Il cantautore texano incanta nella sua data torinese.
di Michele Sarda – Chissà cosa passa nella testa del figlio di Larry nel tragitto tra Stuttgart e Torino in questo freddo febbraio. Forse di fronte a tutto quell’oceano di alberi e neve strabuzza gli occhi ormai incorniciati da una raggiera di solchi come crepe nel terreno arido, occhi abituati ad assottigliarsi per proteggersi dal sole bruciante. Chissà se il figlio del Texas, nelle poche centinaia di chilometri che separano Torino da Chiari e Chiari da Cantù, pensa a quando tornerà a casa e suonerà una sera a Denton e la sera successiva a Helotes, entrambe nello stato della stella solitaria ma a cinque ore di distanza.
Lo scenario torinese più vicino a quello dell’abituale Austin, dove James e soci si esibiscono “every thursday night”, è proprio quello dell’inossidabile Folk Club. Magari il pubblico in Texas non è così attento e silenzioso, ma molto probabilmente non è sempre così partecipe e caloroso, così come scommetto che l’acustica non è curata come nello storico basement torinese.

La continua ricerca di nuove accordature aperte è forse un modo per inseguire l’eco assordante degli spazi infiniti del suo paese e del sonnolento susseguirsi delle storie da raccontare al tramonto con lo sguardo verso un orizzonte che sembra dall’altra parte del mondo.
Chissà se la dilatazione narrativa e strumentale di canzoni come No more buffalo o Too long in the wasteland è un modo per replicare, descrivere e catturare il languido fluire delle infinite ore di niente degli States, o se tutto questo abbia a che fare con i ritmi del grande romanzo americano, quei ritmi che suo padre conosce così bene. Magari, invece, è stata la sua città natale, Forth Worth, la stessa di Townes Van Zandt, a trasmettere a James i sacri geni del songwriting.
A fine concerto, l’impressione è che i 26 anni che separano Painting by numbers (“che sarebbe dovuta essere la mia prima hit”) dalla recente These things I’ve come to know siano in verità un battito di ciglia.
Mentre James McMurtry si esibisce su quel piccolo palco, il pubblico, riverente ed entusiasta, si lascia trasportare fino ad immedesimarsi perfettamente nei personaggi delle sue canzoni. L’atmosfera è così coinvolgente da arrivare al punto in cui in questo caldo scantinato, pur essendo una fredda serata di fine febbraio a Torino, si respira aria di Texas, aria di casa.
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Credits img di copertina: Andrea Pavan