L’arte di Niki De Saint Phalle è un inno alla libertà

Una mostra antologica al MEF Outside e una sul parco toscano del Giardino dei Tarocchi, nel contesto dell’esibizione “Tarocchi – dal Rinascimento a oggi” presso il Museo Ettore Fico, ripercorrono l’intensa e appassionata attività di una delle scultrici più importanti del XX secolo. 

_di Miriam Corona

Niki de Saint Phalle, scultrice e artista simbolo del Nouveau Realisme, nonché unica esponente femminile, può essere considerata come il corrispettivo nel mondo dell’arte della Simone de Beauvoir letteraria. Libertà e passione sono solo due dei cardini attorno ai quali Niki volgerà tutta la sua poetica, profondamente correlata alla sua vita, rincorsa fino all’ultimo.

Nasce nel 1930 a Neuilly-sur-Seine, in Francia, da una famiglia benestante: la madre, esteticamente perfetta quanto emotivamente algida, è un’attrice americana; il padre ricco banchiere che, dopo le devastanti conseguenze della crisi del ’29, costringe la famiglia a trasferirsi a New York nel 1937. Così Niki vive la sua infanzia tra due mondi, ospite dai nonni presso il castello di Filerval, in Francia, durante le estati, e sbalestrata tra scuole pubbliche e cattoliche in America.

Il carattere strepitante emerge sin da questi anni: ribelle, “maschiaccio”, indisciplinata, fugge dagli impegni mondani della madre e fa amicizia con la “servitù”. Niki non sa ancora cosa diventerà da grande, quel che è certo è che rifiuta l’apparenza e la finzione proprie del mondo in cui vive.

Sul  suo diario personale scrive: “Corri per salvarti la vita! Dove? Lontano! Molto lontano!”. Inizia a lavorare come modella e realizza servizi per Vogue, Elle, Harper’s Bazaar continuando a reprimere un segreto del passato che riemerge fino a sfociare in un vero e proprio tormento, che la porterà alla reclusione in una casa di cura psichiatrica. Per resistere alle cure pesantissime a cui è sottoposta, Niki inizia ad incollare, disegnare e pasticciare con tutto quello che trova: è così che crea le sue prime sculture. Uscita da lì, diventerà un’artista e proverà al mondo di essere molto di più di una bella ragazza da rivista patinata.

Incontra Jean Tinguely, “amore, compagno, rivale”, un’altra anima irrequieta e appassionata con la quale passerà, tra alti e bassi, il resto della sua vita. Il suo rapporto con gli uomini non è mai stato semplice: è il 1961 e Niki, per esorcizzare l’ossessione per l’amante del momento, prende una sua camicia e la appende su un quadro, ponendo un bersaglio al posto della testa e sparandogli contro.

Scrive: “Ho sparato su mio papà, su tutti gli uomini, sui piccoli, sui grandi, sugli importanti, sui grossi, su mio fratello, la società, la Chiesa, il convento, la scuola, la mia famiglia, tutti gli uomini, ancora su mio papà, su me stessa”.

È solo in età adulta che ammette l’abuso sessuale del padre avvenuto quando aveva 12 anni, una volta che dalla rabbia ne è scaturita energia creativa che sfoga in qualsiasi canale lei abbia a disposizione. Inizia a creare le sue famose Nanas, sculture di donne giunoniche, massicce, formose, colorate in ogni loro sfaccettatura: vuole cogliere ogni aspetto della femminilità, esaltandone le forme, fino a esagerarne i connotati. La sua è una glorificazione che vuole portare alla liberazione della donna, così com’è riuscita a liberare sé stessa dalla violenza del passato e da quella dei tempi in cui vive.

Niki De Saint Phalle e Jean Tinguely

Inizia una nuova fase artistica, di lavoro intensissimo; le polveri di poliestere che manipola per le sue opere cominciano a darle problemi respiratori, ma lei non si ferma. L’incontro con Marella Caracciolo Agnelli segna l’inizio del suo lavoro più monumentale, Il Giardino dei Tarocchi, che sorge sul terreno toscano da lei donatole, stuzzicata dall’idea di realizzare un parco nello stile del Parco Güell di Gaudì. Vi lavora ininterrottamente per 20 anni, facendo delle sue sculture (che realizza due alla volta – per equilibrare le energie cosmiche) anche la sua dimora.

“È mio destino creare un luogo in cui le persone possano andare ed essere felici: un giardino di gioia”.

