Dal non-luogo surreale creato da Lizzie Fitch e Ryan Trecartin alla riflessione sull’amore “surrogato” nel lavoro di Melissa Harris, fino alla panoramica sulla “post-Antropocene” a cura di Goshka Macuga. Oltre, ovviamente, ad una permanente in grado di offrire sempre nuovi spunti.
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LIZZIE FITCH | RYAN TRECARTIN: WHETHER LINE – 6 Apr – 5 Ago
Commissionata da Fondazione Prada per la sua sede di Milano, “Whether Line”, l’installazione multimediale di grandi dimensioni realizzata da Lizzie Fitch (USA, 1981) e Ryan Trecartin (USA, 1981) rappresenta il primo risultato di un processo creativo, intrapreso dalla fine del 2016, attraverso il quale i due artisti indagano il concetto di “nuova” terra promessa e l’instabilità intrinseca all’appropriazione territoriale.
Partendo dall’idealizzazione della condizione rurale, mutuata dalle ideologie del “ritorno alla terra”, il progetto racconta sia un ritorno che una fuga. Dopo aver trasferito per questo lavoro le attività del proprio studio nella campagna dell’Ohio, Fitch e Trecartin hanno concepito la struttura di un nuovo film come una mappa “stregata”: un luogo dotato di una propria volontà e una costellazione di costruzioni permanenti che includono un vasto edificio rurale, un fiume artificiale definito “lazy river” e una torre di guardia in mezzo a un bosco, occupati da un cast di personaggi che sono allo stesso tempo soggetti attivi e passivi della mappa. Gli artisti modificano questi spazi attraverso dislocazioni di tempo e memoria per esplorare le nozioni di frontiera e limite esistenziale, psico-sociologico e fisico.
Concepita per il Podium, il Deposito e gli spazi esterni della sede di Milano della Fondazione Prada, la mostra si presenta come un intervento immersivo in cui i visitatori sono liberi di muoversi tra costruzioni che suggeriscono sia azione che contenimento, uno stato attivo di limbo. Echi sonori e visivi della natura e della vita quotidiana si uniscono a distorsioni di spazi familiari come parchi di divertimento, fattorie e fortificazioni, ampliando il contenuto narrativo del film. Il nuovo lavoro di Fitch e Trecartin esplora il desiderio di fuga e la pervasività dei sistemi e delle tecnologie che ci interconnettono. La mostra è completata da una retrospettiva dei film degli artisti proiettati al Cinema della fondazione.
Il progetto è accompagnato da un volume edito da Fondazione Prada che approfondisce l’intensa collaborazione tra Fitch e Trecartin iniziata nel 2000.
SURROGATI. UN AMORE IDEALE – 21 Feb – 22 Lug
Fondazione Prada presenta la mostra “Surrogati. Un amore ideale”, a cura di Melissa Harris, dal 21 febbraio al 22 luglio 2019 all’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
Attraverso una selezione di 42 opere fotografiche di Jamie Diamond (Brooklyn, USA, 1983) ed Elena Dorfman (Boston, USA, 1965), il progetto esplora i concetti di amore familiare, romantico ed erotico. Entrambe le artiste scelgono un aspetto specifico e insolito di questo tema universale: il legame emozionale tra un uomo o una donna e una rappresentazione artificiale dell’essere umano. Come spiega Melissa Harris, “i lavori di Diamond e Dorfman documentano in modo vivido e senza pregiudizi le interazioni tra gli uomini e i loro compagni inanimati ma realistici”.
Nelle serie “Forever Mothers” (2012-2018) e “Nine Months of Reborning” (2014), Jamie Diamond documenta la vita di una comunità outsider di artiste autodidatte chiamate Reborners, che realizzano e collezionano bambole iperrealistiche con cui interagiscono per soddisfare il proprio desiderio di maternità. In un altro progetto presentato in mostra dal titolo “I Promise to be a Good Mother” (2007-2012), Diamond impersona la madre perfetta, indossando gli abiti di sua madre e interagendo con Annabelle, una bambola reborn. Ispirato a un diario che l’artista teneva da bambina, il progetto si è poi evulto in una complessa esplorazione degli stereotipi sociali e delle convenzioni culturali che circondano la relazione tra madre e figlio.
“Still Lovers” (2001-04) la serie di fotografie che ha dato visibilità internazionale a Elena Dorfman, è incentrata sulle persone che condividono la propria quotidianità domestica con realistiche bambole erotiche a grandezza naturale. Le sue fotografie si addentrano nei legami che si instaurano tra umani e donne sintetiche perfettamente riprodotte e obbligano l’osservatore a riconsiderare la propria visione di amore e riflettere sul valore di un oggetto in grado di sostituire un essere umano. L’intento dell’artista non è quello di enfatizzare la devianza rappresentata da questi surrogati sessuali, ma di svelarne il lato nascosto ritraendo l’intimità tra carne e silicone.
Diamond e Dorfman hanno ritratto i surrogati come creature desiderate e idealizzate, oggetti-feticcio dotati di una “vita propria” condivisa con madri o partner in carne e ossa, e a volte con i loro parenti più stretti. Come spiega Melissa Harris, “rappresentando scene convenzionali di vita domestica, amore e/o erotismo, le fotografie di Dorfman e Diamond trasmettono un pathos inatteso”.
