5 motivi per continuare a guardare South Park

L’opera creata da Matt Stone e Trey Parker ha attraversato un ventennio per arrivare oggi al punto più alto della sua storia. 

di Nicola Bovio — Una coppia di ragazzi decide di provare a realizzare un cartone animato nella maniera più letterale del termine fotografando cartoncini per creare i fotogrammi del loro primo corto: Jesus vs. Frosty. Il loro lavoro finisce tra le mani di un dirigente della FOX che li convince a crearne una nuova versione e 3 anni dopo danno alla luce Jesus vs Santa. Questo diventa uno dei primi video virali della storia e riesce ad attirare l’attenzione di Comedy Central che commissiona ai due amici una serie animata per la TV. In quel lontano 1997 Clinton e Blair vengono eletti, Dolly diventa la pecora più famosa del mondo, escono sul mercato Final Fantasy VII e OK Computer e nella televisione inglese fanno il loro debutto i lisergici Teletubbies. Nasce anche South Park, cartone animato pensato per un pubblico più adulto alla stregua dei già popolarissimi Simpson.

Il linguaggio di South Park però è più volgare, diretto e dissacrante ed è così che si guadagna attenzione del pubblico fin da subito. Su Italia 1 è andato in onda a partire dal 2000 e ricordo ancora in maniera distinta la programmazione del videoregistratore per vedere di volta in volta la nuova puntata di quel cartone così innovativo e strano.

Sono passati 4 lustri dalla prima messa in onda e la creatura di Stone e Parker è cresciuta, maturata e a ventesima stagione conclusa ha toccato vette di qualità mai raggiunte in precedenza. Vediamo perché.

south-park-20-pic

I PERSONAGGI

Il cast di South Park negli anni è aumentato considerevolmente. Si è partiti da 4 ragazzini delle elementari per poi allargare il cerchio alle loro famiglie, ai loro compagni di scuola, agli altri abitanti della cittadina del Colorado e ad ogni tipo di personaggio famoso, reale o fittizio. La forza di questa enorme varietà di personaggi ha permesso negli anni agli autori di poter affrontare qualsiasi tema venisse loro in mente coinvolgendo di volta in volta diversi gruppi di personaggi per fornire il loro punto di vista ed è così che abbiamo visto episodi sulle nuove mode che arrivavano a South Park viste da Stan, Kyle, Kenny e Cartman o problemi tipici del mondo degli adulti in cui il protagonista indiscusso è Randy. In questo modo l’arricchimento del numero dei protagonisti non è fine a sé stesso ma permette di esplorare temi altrimenti inaffrontabili in maniera così convincente.

LA SERIALIZZAZIONE

Come tante opere comiche di animazione South Park è stato per 18 stagioni un cartone a puntate auto-conclusive, tranne piccole eccezioni come puntate divise in più episodi o avvenimenti che vengono poi ripresi in episodi successivi. Poi qualcosa è cambiato e ad un livello molto profondo. Con la diciannovesima stagione infatti South Park ha cominciato a diventare un prodotto seriale decisamente più complesso in quanto la trama non è più solo verticale, appartenente al singolo episodio, ma anche orizzontale lungo tutta la serie. Questa svolta ha permesso lo sviluppo di sottotrame più interessanti che si intersecano tra loro lungo l’arco di tutti e dieci gli episodi e che svelano i loro elementi poco a poco con l’avanzare delle puntate. Con l’ultima stagione il meccanismo è migliorato ancora e grazie anche alle parallele elezioni presidenziali statunitensi il tutto è risultato ancora più divertente oltreché intrigante dal punto di vista narrativo.

south-park-season-20-episode-4-spoilers-weiners-out-features-butters-no-pants-rally-series-resumes-on-october-12

LA REALIZZAZIONE

Ad eccezione del primo episodio in cui venivano utilizzati i cartoncini, il resto delle puntate è animato digitalmente. Negli anni il sistema si è affinato sempre più fino ad arrivare ad un metodo di lavoro solitamente utilizzato dai programmi che vanno in onda in diretta: realizzare l’episodio nella settimana precedente la sua messa in onda. Questo processo rivoluzionario permette a South Park di reagire più tempestivamente di chiunque altro a ciò che accade nel mondo, arrivando addirittura a replicare anche nei più piccoli dettagli fotogrammi visti nei telegiornali o più generalmente in televisione. Niente di meglio per rendere ancora più efficace la satira che caratterizza la serie.

L’UMORISMO

Fin dal primo episodio il linguaggio adottato è scurrile e i quattro ragazzini di terza elementare proferiscono continuamente parolacce. Ovviamente questa è solamente la superficie in quanto un linguaggio come questo può attirare l’attenzione all’inizio ma non può di sicuro mantenerla per due decadi. Ciò che da linfa vitale agli episodi è la continua dissacrazione che gli autori fanno di tutto ciò gli venga in mente, cogliendo in pieno il significato di satira e com’è giusto nel momento in cui si decide di mostrare le contraddizioni della società, l’ironia del duo non risparmia proprio niente e nessuno. Dalla classe politica alle divinità, l’occhio di South Park vede tutto e con superba efficacia lo prende in giro. Da sottolineare l’evidente abilità da parte degli autori nell’utilizzare spesso uno stile narrativo che ricalchi i cliché di un qualche genere di film o programma televisivo per sviluppare alcune delle trame assurde presenti nelle 277 puntate, aggiungendo un livello ulteriore di ironia.

c_2_fotogallery_3005427_1_image

LA VISIONE DELL’ATTUALITÀ

Veniamo infine a ciò che ritengo il pregio più importante della serie, ovvero lo sguardo clinico e cinico sulla realtà contemporanea. Il modo che Matt Stone e Trey Parker hanno di guardare la società e di coglierne gli elementi più rilevanti è unico ed è qualcosa che non si può imparare. Un esempio su tutti sono le Member Berries (Ricordacini nella versione italiana), grappoli molto speciali che ripetono ossessivamente cose legate agli anni passati in modo da far sorgere un sentimento di nostalgia dei bei tempi andati a chi le mangia. Personalmente mi sento di affermare che questa è l’allegoria migliore sulla nostra epoca che mi sia capitato di vedere. È normale che il ricordare il passato porti tendenzialmente del buon umore ed è altrettanto normale usarlo come termine di paragone del presente, ma la corrente musicale e soprattutto cinematografica degli ultimi anni ad assecondare questo sentimento ha portato alla distorsione per cui ogni prodotto di massa non può esimersi dall’avere al suo interno una componente nostalgica. Purtroppo si è arrivati al punto che si ha paura della novità assoluta perché fuori dal confortevole recinto del conosciuto e quindi ecco che abbiamo un nuovo Star Wars con la trama identica all’originale ed un presidente che promette di diminuire l’ingresso di nuove persone negli Stati Uniti, due avvenimenti apparentemente distanti che ma che sono profondamente collegati da questo nuovo timore verso l’ignoto.

In contrasto con la tendenza a rifarsi al passato Trey Parker e Matt Stone invece guardano al futuro e sono riusciti nel non poco banale intento di rinnovare un prodotto con venti anni di storia alle spalle, quindi non resta che aspettare cos’altro hanno in serbo i due amici che si divertivano con i cartoncini.