La nostra recensione del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand: una commedia in versi sui nobili sentimenti ma anche un dramma in chiave moderna sull’identità. Dal 7 al 16 dicembre presso le Fonderie Limone.
_ di Elena Fassio
Il ritmo serrato delle rime, che non si interrompono mai per quasi due ore, ti trascina in una corrente di pensieri e sentimenti, ora alti da sembrare eterei ora disperati da sentirti annegare: è questo Cyrano de Bergerac di Jurij Ferrini, che ne è traduttore, regista e protagonista.
La poesia, in lingua originale o tradotta bene, ha questo potere: andare a pungolare le tue corde più remote e basilari, parlare a una parte che non è sola ragionevolezza ma ritmo naturale, per quanto il personaggio che racconta cerchi di fare esattamente il contrario, ovvero nascondere la sua sensibilità sotto una dura corazza di onore e coraggio, allenata da anni di lotta.
Maestro d’armi e di parole, l’eroe romantico di Rostrand è già stato rivisitato da poeti moderni come Guccini, il cui testo ammiccante è molto presente nella riscrittura di Ferrini, e interpretato da mattatori del calibro di Gerard Depardieu.
Anche conoscendo già l’epilogo della vicenda, il pubblico esce però dalla sala delle Fonderie Limone di Moncalieri “scosso, emozionato, più forte e coraggioso”, come vorrebbe lo stesso Ferrini.
Scenografia minimal e cangiante, naso volutamente deformato, la piéce sembra suggerire fino alla fine che sia necessario essere giovani e belli per amare, come lo sono Rossana e l’ingenuo Cristiano, al contrario del brutto e anziano Cyrano, nobile d’animo, amico onesto e fidato, colto e brillante. Ma lo stesso protagonista ha sottovalutato la capacità di amare di Rossana, che si innamora dell’anima di un uomo che si nasconde, fino alla morte, per vergogna, costringendola così ad amare per quindici anni prima il defunto Cristiano, le cui lettere erano però scritte da Cyrano stesso, e poi l’ormai smascherato spadaccino.
Definita commedia in versi per lo scioglimento finale dell’inganno, la piéce è in realtà in trionfo del pregiudizio e della mancanza, così presenti nelle persone di Rossana e Cyrano, che si annullano solo nella parola scritta.
Più che parlare alla modernità, toccando temi universalmente validi, Cyrano parla al modus pensandi di chi non si vuole appiattire alla bassezza imperante del linguaggio, del pensiero, del sentimento e della speranza. Un modus pensandi di cui abbiamo tanto bisogno.
Lo spettacolo di Ferrini rimarrà nella sala delle Fonderie Limone fino al 16 dicembre.