L’impresa si rivela fin dall’inizio titanica e per questo motivo Niki decide di autofinanziarsi in modo indipendente creando una sua linea di profumi, riscontrando molto successo, e di realizzare serigrafie da rivendere sul mercato collezionistico. Si circonda di un team di fedeli collaboratori per la realizzazione di quello che vuole essere un percorso esoterico, iniziatico e di auto-conoscenza, celebrando l’armonia tra le opere e la natura e pensando espressamente alla felicità e al divertimento del pubblico.

 

Presso il MEF Outside, il nuovo spazio del Museo Ettore Fico dislocato in Via F. Juvarra, si tiene una mostra antologica che contiene tutte le opere più significative dell’artista ripercorrendo le fasi della sua vita, dalle prime sculture-collage alle nanas e gli schizzi preparatori per i suoi lavori.

L’esibizione si apre partendo dai primi anni ’60, durante i quali utilizza il compensato come base per dipingere e incollare oggetti di varia natura: tazzine, forbici, ceramiche, bottini, chiodi. Lavori eternamente “incompiuti” come ci suggerisce la scritta che lascia su alcuni dei suoi lavori: “Pas fini”.

Col passare del tempo i suoi quadri diventano più minimal, quasi concettuali, fino a quando trova la sua dimensione ideale nella realizzazione di sculture, specialmente femminili, corpi dal ventre abbondante e fecondo che esaltano la femminilità, dedicate, come afferma l’artista stessa, alle donne di tutto il mondo. Ceramiche, specchi e mosaici abbondano nella produzione di Niki: i colori e la luce sono il fil rouge della sua poetica, simboli di rinascita e libertà, ricerche costanti nella vita personale che non verranno interrotte nemmeno dalla malattia, sopraggiunta proprio a causa della manipolazione dei materiali che utilizzava per le sculture.

Tra i quadri raffiguranti le coloratissime donne prorompenti e danzanti, una Nana gonfiabile è appesa nel mezzo della stanza, una raffinatezza derivante dallo spirito sempre giocoso e giovane di Niki. A concludere la mostra, una mappa dell’Italia con inscritti tutti i nomi delle figure artistiche, letterarie e pubbliche e delle caratteristiche italiane che le sono state d’ispirazione.

Negli spazi del Museo Ettore Fico, dedicati a un’esposizione sulla storia dei tarocchi, si dedica un ruolo importante al contributo di Niki de Saint Phalle a questo mondo, ripercorso tramite le tappe più importanti della costruzione del Giardino dei Tarocchi.

IL MAGO

Il dominio, la regalità, l’inizio: ispirato all’iconografia del cristo pantocrate delle cattedrali di Monreale e Cefalù, Niki de Saint Phalle reinterpreta la prima carta dei tarocchi con un’immensa mano ricoperta di specchi e ceramiche. Siamo nel 1987 e in Italia si avvia un programma di rafforzamento delle centrali nucleari sul territorio, tra le quali una vicina al Giardino: la mano alzata vuole anche essere un tentativo di impedirne la costruzione e fermare la proliferazione nucleare.

LA PAPESSA

Simbolo di forza generatrice e di intuizione femminile, la figura della Papessa non a caso è la più imponente del Giardino: un immenso volto con la bocca spalancata dalla quale scaturisce una cascata d’acqua cristallina che, riversandosi su una scala di ceramica, forma una fontana. Questa tipologia di rifà alla figura del dio-giaguaro, animale che abita l’infra-mondo e dal quale scaturisce la nascita di ogni individuo, significato che rafforza gli aspetti legati alla maternità e alla fertilità, propri del mondo femminile.

L’IMPERATRICE

“Volevo inventare una nuova madre – una dea madre, e nelle sue viscere rinascere”: così Niki parla dell’Imperatrice, la scultura più autobiografica del parco. Infatti essa è anche una vera e propria abitazione, in cui vengono installate una camera da letto, un bagno, una cucina e un soggiorno, il tutto interamente ricoperto di specchi che riflettono la luce dall’esterno rendendo gli ambienti colmi di riflessi luminosissimi. L’esterno ha le sembianze di una Sfinge incoronata, dai prominenti seni che fungono anche da finestre. L’artista ha voluto sintetizzare tutte le sfaccettature di una figura femminile che è “una grande dea, regina del cielo, madre, puttana, il sacro magico, l’emozione e la civiltà”.

