Pall Jenkins: soliloquio di un “black heart”

Le ballate crepuscolari del chitarrista dei leggendari Black Heart Procession in concerto allo Zo di Catania. 

 di Federica Garozzo  –  Pall Jenkins è noto ai più per esser stato la voce dei Black Heart Procession, realtà affermata nel panorama indipendente americano, nata in quella terra di surfisti che è San Diego e momentaneamente (?) interrotta. Ma Jenkins non si ferma, anzi, tenta di trovare sempre nuove dimore in cui poter collocare le proprie inquietudini, all’ultima delle quali ha dato il nome di Yukon Dreams (progetto condiviso con l’amico Larry Yes), che l’ha portato in giro per l’Italia. Catania non è però una tappa come le altre, ma piuttosto un ritorno in un luogo che le sue origini conoscono come “casa”. La sala di Zo è allestita in un modo consono al paesaggio sonoro che di lì a poco verrà disegnato: tavolinetti con le sedie e qualche panca sparsa; un palco in penombra, illuminato soltanto da un cono di luce, al centro. E una birra fresca.

«La poetica di Jenkins – fra abbandoni e naufragi – fa del tramonto la propria dimora esistenziale»

Jenkins fa il suo ingresso con fare dimesso, e poco prima di iniziare a suonare, inforca i suoi immancabili occhiali da sole. Il solo show parte con le note di uno dei due brani cantati del nuovo Little Worlds, On theWater. Veniamo così gettati d’emblée nella poetica di Jenkins che, fra abbandoni, naufragi nel passato e cose mai fatte, fa del tramonto la propria dimora esistenziale. Una voce straziante ricamata su degli accordi essenziali e dolorosi arriva a toccare le nostre corde più profonde e abbassa ogni difesa. Finito il pezzo non facciamo in tempo a riprenderci quando parte Blue Tears, uno di quei pezzi per i quali i Black Heart Procession meritano di essere conosciuti ed apprezzati. Le liriche “But now these blue tears/ They keep falling/ Falling down from my lonely eyes” rimbalzano su quegli occhiali da sole. La sua musica lo mette già fin troppo a nudo perché possano farlo anche i suoi occhi. O magari è solo fotosensibile, chissà…

Il concerto prosegue così, nel sodalizio fra una chitarra minimale ed una voce di cui è impossibile scorgere la profondità. Ad arricchire questo landscape di tanto in tanto fa incursione la mitica e “camaleontica” sega che, sollecitata dall’archetto, riesce a produrre suoni che sono ululati; talvolta folate di vento lontano e lamentoso e persino vocalizzi di donna. Un solo pezzo, Ain’t looking, a metà scaletta circa, spicca per la sua diversa natura, rimandandoci alle atmosfere di ballo di fine anno degli anni 50. Pall ritorna ben due volte per il bis; noi siamo ufficialmente ammaliati e conturbati. Persino un pannello all’interno della sala ha ceduto all’emozione, crollando… Su Allmy steps il soliloquio di un “black heart”si chiude e tornare alla luce non è mai stato così difficile.
Il reportage di questa performance solista di Jenkins risale a qualche anno fa. Ora i Black Heart Procession sono di nuovo in tour. La band americana che ha alimentato un culto ormai decennale ha deciso fare e farci fare un tuffo nel passato riproponendo dal vivo l’esordio “One”, un’antologia di gioielli folk-blues dal mood spettrale: scopri tutte le info qui.

3 marzo @ Teatro delle Alpi/Porto S. Elpidio-FM

4 marzo @ Locomotiv/Bologna w/Grimoon + World’s Dirtiest Sport

5 marzo @ Spazio211/Torino w/Grimoon + World’s Dirtiest Sport

6 marzo @ Urban Club/Perugia w/World’s Dirtiest Sport

7 marzo @ Locanda Atlantide/Roma w/World’s Dirtiest Sport

8 marzo @ Circolo Magnolia/Milano w/World’s Dirtiest Sport