Ambizioso o kitsch? Melenso o passionale? Romantico o svenevole? Folle o furbo? Una doppia recensione per spiegare quanto sia difficile non voler bene al musical più chiacchierato degli ultimi anni, in pole position per la corsa agli Oscar 2017.
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Il prezzo dei sogni
di Luigi Affabile
Sette Golden Globe, numerosi riconoscimenti, quattordici nomination agli Oscar: La la land, l’ultimo capolavoro di Damien Chazelle, entra nella storia eguagliando il record di film come Eva contro Eva e Titanic.
Ai folli, ai sognatori. Lo straordinario film di Damien Chazelle, omaggia l’amore, i sogni, l’arte. Dopo l’acclamato Whiplash (2014), vincitore di tre Premi Oscar, il regista statunitense torna al cinema con una romantica riflessione sulla vita. Musical, drammatico, commedia, sentimentale. La la land sono tanti film in uno, un concentrato di emozioni capace di trovare il giusto compromesso tra sogno e realtà.
Mia (un’interpretazione perfetta e profonda di Emma Stone) e Sebastian (uno straordinario Ryan Gosling) sono due sognatori in cerca di fortuna. Lei lavora come cameriera, ma vorrebbe fare l’attrice. Lui è un pianista di pianobar che vorrebbe aprire il proprio jazz club. Le loro vite, le loro delusioni, si incontrano a Los Angeles, tra feste a bordo piscina e interminabili code di macchine in autostrada. Si innamoreranno, si ameranno e soffriranno.
La la land è un omaggio ai grandi musical classici (Un americano a Parigi, Cantando sotto la pioggia), ai tip-tap di Fred Astaire e Ginger Rogers, ai suoni, alle melodie che sono entrate nella storia del cinema. Ciò nonostante, Damien Chazelle mantiene un’originalità coraggiosa, mostrando un cinema che non c’è più ed evidenziando l’evoluzione e la freschezza di un film contemporaneo. Non a caso, la sua regia guarda avanti e lo fa con stile e innovazione. Chazelle è in grado di mettere insieme ricercatezza, eleganza, dalla voglia di far conoscere un cinema complesso alla voglia di arrivare a tutti.
La sceneggiatura è infuocata di passione, a tratti sembra rivedere i quadri dell’impressionista moderno Leonid Afremov, carichi di vitalità e atmosfera. Fotografia e musiche mettono il punto esclamativo e accompagnano uno spettacolo di pura magia. City of Stars (Justin Hurwitz si è già aggiudicato la statuetta come miglior canzone originale e miglior colonna sonora) risuonerà a lungo, come un’eco nella nostra mente. Nel cast, oltre ad Emma Stone e Ryan Gosling, un ruolo importante lo hanno anche il dieci volte premio Grammy John Legend, che nel film interpreta un musicista che chiede a Sebastian di entrare nella sua nuova band e il premio Oscar J. K. Simmons, che dopo aver interpretato un cinico insegnante di batteria jazz in Whiplash, qui gestisce un locale ed odia il free jazz.
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di amore e speranza sul grande schermo. I film sono il linguaggio dei nostri sogni e il musical è il mezzo ideale per esprimere le emozioni, violando le regole della credibilità con una canzone” – Damien Chazelle
La la land è un’amara e dolce esortazione a non rinunciare ai propri sogni. Con delicatezza, ma anche con un pizzico di cinismo, il film ci mostra le ferite narcisistiche dei nostri obiettivi, dei nostri sogni. Frenetico e sottile, tra rabbia e imbarazzo, Chazelle mette sullo schermo l’ossessione (a differenza di Whiplash, questa volta lo fa in punta di piedi) e la contraddizione di un sogno, capace di intromettersi e condizionare la vita sentimentale.
Anche se non vi piacciono i musical, questo film vi catturerà. Quest’opera moderna, oltre a mostrarci una storia d’amore, rappresenta quel bivio, che ognuno di noi ha incontrato o forse incontrerà, sul proprio cammino. Nelle scene finali del film l’illusione svanisce, e si porta via in un mulinello di emozioni, le delicate note di un pianoforte. Come una doccia fredda, la realtà ci sveglia e ci riporta in quel mondo cinico e volgare.
In un certo senso, la vera forza di questo capolavoro alternativo sta tutto nel finale, negli sguardi tristi dei due protagonisti. In quegli occhi lucidi è racchiuso il prezzo dei loro sogni, il rumore dei rimpianti e la malinconia del verdetto finale. L’eterna battaglia tra carriera e amore si conclude senza il classico vissero felici e contenti. La la land ci ha fatto sognare ma alla fine ha presentato il conto. Quel conto crudo e sincero altro non è che la realtà. Una realtà che puzza di realismo, una realtà straziante che ci ricorda che la nostra vita è un acquerello a cielo aperto, vivace e colorato, grigio e sprezzante.
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L’insostenibile leggerezza di Chazelle
_di Federica Sciuto
Dopo il premio Oscar per Whiplash, il giovanissimo regista dimostra che quella non è stata “fortuna da principiante” e che una passione, come quella che ha lui per la musica, se si affianca all’evidente talento che lo caratterizza nella regia, può dare vita ad un disarmante, travolgente e colorato successo come quello che è La La Land.
