Andy Warhol: dalla collezione privata di Villa Cerruti al Castello di Rivoli

Dal 22 gennaio al 22 aprile 2019 il Museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli accoglie la mostra temporanea Andy Warhol. Due capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti a cura di Fabio Belloni, in un incontro tra l’elegante cornice sabauda e le icone del Re della Pop Art. 

_ di Valentina Borla

Interprete delle dinamiche del consumismo e di un’arte che negli anni Settanta-Ottanta rischia di cadere nel vicolo cieco della produzione in serie, Andy Warhol è un artista che non ha bisogno di presentazioni.  Dopo la recente mostra sabauda dedicata al movimento della Pop Art a Camera, anche per questa volta la visita al MoMA di New York è rimandata. Il castello di Rivoli ospita, infatti, due opere dell’artista americano solitamente conservate a Villa Cerruti di Rivoli, sede della prestigiosa collezione privata dell’imprenditore.

Si tratta di due capolavori della maturità di Warhol: ne cogliamo facilmente l’influenza dell’esperienza cinematografica e lo sguardo d’ispirazione rivolto all’arte italiana.

Risale al 1974 Hélène Rochas, uno dei quattro dipinti che l’artista dedica all’ex modella e imprenditrice francese, nota nel mondo della moda per la sua eleganza e intraprendenza o, in termini più friendly al panorama attuale, potrebbe essere considerata simbolo del girl power degli anni Settanta. Soffermandoci sulle tecniche del quadro, quest’opera nasce in seguito a una sessione fotografica realizzata dall’artista stesso con la Polaroid: una volta scelto lo scatto, questo è stato poi serigrafato in un secondo momento sulla tela, già precedentemente dipinta dalla mano di Warhol con pennellate in acrilico sui toni del verde. Quest’opera è ospitata nella sala più grande del primo piano del Castello rivolese: è inevitabile soffermarsi sul gioco di contrasti che si crea tra i colori sgargianti dell’arte popolare e il raffinato stile architettonico juvarriano.

The Poet and His Muse (1984) è invece un tributo all’artista italiano Giorgio de Chirico, che Warhol considera suo maestro e, allo stesso tempo, suo precursore, per il comune gusto della ripetizione dei soggetti. Se è vero che de Chirico ama ripetere lo stesso soggetto a distanza di anni, Warhol lo riprende più volte all’interno dello stesso dipinto. È il caso di quest’opera in cui si moltiplicano per quattro volte i manichini paludati all’antica: una rivisitazione dell’arte italiana della generazione precedente, che riporta alla mente la precedente mostra sullo stesso De Chirico negli spazi del Castello e si fa preludio delle imminenti inaugurazioni dedicate ad Harald Szeemann Anri Sala.