Prada Rong Zhai – “What Was I?” – an exhibition project by Goshka Macuga
Prada presenta “What Was I?”, il nuovo progetto espositivo concepito dall’artista Goshka Macuga, con il supporto di Fondazione Prada. La mostra si terrà dal 23 marzo al 2 giugno 2019 presso Prada Rong Zhai a Shanghai, una residenza storica del 1918 restaurata da Prada e riaperta nell’ottobre del 2017.
“What Was I?” è un viaggio caleidoscopico nel post-Antropocene, l’età che segue il collasso dell’umanità dovuto agli effetti dell’ipersviluppo tecnologico. Il protagonista di questa esplorazione sorprendente è un androide creato da Macuga e prodotto in Giappone da A Lab per la mostra presentata nel 2016 nella sede di Milano di Fondazione Prada. L’androide recita/ripete il suo monologo composto da numerosi frammenti di discorsi fondamentali per la storia della civiltà, costituendosi come depositario della conoscenza umana. In questo scenario futuristico, in cui la prospettiva dell’uomo non ha più valore, l’androide è l’unico abitante di Prada Rong Zhai e una presenza discreta all’interno della residenza. La questione chiave “What was I?” (Che cosa ero io?) che chiude il suo discorso e dà il titolo all’installazione neon di Macuga e a questo suo nuovo progetto, è stata pronunciata originariamente dal mostro di Frankenstein, nell’omonimo romanzo gotico scritto da Mary Shelley nel 1818.
Nell’universo fittizio e post-apocalittico di Macuga, l’androide abita gli spazi della residenza storica, rivelando la propria collezione d’arte e i suoi oggetti personali: 25 opere della Collezione Prada, tra cui diversi capolavori d’arte italiana, realizzati tra il 1958 e il 1993, accanto a 5 recenti collage su carta dell’artista che fanno parte della serie Discrete Model.
Attraverso una selezione di opere di artisti legati al Gruppo Zero in Germania e al movimento di Arte Programmata e Cinetica in Italia e Francia – tra i quali Jan Schoonhoven, Luis Tomasello, Grazia Varisco e Nanda Vigo – la mostra esplora la complessità dei motivi e delle forme geometriche e computerizzate, creando un autonomo alfabeto di forme. L’androide è circondato da una costellazione di opere di artisti italiani: Enrico Castellani e Piero Manzoni, che nella loro ricerca puntavano al grado zero del linguaggio pittorico; Alberto Burri, Lucio Fontana, Francesco Lo Savio, Salvatore Scarpitta, Turi Simeti, che hanno sperimentato nei loro lavori
il superamento della tela e dei suoi limiti fisici e simbolici, utilizzando materiali non convenzionali che connettono l’arte alla realtà. Due ritratti insoliti di Walter De Maria e Llyn Foulkes richiamano il corpo umano e la sua assenza, mentre un dipinto di Vincenzo Agnetti evoca un “linguaggio oltre il linguaggio”.
Una serie di installazioni e piccole sculture di Richard Artschwager, Peter Fischli & David Weiss, Mario Merz, Salvatore Scarpitta e Rachel Whiteread incorporano oggetti di uso quotidiano ed elementi funzionali, suggerendo una possibile routine post-umana.
Queste opere contribuiscono al contempo a dare forma a un contesto domestico e a un habitat intimo, in cui l’androide è in grado di inventare la propria “esistenza” futura.
Durante la mostra, il monologo dell’androide sarà accompagnato da una performance di un calligrafo che si svolgerà due volte a settimana, con l’intento di creare una versione alternativa e scritta del discorso originale traducendolo dall’inglese al cinese.
La mostra “What Was I?” è aperta al pubblico presso Prada Rong Zhai dal 23 marzo 2018 al 2 giugno 2019. Il costo del biglietto è di RMB 60.
Il titolo d’ingresso presenta un QR code valido per un solo accesso alla mostra nell’orario indicato. Il numero di visitatori che possono accedere contemporaneamente agli spazi è limitato.
Al fine di evitare code e di risparmiare tempo, il biglietto può essere acquistato solo online.
Per acquistare il titolo di accesso il visitatore dovrà scansionare il QR code riportato qui. L’acquisto sarà completato attraverso Wechat Pay.
Per maggiori informazioni contattare: pradarongzhai@prada.com.
All’interno dei sei livelli espositivi della Torre è ospitato il progetto “Atlas” nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant.
Riunisce opere della Collezione Prada in una successione di spazi che accolgono assoli o confronti, creati per assonanza o contrasto, tra artisti come Carla Accardi e Jeff Koons, Walter De Maria, Mona Hatoum ed Edward Kienholz and Nancy Reddin Kienholz, Michael Heizer e Pino Pascali, William N. Copley e Damien Hirst, John Baldessari e Carsten Höller.
L’insieme dei lavori esposti, realizzati tra il 1960 e il 2016, rappresenta una possibile mappatura delle idee e delle visioni che hanno guidato la formazione della collezione e le collaborazioni con gli artisti che hanno contribuito allo sviluppo delle attività della fondazione nel corso degli anni. “Atlas” testimonia così un percorso tra personale e istituzionale, in evoluzione, aperto a interventi temporanei e tematici, a progetti ed eventi speciali, con possibili integrazioni da altre collezioni e istituzioni.
Dall’apertura della nuova sede nel 2015, la collezione è diventata uno degli strumenti di lavoro a disposizione del programma culturale della fondazione, assumendo diverse configurazioni – dalle mostre tematiche alle collettive, dalle antologiche ai progetti curati da artisti – e trova ora nella Torre uno spazio permanente di esposizione.