Una dedica a Magda: la compagnia teatrale Focus2 alla Cavallerizza Reale

Approdo alla Cavallerizza Reale della Compagnia teatrale Focus2 con “La durata di un inverno”, nell’ambito del festival HERE X. Dirette da Giulia Lombezzi, Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan, che qui si raccontano.


_di Silvia Ferrannini

Quel che accade nel ridottissimo perimetro della stanza al centro della scena è visto dallo spettatore come da una finestra. Perché chi c’è dentro non lo guarda proprio, non sa della sua presenza, ed è forse troppo impegnato a convivere con gli spettri che lì dentro vivono e assumono la forma dei cosmetici, dei vestiti provocanti, dei materassini gonfiabili….e della visita del cliente. La stufa elettrica non è potente come i fischi del vento che spira tra le crepe dei muri, le giacche che avvolgono Tea e Andrea opprimono il corpo, fragile approdo degli uomini con i loro microcosmi di desideri, scontenti e perversioni. Cala immediatamente l’inverno, e avvolge lo spazio intero.

Ma è proprio qui, per necessità ma anche per empatia (e forse per pietà) che si avvia il cammino verso l’amicizia fra le due, dapprima segnata dal disincanto e dalla diffidenza ma destinata a diventare imprescindibile: l’inverno è ancora lungo e bisogna affrontarlo in due, anche se lo spazio è insufficiente e la distanza fra le due immensa. Quando la primavera è il sogno di un altrove, si è pronti a cercarci e a trovarci molto più simili, molto più umani.

Tea e Andrea sono le protagonsite de La durata dell’inverno, scritto e diretto da Giulia Lombezzi, che debuttò ad aprile in Puglia (presso la Corte de Miracoli a Maglie) e vinse il Premio della Giuria al Concorso PILLOLE presso il Teatro Studio Uno di Roma. Nel novembre 2016 vince il PREMIO “Donne e Teatro 2016”.

A dare volto e voce alle due, le attrici Eleonora Gusmano e Ania Rizzi Bogdan, torinese trapiantata a Roma l’una e metà russa e metà ucraina ma italiana d’adozione l’altra. Dal loro incontro nasce la Compagnia Focus2: siamo a Roma, è il 2014 e il primo spettacolo Mis (s) fit che debutta al ROMA FRINGE FESTIVAL 2014 e ottiene un buon riscontro di pubblico e di critica.

Nell’aprile del 2015 nasce il secondo spettacolo, La collezione, regia di Davide Sacco, finalista al concorso Nazionale I Corti Teatrali al Teatro dell’Angelo a Roma e Vincitore del Premio MIGLIOR INTERPRETAZIONE.

Confronto continuo (con il territorio, gli amanti e non del teatro, con le varie forme d’arte), ricerca di un linguaggio che passi attraverso il corpo e la voce e una spiccata attitudine al lavoro di gruppo e al work in progress: questi gli ingredienti fondamentali del loro modus operandi.

LA DURATA DI UN INVERNO
approda al MILANO OFF FIL FESTIVAL
DALL’11 al 18 giugno

Per cominciare, una breve introduzione allo spettacolo…

E: La durata di un inverno è il terzo spettacolo della nostra compagnia, e nasce dal percorso di studio che stiamo facendo: l’analisi delle dinamiche di potere tra donne (di cui trattiamo già nel primo spettacolo, Mis(s)fit, e anche nel secondo, La collezione, dove si affaccia anche l’Est Europa). Questo interesse nasce anche dal fatto di essere entrambe sostanzialmente delle estranee a Roma: io torinese, Ania metà russa metà ucraina..quindi l’Est c’era anche nella nostra storia personale. Nello spettacolo abbiamo scelto di invertire i ruoli (è Eleonora ad interpretare la novizia prostituta rumena Andrea, ndr): era un sentirsi diverse, estranee anche questo. Forse anche il nostro lavoro sul corpo ci ha spinto ad affrontare poi il tema della prostituzione, della femminilità, della maternità mancata.

In effetti di questi tempi, in cui il femminismo o sedicente tale fa sentire potentemente la sua voce, è interessante vedere come questo discorso venga affrontato in teatro. Che lavoro avete fatto sotto il punto di vista della drammaturgia?

A: La drammaturgia è di Giulia Lombezzi, con cui Eleonora ha fatto un seminario alla Biennale di Venezia un paio d’anni fa…

E: Lavorammo soprattutto sulla drammaturgia collettiva. Il lavoro teatrale contemporaneo si svolge soprattutto così: il drammaturgo non redige un testo che poi gli attori porteranno sulla scena, ma indirizza gli attori fornendo loro una scena, sulla quale poi loro improvviseranno: tutto quel che viene fuori da qui viene annotato. Quindi chi scrive il testo fornisce delle linee guida, ma è pronto a intervenire se ritiene che l’attore debba muoversi diversamente.

A: In questo caso noi avevamo già il soggetto: lavorare sul tema della tratta delle bianche. Giulia ha trascorso due mesi a fare delle ricerche, attraverso ogni canale possibile: quello che raccontiamo nello spettacolo è verità, tutto visto e testimoniato. Questo il canovaccio con cui è venuta a Roma: da lì per dieci giorni abbiamo lavorato improvvisando.

