Un reportage da risponde ad un po’ di FAQ in merito ad uno dei festival più chiacchierati, controversi ed “estremi” al mondo. A cura di Aurora Casiraghi.
Premessa: Ogni anno partecipano circa 60.000 persone. Ognuno vive la propria odissea personale. Questa è la mia — più ciò che ho visto e ciò che mi hanno raccontato.
La prima volta che ho sentito parlare del Burning Man è stato dieci anni fa. Ero l’unica nella stanza a non sapere di cosa stessero parlando sotto lo sguardo perplesso di tutti. Quando me l’hanno spiegato mi è sembrato affascinante e totalmente fuori portata.
L’ho archiviato nella categoria “esperienze impossibili”.
Dieci anni dopo, eccomi qui. Quando me l’hanno proposto non ci credevo, e la mia prima reazione è stata: “follia, non me lo potrò mai permettere”. Invece mi hanno invitata e offerto un aiuto economico. Ho detto “ok, andiamo”, ma in verità ho passato due mesi a cambiare idea un giorno sì e uno no, schiacciata dall’ansia e dall’idea di dover sopravvivere al deserto.
Due mesi per organizzare tutto e vi assicuro che non è stata una passeggiata.

IL BIGLIETTO
La reperibilità dei biglietti è cambiata durante gli anni: da quando c’è stata la tempesta nel 2023 i biglietti non sono più andati sold-out, quindi si trovano con relativa facilità.
Ha diverse fasce di prezzo: la prima release limitata è di 550$, poi aprono gli altri prezzi: da 650$ fino a 3.000$. In realtà il biglietto di ingresso ha un prezzo fisso, tutto il resto viene considerato fundraising per finanziare il progetto.
LA PREPARAZIONE
Sul sito del Burning Man è disponibile la Survival Guide: un importante vademecum che ti ricorda che è meglio portare cose in più che cose in meno, di essere autosufficiente e che elenca anche cose meno ovvie, come le luci da indossare, lo scotch e le palline da tennis da mettere sui cavalletti delle bici. Inutile dire l’ha letta e riletta innumerevoli volte e trasformata in una metodica lista Excel che controllavo ossessivamente.
Ti ricordano anche di portare 5 litri di acqua a persona al giorno ma soprattutto “Common sense, an open mind, a sense of humor and a positive attitude”, in caso ti venga in mente di lasciarli a casa.
La preparazione è durata settimane, tra un check alla lista, la ricerca degli outfit pazzi ma comodi per affrontare gli sbalzi termici del deserto (38 gradi di giorno e 4-5 la notte) e la disponibilità dei camper in America.
Sembra che gli americani si attivino anche un anno prima, quindi trovarlo è stato più complesso del previsto: pareva che in tutto il Nevada e in tutta la California non ne fossero rimasti.
Grazie a qualche aggancio siamo riusciti a trovare un camper per tre, con cucina e frigorifero per 7 giorni a 8.000$ (con l’assicurazione e le pulizie siamo arrivati a 9.500$).
L’ARRIVO
Siamo atterrati a San Francisco senza valigie (rimaste a Roma), quindi l’agitazione era alle stelle. Solo quando siamo andati a Haight-Ashbury ho cominciato a rilassarmi: distretto della controcultura con boutique vintage, negozi specializzati e un’intera micro-economia dedicata al Burning Man. Lì ho capito che, una volta in America, tutto è più semplice.
È stato solo il giorno prima dell’ingresso che abbiamo fatto la spesa vera: cibo, acqua e accessori utili. Per il cibo, abbiamo dato priorità a quello a lunga conservazione, ma col frigo abbiamo potuto osare anche con qualche cibo fresco. E, nel dubbio di rimanere senza, abbiamo comprato 200 litri di acqua – in media ne abbiamo consumati 20l a testa in 3, solo per bere e cucinare.
Avevamo con noi un amico che ci era già stato, e ci ha guidato nell’acquisto di accessori e strumenti ai quali non avremmo mai pensato: mascherine anti polvere, sacchi della spazzatura giganti, scotch da mettere su tutte le giunture dei finestrini per evitare alla polvere di entrare, aceto bianco che a quanto pare è il peggior nemico della polvere, e una marea di salviette igienizzanti, sia per noi che per pulire il camper. Sicuramente ci ha risparmiato un bel po’ di tempo e mal di testa.

