Una notte “allegra vivacissima e guerriera”: l’Ingresso all’Orchestra Filarmonica di Torino

La stagione concertistica 2017/2018 dell’Orchestra Filarmonica di Torino si apre con lo stile italiano di Schubert e i sogni scozzesi di Mendelssohn: un ottimo ingresso da parte di Giampaolo Pretto e preludio ad un ” giro di casa” pieno di novità.

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_di Silvia Ferrannini
Più che un cordiale benvenuto, l’Ingresso dell’Orchestra Filarmonica di Torino è una composta ma coloratissima cerimonia. Ci fa avanzare, con intima ma gioviale accoglienza, un freschissimo Schubert in stile italiano: come non sentirsi dunque a casa fin dal primo momento?
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L’ouverture in do maggiore In stile italiano denuncia l’aspirazione del ventenne Franz a creare un connubio tra l’italianità à la Rossini (in grandissima voga nella Vienna negli anni tra il 1816 e il 1819) e la tradizione austro-tedesca: l’apertura è pienamente haydniana, stemperata dalla soavità dei fiati e pronta poi ad erompere in vitalità melodica: è la gioia dell’arrivo dell’Altro, che sia Rossini, un caro amico o, semplicemente, voi ascoltatori.
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E tuttavia anche nella vivacità più scoperta Schubert è compagno di amabili conversazioni. Nel corso di tutta l’ouverture si effonde una sensazione di confidenza, un sussurrato messaggio da parte del compositore che ci chiede uno scambio: la sua spontanea affabilità in cambio del nostro affetto.
La poetica schubertiana non tenta mai d’imporsi come scienza musicale, non sa cosa farsene della pomposità dei gran concerti, ma sceglie il piacere dell’orecchio e la gioia del motivo che torna, come una familiare certezza. Qui si compie la semplice bellezza della sua arte, riproposta magnificamente dai giovani musicisti dell’Orchestra Filarmonica torinese, i quali, forse proprio nelle inflessioni carezzevoli della musica schubertiana, ritrovano le conversazioni, le confessioni, i giochi delle loro serate con gli amici.
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«Il Romanticismo che ha aperto le porte alla stagione concertistica
dell’Orchestra Filarmonica ha allettato l’uditorio dall’inizio alla fine,
grazie anche alla splendida direzione d’orchestra di Giampaolo Pretto»

Mendelssohn aveva un temperamento diverso. Nasce nel 1809, anno in cui Haydn muore: il passaggio di testimone che in questo frangente ha luogo è fondamentale per la maturazione della poetica musicale romantica. Il giovane Felix diverrà incarnazione del transito tra il grande Classicismo e l’età romantica: infatti egli è un compositore sostanzialmente narrativo, cantore di storie cariche di colori, ora dolci, ora furenti, ora sinuosi; eppure non s’abbandona all’eccesso degli ardori giovanili, non perde la sua compostezza.
Quando nell’agosto del 1829 s’imbarca per la Scozia insieme ad un amico, Mendelssohn andrà alla ricerca di una grotta sull’isola di Staffa, nelle Ebridi, chiamata poi “Fingal” dai Canti di Ossian (che il compositore aveva letto e amato). L’ouverture da Le Ebridi gronda di marina lucentezza e trasporta sorprendentemente in una dimensione davvero altra, lontana, mitologica – e quanta precisione c’è nell’indicazione di tempo: allegro vivacissimo e guerriero. Il compositore qui fissa una scena e crea un concerto autosufficiente, precorrendo così un modulo che diverrà poi caratteristico della composizione musicale d’età romantica.
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Evidentemente la Scozia è stata per Mendelssohn fino alla fine sinonimo di bellezza straniera, se si pensa che da quel viaggio del 1829 portò con sé altre immagini visive e musicali: Edimburgo, le Highlands, il Castello di Stirling arroccato su un vulcano, la Cappella Reale in rovina in cui Maria Stuarda fu incoronata. Da grande orchestratore quale era ed erede, in un certo modo, dell’abilità weberiana nella combinazione dei timbri, Mendelssohn conservò queste suggestioni musicali che rimasero pressoché intatte fino al compimento di un’opera che ebbe, in realtà, una gestazione lunghissima: la Sinfonia n.3 in la minore op.56, la Scozzese, completata nel 1841. Questo lavoro è riflesso di un fantastico romantico mai angoscioso, mai bleeky, bensì magico e irreale, tutto spumeggiante di onde irrequiete e cieli lontani. Mendelssohn tuttavia non perde mai il controllo: il miracolo della musica mendelssohniana che ha preso corpo al Conservatorio è la possibilità di misura nel culmine della gioia creativa.
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Che sia soave come quello schubertiano o felice come quello mendelssohniano, il Romanticismo che ha aperto le porte alla stagione concertistica dell’Orchestra Filarmonica ha allettato l’uditorio dall’inizio alla fine, grazie anche alla splendida direzione d’orchestra di Giampaolo Pretto. E il giro della casa è solo all’inizio…