Spiegateci il titolo. Perché l’avete ritenuto calzante per il vostro spettacolo?

E: Ci sono vari livelli di lettura del titolo: nello spettacolo c’è la risposta a questa domanda. Il mio personaggio Andrea promette alle figlie che tornerà alla fine dell’inverno..ma quanto dura questo inverno? È l’inverno dentro un luogo non agevole, immerso in una situazione precaria. La durata qui è il permanere di uno stato, di una situazione. Non è il tempo delle lancette, ma quello emotivo.

A: L’inverno è anche la stagione in cui si cerca riparo, e l’amicizia può esserlo. L’idea della stanza è legata anche a questo: abbiamo visto un reportage in cui una tale Magda viveva in una catapecchia insieme a un’altra prostituta nella periferia di Milano, con i materassini gonfiabili e le stufette che non funzionano. Ecco perché questo spettacolo è “dedicato a tutte le Magde”.

«Vorremmo che il nostro pubblico empatizzi, che rida e pianga con noi»

E oltre alla denuncia sociale avete la volontà di mostrare la nascita di una sintonia.

E: Certamente; la tematica sociale diventa un dato di fondo che viene raccontato però tramite lo sviluppo di un rapporto. In La durata di un inverno raccontiamo la nascita di un’amicizia, e la prostituzione è il dato sociale sotteso che vogliamo rendere più facilmente fruibile raccontandolo in modo più “deviato”, agganciandolo a una storia. Andrea e Tea sono prima di tutto donne, poi prostitute.

A: Le due protagoniste sono nate dal canovaccio e dal nostro lavoro sul corpo.. sono caratterizzate da un modo di camminare, di parlare, di guardare. Si lavora sul corpo.

Come vorreste che reagisse il pubblico al vostro spettacolo?

Vorremmo che il nostro pubblico “empatizzi”, che rida e pianga con noi.

Raccontateci qualcosa di voi.

A: Sono nata a Kiev, ho vissuto in Siberia e a nove anni mi sono trasferita a Roma. La mia formazione è…di architetto. Ho sempre fatto teatro di nascosto, ma quando ho capito che la mia “fame” era troppo forte per essere ignorata, allora ho dirottato il percorso. Ed è presso la Compagnia Teatrale JPGL che ho conosciuto Eleonora.

E: Lo snodo è stato proprio lì: la Compagnia nacque a Roma nel 2013, diretta dal regista colombiano Juan Diego Puerta Lopez (il quale, fra le altre cose, ha ottenuto successo nel 2010 con lo spettacolo La notte poco prima della foresta di Bernard-Marie Koltes con l’interpretazione di Claudio Santamaria e con musica originale di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, ndr): lavoravamo soprattutto sul teatro-danza. Poi la compagnia si è sciolta, ma io e Ania ci siamo trovate in sintonia e abbiamo deciso di proseguire insieme. Certo, ognuna di noi poi segue altri progetti in autonomia: è proprio questa indipendenza a renderci forti.

A: E’ stato, è e continuerà ad essere molto difficile affermarsi, ma siamo felici dei risultati che stiamo raggiungendo.

E: Io invece mi sono formata presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di pianoforte principale; l’ho studiato per sette anni, e sono poi entrata nel coro di voci bianche Piccoli Cantori di Torino: rimango lì per dieci anni. Ma una volta diplomata, è la recitazione che ho scelto: ho iniziato a studiare presso l’Accademia Sergio Tofano, diretta da Mario Brusa.

Quando e come vi siete scelte come compagne?

A: Dentro la Compagnia siamo semplicemente diventante amiche. In modo naturale e graduale. Eleonora mi ha avvicinato allo studio dei maestri americani, dell’actor center, e da lì è nato tutto in modo molto spontaneo.

Qual è stata la prima vostra grande soddisfazione, quella che vi ha fatto dire “sì, siamo sulla strada giusta”?

A: Direi di sì perché per due anni di seguito con il nostro secondo spettacolo La collezione siamo sempre arrivate seconde negli spettacoli nazionali a cui abbiamo preso parte.(risata generale). Si tratta comunque di un lavoro molto sperimentale, con luci al neon, costumi particolari…forse un po’ difficile da digerire per il pubblico italiano, che fondamentalmente vuole ridere.

E: E’ difficile per gli altri capire ed immedesimarsi nella vita di un’artista. Ma noi ci sentiamo sulla giusta strada.

Qual è la vostra giornata tipo?

A: Naturalmente facciamo anche altri lavori per sopravvivere, altrimenti non ce la facciamo…Eleonora dà ripetizioni, io gestisco la contabilità in un negozio alimentare. Andiamo continuamente a caccia di bandi, festival, residenze..davanti al pc a cercare opportunità. Ovviamente ci sono anche le prove: avevamo una sala prova a Pigneto e ora ci stiamo spostando al Fusolab, un’università popolare. Probabilmente l’anno prossimo terremo un corso teatrale nostro proprio là!