Il teatro Stabile con Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa presenta al teatro Gobetti, martedì 3 aprile alle 19.30 la prima nazionale di “Lear, schiavo d’amore”, una riscrittura di Marco Isidori del Re Lear di William Shakespeare.
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_di Elena Fassio
Lo spettacolo è interpretato da Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Batty La Val, Francesca Rolli, Vittorio Berger, Eduardo Botto, Nevena, Vujic’, l’Isi. Per il regista il Lear rappresenta una “grande metafora scenica degli inciampi ineludibili della vecchiezza umana, grande storia familiare, grande teatro della nostra sordità naturale della nostra condizione di viventi”. Questa è la terza avventura shakespeariana dei Marcido, dopo “Vortice del Macbeth” (2002) e “AmletOne!” (2015), sempre rappresentati con la loro caratteristica verve.
Lo spettacolo, com’è consuetudine della compagnia, respira all’interno di una scenografia molto particolare, le cui contraddittorie caratteristiche strutturali (come il castello di Lear, che diventa un sottomarino volante) sono esaltate e potenziate da un impegno drammaturgico che ha saputo privilegiare, insieme allo scavo psicologico dei personaggi (cura massima), anche e soprattutto la dimensione epica del racconto del Bardo.
Lo sviluppo della trama è quello che conosciamo, ma viene reso iconico dagli effetti visivi e dalla meraviglia che alla compagnia piace sempre ispirare, facendo recitare anche i costumi e la scenografia, affidati a Daniela Dal Cin e Francesco Dell’Elba.
Lear, re di Britannia, ormai vecchio, decide di abdicare e dividere il regno tra le tre figlie Goneril, Regan e Cordelia. Le prime due sono sposate, mentre Cordelia ha molti pretendenti e sposerà il re di Francia. Lear decide di indire una gara tra le sorelle: chi dimostrerà più affetto avrà una fetta più grande del regno, ma Cordelia rifiuta di gareggiare con le sorelle ruffiane e viene diseredata.
Quando si renderà conto di aver messo in mano il regno a due sciocche opportuniste, Lear scivolerà pian piano verso la pazzia, trovandosi accompagnato da una schiera di personaggi a cui si agganciano le trame secondarie, a mo’ di commedia.
Oggi, scegliere Shakespeare come autore, come garante di una sensibilità che contiene e rappresenta il nostro presente, significa saperne restituire l’infinita complessità dei nodi tragici, sfrondandone i rami per restituire allo spettatore moderno quel ritmo essenziale, fisiologicamente/magicamente affine al lavorio cardiaco, quella musicalità interna alla misura del verso shakespeariano che parla non solo alla ragione ma al nostro sentimento del tragico, che resta immutato nei secoli.
Lear, schiavo d’amore resterà in scena al Gobetti per due settimane, fino al 15 aprile, per poi iniziare la tournée a Monza (4 maggio), Roma (11-16 dicembre) e Milano (14-19 maggio 2019).