi di narrazione, permettendoci di avere il tempo e le risorse per raccontare una storia ancora più completa e stratificata.

Invece, come vi siete approcciati alla colonna sonora? Penso anche al fatto che il regista è un rapper-musicista.

Taiyo Yamanouchi alias Hyst è uno dei principali “talent” del progetto e lavorare insieme a lui alle varie fasi, dalla scrittura alla regia fino alla colonna sonora, è stato estremamente formativo. Oltre alla musica, che è un talento per cui Taiyo è riconosciuto da anni, siamo grandi fan del suo particolare “punto di vista visivo” e della sua capacità innata di “costruire immagini”, che deriva anche dal suo background come illustratore e storyboard artist. Taiyo è uno dei pochi “polistrumentisti” a livello cinematografico che abbia mai conosciuto, in grado di esprimersi attraverso una moltitudine di livelli e strumenti espressivi.

Per la colonna sonora, Taiyo ha lavorato insieme al compositore Fabio Visocchi e in stretto coordinamento con i nostri sound designer Daniele Prina e Fabio Di Santo: l’obiettivo era creare un accompagnamento sonoro che spesso fondesse insieme rumore e musica, foley e composizione originale, e che fornisse una specie di “tema” ad ogni personaggio della storia. Per quanto riguarda la sigla sui titoli di testa, si tratta di una canzone originale di Hyst dal titolo “Drown Me Deep”: di fatto è parte dell’intera operazione crossmediale di Helikon, perché prossimamente avrà un’uscita personalizzata con un videoclip ambientato nello stesso mondo narrativo.

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Una curiosità: ci raccontate come avete scelto questo titolo?

L’Elicona, o Ἑλικών / Helikồn in greco, è una montagna che appartiene alla mitologia greca classica. Su questo monte, secondo il mito, nasceva la sorgente del fiume sacro alle muse, la cui acqua donava l’ispirazione artistica a chiunque bevesse da questa fonte. È un riferimento al tema dell’ispirazione, centrale per tutto il progetto, oltre che un set-up per gli elementi più fantasy di una serie che resta comunque molto “urbana” e umana nelle sue dimensioni.