Le Luci Della Centrale Elettrica: il giro del mondo con Vasco Brondi

Il tour di presentazione di “Terra”, fa tappa al Flowers Festival di Collegno: Vasco Brondi e soci portano sul palco della location torinese i pezzi del nuovo album per un concerto che racconta il globo dall’Europa all’Africa.


_di Alessia Giazzi

Sto leggendo un libro, parla di isole remote e di cartografia. Le pagine azzurre raccontano terre che non vedrò mai, ne tracciano i confini e la geografia, ne evocano profumi e colori: comodamente seduta in treno viaggio dal Mar Glaciale Artico all’Oceano Indiano. “Se è possibile viaggiare intorno al globo, allora la vera sfida consiste nel restare a casa e scoprire il mondo da lì.” recita la prefazione: è possibile scoprire il mondo restando nella propria città? Se ripenso al concerto de Le Luci Della Centrale Elettrica al Flowers Festival, la risposta è decisamente sì.

Vasco Brondi approda sul palco del festival torinese giovedì 20 luglio per la tranche estiva del tour di presentazione di “Terra”, uscito a marzo per La Tempesta dischi, un album che già conteneva la promessa implicita di esplorazioni musicali attorno al globo e che ora, insieme al cantautore ferrarese, macina le centinaia di chilometri che lo porteranno fino al palco dello Sziget Festival.

Il nostro giro del mondo in un live inizia con Yasmine Hamdan, la musicista libanese che ha incantato Jim Jarmusch apparendo in “Only lovers left alive”. Le sonorità mediorientali, le chitarre elettriche e il cantato in arabo ci proiettano anni luce dal cortile della Lavanderia a Vapore.

Le Luci Della Centrale Elettrica entrano in scena accompagnati dal fondale su cui campeggiano le Seven Magic Mountains, opera di land art di Ugo Rondinoni, visual di “Terra”.

Devo essere sincera: mi aspettavo un concerto di quelli da narcolessia immediata, invece mi sono dovuta ricredere. Alle canzoni da ballare abbracciati forte si alternano quei pezzi fatti apposta per saltare e cantare a squarciagola.

A brani di “Terra” come “Qui”, “Coprifuoco”, “Waltz degli scafisti” si alternano quei classici che il scaldano i fan di Brondi come “Quando tornerai dall’estero”, “I Sonic Youth” e “La terra, l’Emilia, la luna”. Vasco Brondi imbraccia la chitarra, balla sul palco sui pezzi più ritmati e si prende spazio per raccontare di Alda Merini e del suo pianoforte da dieci milioni di lire o per introdurre “C’eravamo abbastanza amati” citando Paz, descrivendo il pezzo come una tragedia di Shakespeare ambientata in provincia, sintesi perfetta della relatività dei testi de Le Luci della Centrale Elettrica.

Vasco Brondi, con suo modo a tratti prolisso e logorroico, mette in poesia storie di vita quotidiana dalle più diverse latitudini, tra scafisti che si orientano con le stelle, abitanti “di questo pianeta chiamato Terra” e supereroi vulnerabili.

Sono più racconti che canzoni: la metrica si scorda della musica e infila le parole seguendo lo stream of consciousness tipico di Brondi. Quello che conquista del cantautore ferrarese è il suo essere normale, comune, con la sua t-shirt rossa sui pantaloni neri e quel ballare impacciato. Il suo calore è per le persone che lo circondano: il live si chiude con la band radunata al bordo del palco che si abbraccia e dedica gli ultimi applausi al proprio pubblico.

Stasera l’abbiamo quasi toccato con mano: Toronto è come Varese e il mondo si misura in sensazioni. Le percussioni africaneggianti ci hanno portato fino all’equatore mentre il flusso infinito di parole di Vasco Brondi ci ha trasportati in giro per Italia e Europa. Senza muoverci dal palco, siamo stati l’equipaggio di una spedizione attorno al mondo durata una serata intera.