Abbiamo fatto due chiacchiere con la mente poliedrica che sta dietro alla pagina sul gioco di ruolo più seguita d’Italia, molto attivo all’area GdR delle fiere a cui prende parte, uno degli organizzatori della seconda league multitavolo dello Stivale per numero di giocatori e una delle menti dietro a quella cosa folle che è l’Emporium Infernalis di Piazza Nizza.
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_di Giovanni Bersani
Casetta in periferia, luci soffuse, un basso su un cavalletto e il maggior quantitativo di oggetti dell’iconografia black metal che possa fisicamente stare in un salotto: tutto pronto per l’intervista a uno dei fondatori della pagina Sesso Droga e D&D e alla sua maestosa barba.
Ciao Admin T, molto piacere, è un vero onore conoscere chi sta dietro a Sesso Droga e D&D in barba e ossa. Ci presentiamo: questa non sarà un’intervista per una rivista di informazione ludica, Outsiders è una webzine che, dopo gli inizi dedicati unicamente all’approfondimento musicale, si è espansa con l’obiettivo di occuparsi di cultura a 360 gradi, quindi anche ludica.
Piacere, Gabriele. Sì, l’avevo sentita quando era solo musicale, avevo già letto qualche articolo*.
Un po’ di riscaldamento per iniziare: anzitutto Come nasce Sesso Droga e D&D [d’ora in poi SDDND per brevità]?
In realtà nasce per scherzo. [a questo punto partirebbero gli applausi registrati se ci trovassimo in una sitcom anni ’90 invece che nella dimora extrametal di Admin T]. Eravamo ubriachi attorno a un tavolo, io ero il proprietario di un locale che si chiamava Daevacian [inner adolescente metallaro crying] e ci trovavamo lì tutte le settimane a giocare a D&D, all’epoca 3.5 perché la quinta edizione non era ancora stata tradotta in italiano. Stavamo solo scherzando al tavolo, mi è venuta in mente questa cosa, con gli altri abbiamo aperto la pagina e lì per lì ci giocavamo buttandoci dentro tutte le stronzate che ci venivano in mente su D&D e sul gioco di ruolo in generale. Dopo due settimane c’erano 5000 persone sopra [secondo momento Barney Stinson] e mi sono detto che ci si sarebbe potuto fare qualcosa di più dei meme, qualcosa di utile per tutti, qualcosa di interessante per la cultura ludica; adesso facciamo anche divulgazione a tutti gli effetti per quanto riguarda tutto il mondo del gioco: da un anno e mezzo siamo partner ufficiali di Player.it e io scrivo anche per loro, anche se personalmente solo di GdR. Noi diamo visibilità a ciò che scrivono grazie alla nostra fanbase, loro ci legittimano facendoci da testata ufficiale su cui scrivere. Abbiamo scritto anche delle guide e dei consigli di cui vado abbastanza orgoglioso [ne parleremo dopo].
Il nome della pagina di certo attira il pubblico, ma ci dà anche parecchi problemi: ci siamo legati a realtà come Raven Distribution, che ha scelto di rivolgersi a un pubblico adulto e pubblica anche lo scorrettissimo Squillo di Immanuel Casto, ma non possiamo avere partnership ufficiali con case editrici e attività rivolte alle famiglie. Li capisco: se un negozio di giochi da tavolo o una casa produttrice di giochi per famiglie esponessero in vetrina o allo stand la scritta Sesso Droga e D&D e il nostro logo con le sagome del drago, della sega e del bong, si autoescluderebbero da una grossa fetta del proprio pubblico d’interesse.
Giudicando il libro dalla copertina, o meglio la pagina dal titolo, la prima impressione è che SDDND riproponga l’equazione gioco di ruolo=Dungeons & Dragons, valida agli occhi della maggior parte del grande pubblico. Basta guardare i contenuti con un minimo di attenzione per avere chiaro che vi addentriate ben più in profondità nella tana del coniglio: ora che i fan sono 95000 e che si può cominciare a parlare di dati statistici, che tipo di risposta sentite di avere dal pubblico italiano quando parlate di altro?