CAMPING
Black Rock City è formata da tanti camping. Ognuno di loro è diverso, per identità, offerta culturale, per infrastrutture a disposizione.
In base a dove scegli di andare la tua esperienza al Burning Man può cambiare radicalmente.
Il nostro si chiamava Caravan of Light, ci siamo appoggiati a loro perché avevamo degli amici.
Uno dei principi fondamentali è la partecipazione, quindi tutti devono contribuire alla costruzione e le persone che incontri diventano poi la tua tribù. Abbiamo dovuto supportare nella ricostruzione del camping dopo la tempesta di sabbia e pioggia del giorno prima dell’apertura che aveva abbattuto quasi tutte le infrastrutture.
Il nostro, a differenza di altri, aveva 2 bagni in condivisione (con circa 80 persone), 2 docce e la tenda ristorante che serviva 2 pasti al giorno. Chiaramente questo è un lusso che si è fatto pagare un extra.
Noi avevamo il camper, quindi la mattina facevamo colazione lì e per la doccia (oltre alle milioni di salviettine igieniche), ci sciacquavamo velocemente circa ogni 2 giorni per evitare di consumare troppa acqua. Avevamo anche il generatore che ci permetteva di tenere l’aria condizionata accesa durante il giorno (faceva caldo!).
Diciamo che il tuo soggiorno cambia molto a seconda della tua capacità di spesa: c’è chi può permettersi di arrivare in aereo (da Reno a Black Rock Desert sono circa 2 ore di macchina e il biglietto aereo costa 900$) e decine di migliaia di dollari per il camper, e chi entra con il Burner Express, un bus che parte da San Francisco o da Reno e costa 150-200$ one way.
L’esperienza più comune è quella di essere responsabili al 100% del proprio sostentamento portando il cibo e l’acqua da fuori, sia da bere che per lavarsi, ed eventualmente trovare cibo dentro (si trova, è tutto gratis, ma è anche tutto così random! Un giorno trovi un bar, e il giorno dopo non esiste più), e utilizzare i bagni chimici sparsi in giro per la città.
Il free camping e soggiornare in tenda sono anche una possibilità, quindi ce la si può fare con circa 2000$, avendo chiaramente un’avventura diversa, un po’ più di spirito di adattamento ed essere pronti alle intemperie.
SOPRAVVIVERE AL DESERTO
A Black Rock City tutto è gratuito e la comunità si autosostiene. Eppure, qualche traccia del mondo reale rimane: polizia, ambulanze e regole che ti ricordano che, anche nel deserto, l’ordinario bussa alla porta.
A proposito di polizia, prima di entrare girava un documento chiamato “How to deal with cops at Burning Man”: nove pagine il cui succo è semplicemente “ripeti in loop I do not consent to a search e spera vada tutto bene”. Mi ha fatto sorridere: sembrava l’inizio di un film americano. Essere arrestata davvero, forse, farebbe ridere un po’ meno.
Tra i servizi essenziali c’è anche lo spurgo dei camper, che con la pioggia rallenta e rende tutto più complicato e meno igienico. Dettaglio poco poetico, ma fondamentale per capire il livello di disagio a cui si può arrivare.
La connessione internet praticamente non esiste, a parte qualche Starlink apparso negli ultimi anni per i CEO che devono controllare il business anche nel deserto. Io ho scelto il digital detox totale, e ne è valsa la pena.
Peccato non aver previsto che, al mio ritorno, avrei trovato messaggi allarmati: l’unica cosa arrivata sui social era la narrazione apocalittica della tempesta. In realtà ha piovuto il giorno prima dell’apertura e per qualche ora nei due giorni successivi. Ha creato fango, disagi e qualche campeggio distrutto, ma niente a cui la Radical Self Resilience non possa prepararti. Gli ultimi quattro giorni, infatti, erano già asciutti.
PER CONCLUDERE
Uno dei principi cardine del Burning Man è la Radical Self Resilience, che fondamentalmente vuol dire “adattati, perché ti potresti ritrovare letteralmente nella merda”. Puoi prepararti per mesi, spendere migliaia di dollari, organizzare ogni dettaglio, ma una volta che sei dentro, sei come tutti gli altri Burners.
Cosa abbiamo in comune quindi io, Paris Hilton e il fratello di Elon Musk? Una settimana di disagio, fango, inconvenienti… e il fatto che siamo comunque usciti vivi.

