Il 30 agosto scorso Sea prayer è arrivato nelle librerie italiane: il nuovo libro di Khaled Hosseini, edito da SEM e curato da Roberto Saviano, è dato dall’unione di testo e immagini. Si presenta come un breve racconto illustrato dall’immensa carica emotiva, volto a scuotere i lettori di ogni età per indurre a una riflessione profonda e consapevole sul tema dell’immigrazione.
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_di Michela Gallo
Dopo cinque anni di silenzio, Khaled Hosseini, uno degli autori più attesi del panorama letterario internazionale è tornato a emozionare il suo pubblico, scegliendo questa volta una forma diversa.
Seaprayer è infatti un racconto breve, una lettera, una preghiera che scava nell’animo in modo delicato, ma intenso per arrivare a tutti, anche ai bambini. Lo scrittore afgano si esprime con le parole affidandosi però all’ausilio delle immagini, alle evocative illustrazioni dell’artista londinese Dan Williams che accompagnano l’intero racconto, rendendo la storia ancora più reale. Diverso rispetto ai romanzi precedenti per la struttura, Preghiera del mare non lo è per le importanti tematiche trattate, ponendosi come opera sul tema dell’immigrazione e dei migranti, argomento principe nell’attuale panorama mondiale.
Questioni politiche a parte, la stesura del libro è stata ispirata dalla personale esperienza dello scrittore segnata a quattordici anni, dal trasferimento negli Stati Uniti, a seguito dell’invasione sovietica in Afghanistan. Inoltre, all’immedesimazione dell’autore, si è aggiunto un ulteriore evento: la scrittura di questa lettera è stata una reazione istantanea alla morte di Alan Khurdi, il bambino siriano di tre anni che nel settembre 2015 è annegato nel Mar Mediterraneo e la cui foto ha fatto il giro del mondo.
«Ho visto Alan come genitore» racconta Hosseini. «I miei pensieri sono andati subito a suo padre, sopravvissuto al naufragio. Ho provato a immaginare come fosse essere lui, quali potessero essere i suoi pensieri. Ho voluto scrivere un tributo a quella fotografia e alle migliaia di persone che si trovano in quella stessa situazione».
La preghiera straziante è dunque quella di un padre che, di notte, su di una spiaggia, stringe tra le braccia il proprio figlio prima di imbattersi nel viaggio di speranza che potrebbe cambiargli la vita o distruggerla per sempre; un padre che è costretto a fuggire dalla sua terra ormai martoriata in cerca di un futuro migliore, seppur lontano dall’amata patria.
Preghiera del mare parla quindi di profughi, di chi affronta la traversata (spesso mortale) delle acque del Mediterraneo, cercando di mettersi dalla loro parte, entrando nei loro pensieri, nella loro pelle. Il lavoro di Hosseini è pubblicato proprio nel momento in cui l’Europa, di fronte a questa situazione, preferisce guardare da un’altra parte e alzare barriere, astratte o fisiche che siano.
Ecco l’arrivo, in risposta a tale chiusura, di un racconto dell’animo che prova a mettere in evidenza come colui il quale tutti noi chiamiamo “profugo” altro non è che un uomo il quale prova a dare a suo figlio e a se stesso un destino migliore.
«Prendi uno specchio e guardati» aggiunge Hosseini «potresti essere tu. Ognuno di noi può diventare profugo e avere la vita sconvolta da eventi imprevedibili, essere costretto ad abbandonare tutto».
L’autore inoltre, non perde mai di vista l’esempio dell’America (sua attuale nazione); un Paese migliore e più forte proprio grazie alla sua diversità, “fatto” da migranti, integratisi a fatica, ma che oggi sono piena parte del tessuto sociale.
In generale, ciò che Hosseini vuole trasmettere attraverso le parole e le immagini di Sea prayer è che fuggire dal proprio Paese non è qualcosa che la gente sceglie di fare, non è una scelta. Bisogna dunque pensare in grande e benché non esistano soluzioni semplici o rapide, l’essenziale rimane ridurre queste tragedie. Le persone non dovrebbero morire sulla nostra soglia quando neghiamo alle navi di attraccare: esiste una sacralità nella vita umana.