In effetti la prima idea era stata di chiamare la pagina Sesso droga e GdR, ma, in Italia soprattutto, D&D è ancora sinonimo di gioco di ruolo, anche se il vento sta cambiando. Quando pubblichiamo meme al 90% si parla di Dungeons & Dragons, semplicemente perché sono di più facile comprensione per tutti, e la risposta è massicciamente più attiva; i contenuti su Il richiamo di Cthulhu e mondo lovecraftiano in generale sono, nel grande gruppo degli altri, probabilmente quelli che generano più interesse.
Anche se non pubblichiamo molto a riguardo, l’unico gioco in Italia ad avere una comunità paragonabile a quella di D&D è Vampiri: la masquerade.
Vampiri merita un discorso a parte e, se ti va, dopo le domande di rito ne parliamo, ma prima proviamo a finire quelle che un’intervista a te non può non contenere. Vedendo lo stendardo della pagina, chi passa davanti all’area che presentate alle fiere si aspetterebbe qualche tavolo con party di guerrieri, maghi e paladini che affrontano orde di goblin, mentre ciò che accade ai vostri tavoli è molto diverso.
La maggior parte delle volte far giocare a D&D sarebbe inutile: la stragrande maggioranza di quelli che vanno a una fiera in cui si gioca di ruolo e si siedono a un tavolo conoscono già D&D e non c’è bisogno di presentarlo, con l’eccezione di far provare la quinta edizione, che è straordinaria, non mi stancherò mai di dirlo. Ci sono tanti altri giochi stupendi e tanti altri modi di ruolare, magari meno perfetti a livello di regole ma soprattutto meno numerici: Omen, 7th Sea e titoli del genere, recitativi, senza dadi o in cui i dadi sono quasi di contorno. Riguardo a 7th Sea, importante è stata la collaborazione con un altro nostro partner, anche se non ufficiale: i ragazzi della Need Games di Nico de Gobbis, che oltre a essere amici sono magnifici. Quando è uscito 7th Sea mi sono innamorato di quel gioco e ho deciso di promuoverlo e, tra quanto l’abbiamo spinto noi e quanto l’ha spinto Nico stesso, l’anno scorso si è portato a casa il Gioco dell’Anno a Lucca e possiamo ritenere di aver avuto un ruolo nel dargli la meritatissima risonanza che ha avuto.
Quando nomini la quinta edizione di D&D ti si illuminano gli occhi. Puoi raccontarci qualcosa di più?
In Italia l’edizione più giocata è ancora la 3.5 [la più macchinosa e burocratica di sempre n.d.A.], affiancata da una buona percentuale di giocatori di Pathfinder [sorta di edizione 3.5.1 nata quasi come rigetto alla disastrosa quarta edizione, il cui naufragio ha dimostrato che alla maggior parte di chi si siede a un tavolo per giocare di ruolo non interessa fare una partita a Diablo con schede e dadi]. Nel resto del mondo la quinta edizione ha invece venduto più di tutte le altre messe insieme! Non posso rinnegare la 3 e la 3.5, con le quali sono nato e cresciuto, ma a un certo punto ci sono state un po’ strette.
Com’è il passaggio ad altri giochi per i giocatori abituali di D&D?
La maggior parte delle volte il problema principale è rinunciare al metagaming e all’usare le espressioni del regolamento, attività che in D&D è spesso meglio tollerata che altrove: si tratta di passare da “tiro una prova di Cercare” a “questa locanda è troppo tranquilla per i miei gusti. Mentre fingo di godermi questo idromele di pessima qualità, mi guardo attorno cercando di cogliere qualche particolare che mi faccia capire che cosa sia che mi sta facendo rizzare i peli delle braccia”. Nonostante la difficoltà di questo passaggio, le sorprese migliori vengono da esperienze del genere: al raduno di Feudalesimo e libertà abbiamo organizzato un multitavolo di 7th Sea e la reazione media di quelli che passavano e assistevano per qualche minuto era “cavoli, D&D non me lo ricordavo così divertente”.