L’IMPERATORE

La carta del maschile è grande e accogliente ma, a differenza di quelle femminili che sono chiuse e protettive, esso è anche aperto e si staglia verso il cielo come un palazzo. Simbolo dell’ambizione e del potere consolidato, richiama oggetti svariati, tra cui i calchi dei volti di tutti coloro che hanno collaborato alla creazione del Giardino dei Tarocchi, corredati dei loro nomi riprodotti in murrine attorno ad una delle colonne del loggiato.

IL PAPA

Opera preferita di Tinguely, che ne saldò la struttura “in solitaria” e che adotta la tecnica filiforme detta skinny. Attraverso questa carta si conquista la saggezza spirituale, grazie alla sua ambivalenza di guru e libro. È la chiave che decifra i misteri.

GLI AMANTI

È la sesta carta e racchiude il concetto di dualità e di opposti. Niki risale alla vicenda biblica di Adamo ed Eva, ritratti intenti a mangiare il frutto proibito mentre il serpente, in agguato, striscia alle loro spalle. La scena è collocata in un ambiente bucolico e a tratti idilliaco: i due amanti, seduti su un masso nero, sono simbolicamente i primi ad aver compiuto l’atto di una scelta, seppur sbagliata, indicandoci che gli errori possono portare a capire meglio noi stessi.

IL CARRO

Per la carta del Carro, Niki si attiene strettamente alla simbologia della filosofia platonica secondo la quale l’anima, dopo la morte, viene lacerata da due cavalli, uno bianco e uno nero, che spingevano in direzioni opposte – la Ragione e l’Istinto. Qui l’artista riduce il carro a un carretto giocattolo, e sostituisce la figura del re con quella della regina.

LA GIUSTIZIA

Essa indica la conoscenza di noi stessi. Si presenta come una grande matrona, interamente ricoperta di piastrelle bianche e nere che riprendono l’aspetto del campanile del Duomo di Siena, mentre sostiene grazie ai suoi grandi seni una bilancia. Al suo interno, è scavata una grotta nella quale è riposta una scultura in movimento creata da Jean Tinguely con vecchi ferri, macchinari cigolanti e teschi di animali.

L’APPESO, L’EREMITA, IL FOLLE

Le tre figure maschili, “blu Klein” nel corpo, variopinte negli altri elementi che le compongono, appaiono come delle sculture quasi incorporee, scolpite nel vuoto, silhouette minimaliste e geometriche (denominate skinnies) che contrastano le figure femminili, sempre tonde, morbide e abbondanti. Chiari riferimenti alla figura del padre di Niki, vuoto ed evanescente, simboleggiano rispettivamente la rinascita, la ricerca e la spensieratezza. Quest’ultima è quella in cui l’artista di identifica maggiormente: il vagabondare fisico e intellettuale, il dinamismo, la velocità, la leggerezza, caratteristiche proprie di Niki, che sugli skinnies afferma: “Potete scorgere la natura o il cielo attraverso di essi. Invito lo spettatore a guardare con me attraverso le mie sculture. L’aria è entrata nella mia vita”.

LA RUOTA DELLA FORTUNA

L’opera, realizzata da Jean Tinguely, è una vera e propria opera mobile in perenne movimento che succhia e spruzza l’acqua proveniente dalla Papessa, assumendo una connotazione positiva poiché riceve nutrimento, e dunque vita, dalla sorgente femminile.

LA FORZA

È  l’opera più classica del giardino, ispirata alla raffigurazione di Paolo Uccello della leggenda di San Giorgio contro il drago, in cui il Male viene sconfitto dal Bene. In questa versione, una giovane donna tiene testa al mostro affrontandolo con una roccia, riscatto personale verso gli abusi del padre nei confronti di Niki.

LA MORTE

La Morte di Niki de Saint Phalle è un’amazzone con falce che miete le proprie vittime sopra un destriero coperto con un manto blu stellato, la notte che cala sulla vita delle anime appena mietute. La scultura di presenta come un vero e proprio monumento equestre, sopra un grande basamento di piastrelle verdi al centro di una radura. Questo è uno dei tanti esempi di come l’arte classica italiana abbia fortemente influenzato Niki, specialmente quella rinascimentale toscana, nella quale si immerse completamente.