Se vi dicessero “andiamo a vedere un nuovo musical” nel 2017, cosa pensereste? Probabilmente Emma Stone e Ryan Gosling in uno stesso film risultano già talmente allettanti che non si ha bisogno di altri motivi per precipitarsi al cinema. Del resto 7 Golden Globes, 14 nominations agli Oscar e la scelta di aprire la 73esima Mostra del cinema di Venezia proprio con un musical, destano parecchia curiosità. “Sarà che il bello e romantico Ryan è pure bravo a ballare il tip tap?” E sì, lo è. Però okay, parlandone in maniera più generale – ed anche in maniera più seria – con La la Land, Chazelle ha superato ogni aspettativa.
Ironico, romantico, con un’adorabile e realistica vena malinconica: semplicemente incantevole, dall’inizio alla fine; dalla fotografia, ai costumi, alla scelta dei personaggi e alla loro interpretazione. Nonostante non ci siano, praticamente, personaggi secondari, i due protagonisti danno vita ad una coppia così irresistibile, affiatata e romantica da sembrare davvero innamorati, senza essere sdolcinati (?) e non facendo sentire al pubblico il bisogno di altro, oltre che della loro storia.
Ha tutto quello che di bello si può trovare in un musical, senza esserlo del tutto: se si tolgono le coreografie e le canzoni, rimane un film meraviglioso. Queste ultime sono solo la ciliegina sulla torta; non sono buttate lì a caso, si trovano sempre al posto giusto, al momento giusto.
Come se non bastasse tutto questo è accompagnato dalla palette cromatica di Linus Sandgren (cui ancora rendiamo grazia per American Hustle), e dalla “realtà senza interruzioni” – citando proprio lui – data dalle riprese in piano sequenza (ossia riprese uniche, parecchio lunghe) che Chazelle ha voluto a tutti i costi. Questa scelta è riscontrabile già nella prima scena in cui si assiste ad una coreografia interamente svolta in autostrada, ad un’ora di punta, dove è evidente che sia la macchina da presa a muoversi intorno a quello che succede, senza alcun taglio.
Parlando di altre scene epiche è senza dubbio da citare la festa a tema anni ’80: Sebastian (Ryan Gosling) suona la chitarra-tastiera in una cover band sfoggiando un outfit parecchio discutibile, Mia (Emma Stone) lo prende in giro muovendosi in una buffa danza davanti a lui ed il sottofondo musicale è nientemeno che Take on me degli A-ha e I Ran degli A Flock of Seagulls.
Ci si ritrova in un continuo salto temporale e, oltre alle canzoni ed i look anni ’80, i riferimenti a diversi vecchi musical sono presenti ed alcuni pure evidenti: da Grease – nella coreografia in cui le amiche della bella Mia cercano di convincerla ad uscire per andare alla festa con loro – a Shall We Dance. C’è pure il waltzer fra le nuvole di Moulin Rouge! e l’ingorgo stradale della prima scena che riprende Josephine, di Jacques Demy. E nonostante ogni frammento risulti un omaggio a questi grandi classici, il film rimane fortemente contemporaneo, rispecchiando alla perfezione i problemi, la rabbia, la tristezza e gli ostacoli che ogni giovane d’oggi deve affrontare.
Risulta davvero incredibile pensare come, a soli 30 anni, qualcuno possa aver dato vita ad un film fatto così ambizioso e accurato – nel suo genere, ovviamente. Sicuramente il top per animi un po’ folli ed un po’ sognatori, ma impossibile dire che Los Angeles, i tramonti rosa, i vestiti anni Cinquanta e le scarpette da ballo non riescano a smuovere quasi tutti…
Altra scelta geniale, a proposito, è quella di riprendere esclusivamente con la luce della sera. Soluzione assolutamente folle ed antieconomica, dato il pochissimo tempo a disposizione prima che faccia buio, dopo le 19, che costringe a continuare il giorno dopo; ma la giusta luce era fondamentale e chi ha problemi economici da quelle parti? Anche in questo, thumbs up per Chazelle che ha reso tutto estremamente realistico, ma con quel tocco magico indispensabile a questa atmosfera onirica e super colorata in cui si canta e si balla.
È, probabilmente, proprio questo il fulcro attorno al quale ruota il film, che alla fine dei conti risulta una sorta di manuale su “Come tenere i piedi per terra perseguendo sempre i propri sogni”, senza cadere nel banale, nel disilluso, nel già visto.
È un continuo scontro tra la vita reale e quella “potenziale”, quella che “potrebbe essere”: ti sembra che sia tutto perfetto ma poi qualcosa irrompe all’improvviso, ti stupisce, ti fa anche un po’ arrabbiare, ma rende chiaro il messaggio del regista che, con la saggezza conferitagli dai suoi 30 anni, ti tira leggermente l’orecchio e ti dice: “Bello eh? Ma non è vero nemmeno per sbaglio”.
Niente finale col fiocco rosa à la film Disney, bensì epilogo vero, crudo, conseguenza delle scelte che si prendono, delle strade che si intraprendono e si percorrono. La la land lascia inevitabilmente l’amaro in bocca agli spettatori: per fortuna.