Nonostante l’esperienza positiva di provare GdR nuovi, rimane però ancora abbastanza difficile convincere i giocatori a saltare il canyon: tra le league che organizziamo, quella di D&D quinta edizione è di 40 persone, mentre quella di Warhammr 40K al momento sta facendo un po’ di fatica ad arrivare al terzo tavolo.
Nella grande maggioranza dei casi, chi non ha mai giocato di ruolo comincia con D&D o con Martelli da Guerra. Come funziona invece l’approccio di un neofita del GdR direttamente a un gioco più interpretativo?
Dipende dal gioco, ma per quel che ho visto io è magnifico. Queste persone non hanno preconcetti sull’esperienza di gioco e, invece di cercare le criticità, non solo vivono appieno l’esperienza, ma soprattutto capiscono al volo che il gioco di ruolo non è solo dadi, statistiche, build e manuali giganteschi: la parte di regolamento nel manuale di 7th Sea, che uso sempre come esempio di gioco di ruolo interpretativo, è di poche pagine, il resto è tutto sull’ambientazione.
Oltre all’area alle fiere, un altro grosso progetto gdristico a cui ti dedichi sono le league multitavolo all’Emporium Infernalis [locale di cui si parlerà parecchio su queste pagine n.d.A.].
Io e Albi, l’altro proprietario del locale e master di D&D Advanced da una vita, avevamo tirato fuori l’idea di organizzare due league; è finita che all’Emporium si gioca di ruolo tutte le sere dal martedì al venerdì e che, con 40 partecipanti, siamo a tanto così dall’essere al pari con la league di Milano, 60 giocatori, la più grande d’Italia. Ci mandano i giocatori di ruolo anche gli amici del Jolly Joker Game Cafè, che si tengono tutta la parte di giocatori di boardgame.
Oltre alle league organizzate anche altre esperienze di ruolo come le cene con delitto o sessioni di LARP [Live Action RolePlaying]?
Facciamo parecchie cene con delitto senza attori: ognuno riceve una scheda del proprio personaggio con tutti gli spunti interpretativi, senza statistiche su capacità e abilità per non spezzare il realismo, e l’indagine viene condotta unicamente parlando con gli altri giocatori e accumulando gli indizi. Per quanto riguarda il LARP siamo in trattativa con un’associazione che organizza sessioni di Vampiri: la masquerade e per ora ne sta organizzando di belle grosse, da un centinaio di giocatori: tra qualche mese dovrebbero trasferirsi da noi all’Emporium. Un sabato ogni due mesi il locale sarà chiuso al pubblico per tenere il LARP su entrambi i piani.
Vampiri! Finalmente ne possiamo riparlare.
Vampiri è stato il mio primo gioco! Nel 2002, a dodici anni, abitavo a Bruino e tutti i giorni pedalavo fino a Rivoli in un negozietto in cui giocavo a Magic. Vedevo tutti i ragazzi più grandi a un tavolo con in mano un manualone verde e sarà stato il fatto che avevo cominciato a capire che Magic era troppo dispendioso per un dodicenne che voleva coltivare anche altri interessi o sarà stata l’incredulità di vedere quei ragazzi che si divertivano come dei matti con un libro e quattro schede, ma è stata quella la spinta a compiere il primo passo in un mondo più vasto [le parole forse non saranno state esattamente queste, ma vi assicuro che gli occhi erano gli stessi del giovane estrattore di umidità di Tatooine].
Vampiri: la masquerade non è esattamente considerato un gioco da preadolescenti. Com’è stata la prima interazione con quel mondo?
