Ad un anno dalla scomparsa, Marco Gastini in mostra alla Galleria Persano

L’esposizione, da tempo concordata, è manifestazione, celebrazione, ricordo dell’artista torinese, che si mostra in un corpus di opere che vanno dagli anni settanta al 2018, con pezzi evocativi, preparazioni e risultati eccezionali.

Bianco, rame, legno, collage, terracotta, carta, ferro, alluminio, vetro, pietre, plastica, plastilina, acrilici, pastelli, carboncino, carbone, contè, tela, gesso, piombo, antimonio ed altro sfuggitomi. Il mondo di Gastini era adoperabile, adducendo sovrapposizioni e facendo pencolare gli oggetti nell’attesa di un successivo cambiamento. Ma era anche studio, adattamento e scenografia, per immaginare cosa sarebbe stato. Sui tavoli della galleria Persano i suoi maquettes sono sia progetto che gioco, rappresentazione per nulla forzata dell’opera in cantiere. Vedere il modello per “Il sogno respira nell’aìre” (1987) è un regalo inaspettato ed appagante. A pochi passi vi si ammira l’opera completa, dalla grandezza sostenuta e mai esposta sino a quel momento in una galleria.

C’è l’occasione, assai rara di recente, di potersi assegnare del tempo d’osservazione, constatando le legittime differenze tra l’idea e l’oggetto, tra quando l’arte è arte perché concetto e quando l’arte diventa materia dunque una seconda opera, discosta dal proposito. Sono minuzie per tecnici e masochisti ma che ritornano tra le  materie mischiate delle ruote del manufatto, lungo circa nove metri ed alto tre. Massiccio, promiscuo negli intenti e perciò già affascinante prima che possa parlare o meglio, diventare movimento, struttura o staticità artistica. È una piacevolezza, questa immaginazione, che l’artista torinese, mancato da poco, ha esercitato senza pudore, sapendo sbilanciarsi nel momento opportuno.

Nella sala i lavori principiano dagli Anni Settanta. Per la maggioranza pittura, di cui però ammetto di non essere particolare estimatore. I maquettes continuano e sono sempre deliziosi. Un “Senza titolo” del 1982, altri due dei primi anni novanta e poi ovviamente di un paio di decenni prima e qualche pezzo degli ultimi tempi. Un approccio perverso il guardare tra le pieghe dei modellini. Sino ad arrivare a “Mentre ancora la polvere muove” (1988), un colossale ed erculeo lavoro a parete, composto su base di rame, lavorato dal legno, dalla lamiera in ferro e dal carbone/nerofumo che diventa soggetto, sfondo, paesaggio, pittura, tempesta, fronda, mareggiata, cavalcata, cascame, fumo, coltre, imbratto. Pittura rupestre, certo, che ritorna sempre ultimamente ma qui era nato in altra epoca. Un vero capolavoro, lo affermo senza ripensamenti e che anche qui ho voluto suggere, dal profumo, all’aspetto. Un bel lasciare, qui, davanti a tutti , prova provata, del senso dell’arte per l’uomo.

In copertina: Mentre ancora la polvere muove, 1987

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