LA TEMPERANZA

La Temperanza rappresenta alcuni dei momenti cardini della vita personale dell’artista: quando il suo compagno di vita e di lavoro Jean Tinguely si ammala, e poi guarisce, e quando alcuni dei suoi amici più cari muoiono a causa dell’AIDS. Essa è quella la riconduce sulla via dell’illuminazione e dell’accettazione di eventi sconvolgenti e dolorosi come quelli della morte delle persone a lei care. Una donna alata travasa da due anfore, che tiene nelle mani, un liquido rosso rappresentato come un nastro, simboleggiando l’equilibrio e la tolleranza verso gli eventi della vita. L’angelo è posto anche come guardiano di una cripta nella quale sono poste le foto dei defunti cari all’artista, posizionate sotto una Madonna nera sopra un altarino di maioliche policrome.

IL DIAVOLO

La ferita della violenza del padre riemerge ancora una volta nella figura del diavolo, simbolo del male e della sessualità incontrollata. Esso è dotato di un pene tripartito e gli mancano gli arti finali, senza i quali gli rimangono degli avambracci usati anch’essi per fare violenza. È accompagnato da due figure di diavoletti, dotati di zoccoli equini, ed è ispirato alla composizione del Giudizio Universale di Buffalmacco del Camposanto di Pisa, nel quale demoni alati volano per afferrare le anime peccatrice aiutati da piccoli diavoli.

LA TORRE

La Torre è rappresentata come un palazzo privo di tetto, nella cui apertura passa un carro nero ricoperto di specchietti che riflettono il cielo, opera di Jean Tinguely. La scena, che sembra una catastrofe urbana causata da qualche cataclisma naturale, in realtà ha un significato positivo perché denota la possibilità di cambiamento che può rivelarsi utile anche in situazioni difficili. “Le costruzioni mentali complesse devono crollare. Bisogna rompere i muri mentali e guardarvi attraverso”.

LA STELLA

L’iconografia della stella è quella di una donna senza vestiti in riva a un ruscello che rovescia acqua da due brocche che tiene in mano: una sulla terra, l’altra nell’acqua stessa. La donna in questione è una delle classiche nane di Niki, ricoperta di specchi e dalle forme generose, con un volto sereno che esprime gioia. È l’immagine della speranza e dell’alba.

LA LUNA

Essa rimane fedele alla raffigurazione classica dei tarocchi: due cani ululano alla luna mentre un gambero emerge da uno specchio d’acqua. L’artista non si sbizzarrisce in questo caso: si limita a rappresentarne la silhouette che inquadra il paesaggio.

IL SOLE

Un arco blu, sopra il quale è appollaiato un pappagallo variopinto, si biforca in due passaggi che portano a due percorsi diversi, a scelta del visitatore. Siamo dunque posti di fronte a una scelta nella quale una via esclude l’altra, ma in realtà dopo poco i cammini si ricongiungono, riportandoci sui nostri passi, come se qualunque opzione non cambi la nostra situazione.

IL GIUDIZIO

L’opera, un dettaglio all’interno della grande scultura abitabile dell’Imperatrice, rappresenta tre personaggi che escono da una tomba nera grazie all’intervento di un angelo che, soffiando una tromba, li riporta in vita dal sonno eterno. Il fatto che la scultura si “perda” a causa della sua posizione sottolinea il poco valore che l’artista attribuisce al Giudizio Universale, momento in cui ogni cosa viene soppesata, giudicata, vagliata.

IL MONDO

Tra le fronde del parco, un’enorme nana blu Klein sovrasta una sfera ricoperta interamente di specchietti dorati. Essa si libra in aria, le braccia spiegate come una Nike vittoriosa, mentre un serpente a strisce (simbolo caro a Niki) cerca di trattenerla e di impedirle di lasciarla libera. Ancora una volta la figura femminile si sposa con la natura che la circonda, creando un sodalizio fecondo.

L’ALBERO DELLA VITA

Elemento spurio ma non dissonante dal resto del parco, inserito secondo il bisogno di avere una rappresentanza di valori e significati contemporanei. Da una base tozza sgorgano dei serpenti come quelli della testa della Gorgona, non spaventosi, bensì innocui e quasi buffi grazie al loro aspetto sgargiante. I

l vero messaggio, di natura sociale, sta alla base della scultura, sulla quale sono iscritte numerose frasi di denuncia e protesta con simboli di pace e amore. Un simbolismo che non si limita all’evidente iconografia dell’albero e del serpente in ambito biblico, ma vuole superarlo, contaminato dagli eventi personali della vita di Niki, di cui è presente un piccolo autoritratto piangente all’interno di una piastrella spezzata.

“Le mie lacrime sono delle piccole stalattiti pietrificate e taglienti. Adoro disegnare le lacrime”.