[ride] Vecchio stile! Dopo mesi in cui li vedevo giocare, presi coraggio e chiesi che cosa fosse e se potessi provare. Immagina questi ragazzi da vecchia guardia e in generale la situazione: non avevamo i telefoni, molti neppure il computer in casa e quelli che ce l’avevano comunque non sapevano neanche cosa fosse una connessione decente. Niente manuali in pdf, niente riassunti, niente guide. Tra l’altro su Player.it hanno fatto uscire una guida completa a Vampiri che vi mette in grado di giocare dopo aver letto 12 pagine gratis [se non correte a leggerla adesso siete dei polli n.d.A.], ma non voglio divagare e torno alla mia esperienza: il master mi dice che devo comprare il manuale e che quando lo avrò letto tutto e sarò in grado di compilare da solo una scheda del personaggio potrò tornare e chiedere di giocare. Dopo un paio di settimane torno con il manuale letto e una scheda compilata, chiedo se è giusta e da lì ho potuto giocare. L’approccio è un po’ da Educazione siberiana, ma quei ragazzi hanno misurato solo la mia dedizione: ciò che mi metteva in grado o meno di giocare non era far già parte del loro gruppo, ma solo il dimostrare interesse per quello che si faceva a quel tavolo.
È raro che giocatori diversi dal master leggano tutti i manuali. Nella Rivoli-Novosibirsk degli Anni Zero la situazione era davvero così diversa?
Me lo ricordo bene: quei ragazzi mi dissero che se mi fossi seduto a quel tavolo senza aver letto il manuale avrei solo fatto perdere tempo a tutti. Lo scriviamo anche spesso sulla pagina, ragazzi, leggete questi benedetti manuali che se no il master piange, li vendono apposta [espressione alla Clint Eastwood indurito dalla guerra di Corea in Gran Torino].
Gestivi il Daevacian e suoni e canti in diversi progetti metal. Lo stereotipo del giocatore di ruolo nella testa dell’uomo della strada indossa esclusivamente maglie di gruppi metal. Qual è il reale rapporto tra il gioco di ruolo e il metal?
La prima risposta che potrei dare è che molti gruppi metal attingono allo stesso immaginario fantasy di parecchi giochi di ruolo: basti pensare agli Amon Amarth [che è il nome elfico del Monte Fato n.d.A.], all’album Nightfall in Middle-Earth dei Blind Guardian o alle atmosfere malinconiche e magiche degli Agalloch. Analizzando con una maggiore profondità, devo dire che in realtà i due mondi hanno meno punti di incontro di quanto si può pensare a una prima analisi: quasi tutti i metallari frequentatori del Daevacian avevano provato il gioco di ruolo e molti dei ruolatori dell’Emporium ascoltano metal, ma erano e sono in pochi a vivere appieno entrambe le realtà. C’è da considerare che fino a qualche anno fa la maggior parte dei giocatori di ruolo non brillava per abilità sociali e usciva poco e che quindi era raro che un giocatore di ruolo hardcore vivesse la musica, andasse ai concerti e comprasse i dischi, ma il vento sta cambiando. Se il mondo del gioco di ruolo si sta sdoganando, quello del metal sta purtroppo compiendo un percorso inverso: la maggior parte del pubblico metal attivo, quello che esce e va ai concerti, è over 30 e il ricambio è scarso.
Non posso negare che appena citiamo qualcosa di relativo al mondo del metal sulla pagina i fan impazziscano, ma ultimamente, tra i giocatori di ruolo che vedo fisicamente alle league, il legame si sta facendo più labile.
Non limitatamente al metal ma sul legame tra musica e gioco di ruolo, ho recentemente scritto per Player.it una guida in sette parti per i master con suggerimenti non solo sui generi, ma anche sull’utilizzo di un paio di app da dj per mixare i pezzi durante la sessione, inserire effetti sonori e in generale rendere l’esperienza di gioco più immersiva.
Concludiamo l’intervista con una domanda per rispondere alla quale sarebbe molto difficile trovare persone dotate più cognizione di causa di te, una domanda suscitata da un’inquietante sessione a Cyberpunk 2020 di qualche tempo fa: qual è il gioco di ruolo per questo momento storico e delle nostre vite?
