Il concept album della talentuosa cantante e bassista americana si trasforma, dal vivo, in un’atipica opera teatrale in bilico tra prog e r’n’b.
di Stefano D. Ottavio – Esperanza Spalding, ragazza prodigio della scena jazz mondiale, in questo torrido luglio è ritornata finalmente in Italia con tre date. Oltre il concerto più “sponsorizzato” (la sua combo con Vinicio Capossela al Lucca Summer Festival) uno di questi appuntamenti italiani ha avuto luogo il 14 luglio nella suggestiva cornice di Piazza Duomo a Tortona, a tre anni di distanza dall’apparizione piemontese al Gruvillage di Grugliasco.
Cos’è cambiato in questo arco di tempo? Tre anni fa portava in giro con un’imponente sezione di fiati lo spettacolo legato a Radio Music Society (2012, Heads Up International), con il quale ha ottenuto un Grammy Award per “Best Vocal Jazz Album“. Era un disco, seppur jazz, molto accessibile, colorato da tinte pop ed r’n’b che facevano facilmente accostare Esperanza Spalding alle produzioni della sua “madrina” spirituale Erykah Badu (basti ascoltare quant’era catchy il singolo Radio song).
Ora invece la cantante e bassista alza la posta: Emily’s D+Evolution, quinto album in studio, è un ambizioso concept album incentrato sulla vita dell’alter ego della Spalding, ovvero Emily (il suo secondo nome di battesimo). Il suono è cambiato, e si complica in direzioni prog rock, così come nelle acrobazie ritmiche degli Screaming Headless Torsos. La band è più scarna, lontana dai corposi fiati dei tour precedenti: nelle retrovie ci sono solo due (eccellenti) session man con chitarra e batteria, che concedono tutto lo spazio e l’attenzione a Esperanza/Emily e a tre coristi, che accompagnano la frontwoman non solo nel canto ma anche nella recitazione. Sì, perchè più che ad un semplice concerto, il pubblico è di fronte ad un musical, uno spettacolo teatrale senza grandi espedienti scenografici ma solo qualche cartellone che indica la suddivisione in Prologo, Evoluzione e Devoluzione della giovane Emily.
L’apertura è affidata a Good Lava, singolo sbarcato su Youtube in queste settimane con un video psichedelico, e poi si prosegue con l’evoluzione della giovane Emily, che passa attraverso la malfunzionante istruzione universitaria americana e l’accumulo di nozioni influenzate “dalla supremazia bianca” e dalla religione (la forte tematica di Ebony and Ivy). A questo clima di rigida autorità, in cui le severe istituzioni sono interpretate dal coro, segue poi la devoluzione, ovvero la ribellione di Emily a tutto ciò e la prevalsa dell’istinto, del piacere e della libera espressione. Questa parte è ovviamente sinonimo di una musicalità più allegra e distesa rispetto all’inizio, con il funky di Funk the fear (il pezzo migliore dell’album e dello show) e l’emozionante finale concesso da Unconditional Love.
Esperanza Spalding dà molto spazio alla recitazione, al canto e all’iterazione con il coro, e ciò fa sì che non suoni molto spesso il suo basso a 5 corde. Tuttavia il suo talento e presenza scenica non concedono alcun rimpianto. La Spalding è un talento puro in ogni cosa che fa e ciò rende sopportabile anche uno spettacolo teatrale jazz che in luoghi come l’Italia incontra anche il pesante ostacolo della lingua straniera, cosa che non permette spesso di gustarsi a pieno lo svolgimento delle peripezie di Emily.
Infine, per il fortunato pubblico che ormai ha rotto le file e si è messo in piedi davanti al palco, regala un bis a cappella, inaspettato come il vento che ha rinfrescato tutta la serata tortonese.
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