Bello Cyberpunk 2020! È un po’ vecchio stile, ma è divertente e soprattutto descrive un mondo dietro l’angolo. In effetti ci sono parecchi punti in comune con il 2019 reale, quasi tutti i peggiori. Per il resto bisogna partire dal presupposto che il gioco di ruolo nasca per evadere dalla realtà e che quindi i punti in comune con il mondo reale siano volutamente scarsi. Il mio parere su quale possa essere un gioco di ruolo attuale per questa società è comunque da prendere con le pinze, perché girando per le fiere come Lucca o soprattutto come il Modena Play, che è il vero punto di riferimento per il gioco di ruolo in Italia, se ne vedono talmente tanti che non è fattibile provarli tutti, neanche per qualcuno che se ne occupi 24/7. Data questa premessa, mi sento di sbilanciarmi verso i giochi della Narrattiva, di cui molti donano un’esperienza di gioco coinvolgente e significativa che può aiutare anche dal punto di vista di temi sociali delicati: per esempio Cuori di mostro, di cui è recentemente uscito il secondo manuale, parla di adolescenti che si sentono dei mostri. Nel gioco sono poi effettivamente fisicamente dei mostri, ma in generale per l’approccio del gioco il mostro è visto come l’incarnazione di uno dei tanti problemi adolescenziali, come una sua personificazione ed esasperazione.
Ciò detto, è bello che ci siano giochi di ruolo che danno modo di pensare, ma non bisogna mai perdere di vista il fatto che sia un’attività ludica e che lo scopo principale sia semplicemente divertire. Da questo punto di vista, trovo personalmente più validi titoli come 7th Sea, che dal punto di vista sociale è una porcata allucinante perché John Wick, che ho avuto modo di conoscere di persona al Modena Play, ha stereotipato al massimo le nazioni europee settecentesche per creare l’ambientazione, per esempio con le vangate di pregiudizi su italiani e francesi che abitano nella testa dell’americano medio: la standardizzazione in questo caso non è dovuta all’ignoranza, ma a un preciso intento di rendere chiaro e immediatamente fruibile il mondo di gioco, perché l’importante è l’esperienza. Un mondo così spensierato è molto più fruibile e piacevole sul lungo termine: in giochi come Omen, Cani della vigna e Cuori di mostro dopo un paio di sessioni spesso si comincia a stare stretti, mentre giochi più improntati sulla longevità danno modo di esplorare il personaggio in una maniera molto più profonda e variegata.
Sommando tutti i fattori, a costo di sembrare banale, la mia risposta definitiva è che il gioco di cui abbiamo bisogno adesso sia la quinta edizione di Dungeons & Dragons. L’unione tra il regolamento perfezionato della 3.5 e l’approccio interpretativo delle prime edizioni è il gioco di ruolo definitivo e, soprattutto, è successo qualcosa di rarissimo: il manuale è piacevole da leggere. Non è a scomparti, non ci sono tabelle su tabelle né lunghi capitoli tecnici e regolistici di cui nessuno legge più di cinque pagine [parte centrale del manuale del giocatore della 3.5 con tutte le regole per il combattimento tattico, stiamo parlando con te]; i giovanissimi ci si approcciano che è una meraviglia, ha fatto avvicinare uno sproposito di persone al gioco di ruolo e, ripeto, il gigantesco successo di pubblico ha dimostrato che ce n’era bisogno. Ha creato le league, che prima erano impossibili data la nebulosità delle regole dei mille manuali della 3.5. Adesso è tutto chiaro, non c’è bisogno di home rules e le league sono una cosa meravigliosa: si esce di casa, a differenza dell’esperienza di gioco di ruolo classica con la propria ristretta cerchia di amici, ci si raduna, si incontrano persone e avvengono dei veri raduni. L’unica realtà paragonabile alle league di D&D5 è quella delle live di Vampiri, ma non stiamo parlando di un vero e proprio GdR in senso stretto, è quasi improvvisazione teatrale.
È il momento di salutarci. Qualche consiglio riassuntivo per i lettori di Outsiders?
Saltate il burrone. Giocate di ruolo. Provate più giochi che potete. Comprate i manuali. Leggeteli. Tentate con le league. Provate i LARP. Andate ai concerti. Comprate i dischi. Ogni tanto passate anche a trovarmi all’Emporium!