Forme d’ombra come spazio di confine. È stato questo il tema de “La Notte del Re di Biss”, che si conferma un’autentica chicca nel panorama di festival ed eventi estivi piemontesi. Testo di Edoardo D’Amato, foto di Fabio Serrao.
Al Parco Giochi “La Valle” di Civiasco c’è una bambina di non più di 10 anni che con il pallone tra i piedi fa magie: palleggia con naturalezza, dribbla in scioltezza e tira delle belle “castagne”. Dietro la maglietta della Juventus c’è scritto CAMILLA 7. La sua chioma biondina rispunta nel boschetto dietro il parco qualche ora più tardi, poco prima che le tipiche miacce valsesiane preparate dalla Pro Loco del paese vengano servite per cena, mentre Jolanda Moletta sta realizzando la sua performance “Circle of Light”. Già voce del duo dream-pop She Owl, Moletta utilizza soltanto la sua voce, registrata in loop, stratificata e trasformata in paesaggio sonoro. CAMILLA 7 che assiste in silenzio alle sperimentazioni elettroniche dell’artista rappresenta bene l’anima del festival “La notte del Re di Biss”. Un appuntamento che da qualche estate porta nel comune vercellese un affascinante mix di folklore e sperimentazione. Serio ma non serioso, riesce a unire bambini, giovani e anziani, intenti a partecipare ad esperienze sonore nel bosco, musica d’autore, mostre, performance, racconti e altri esperimenti con ospiti italiani e internazionali.
Ma chi è Il “re di biss”? È il re dei serpenti, il basilisco, un rettile crestato, protagonista del bestiario alpino e delle leggende di molte valli. Se il morso della tarantola fa ballare, lo sguardo del Re di Biss pietrifica chi ne è vittima. L’invito de “La Notte del Re di Biss” è quello di fermarsi a contemplare i luoghi che ci circondano, ad ascoltare con attenzione i suoni e le parole. L’edizione 2025 – ombra profonda siamo – si è posta come obiettivo quello di interrogare le forme d’ombra come spazio di confine, traccia di una luminosa gioia.
Dietro alla programmazione delle tre giornate c’è Carlotta Sillano, artista vercellese che anche quest’anno ha curato la direzione artistica e presentato il suo ultimo disco “Nella natura vuota dei simboli appassiti” durante la serata di sabato 9 agosto. Live preceduto dal reading di Massimo Zamboni e dal suo “Bestiario Selvatico“, una raccolta di favole moderne dedicate ad animali intrusi e di ritorno. Zamboni ci racconta di uccelli, mammiferi, insetti, pesci, anfibi, ormai cittadini del mondo globalizzato, che diventano specchio e ombra del nostro vivere: ci interrogano sul senso di residenza e di identità. Una delle storie più toccanti è quella del castoro Ponta, il primo castoro italiano dopo quasi 500 anni dall’ultimo avvistamento, apparso nelle foreste di Tarvisio nel 2018. E che dire dei fenicotteri di Comacchio, con il loro “ballo gastronomico” per smuovere la fanghiglia alla ricerca di gamberini e vermetti? Un po’ come se fosse un flamengo, come il loro nome: flamingo.
Civiasco è un paesino caratterizzato da un’architettura liberty con elementi ispano-moreschi, esito della storia migratoria che lo lega alla Spagna. Il ponte con la nazione iberica è stato celebrato con una visita domenicale per le viuzze del paese e con il sorprendente concerto di Juno Sibling alla Chiesa di San Rocco. L’artista catalano ha suonato per la prima volta in Italia i suoi “cants d’amore i de traició”, brani tradizionali e originali declinati attraverso il folk e il flamenco, e che raccontano storie di amore, tradimenti e mostri. Un aedo incappucciato, con una chitarra meravigliosa e una voce ammaliante: la sua esibizione finisce dritta tra gli highlights più potenti.
Infine, non è mancata la “Grande Parata del Re di Biss“, con partenza davanti alla Chiesa di San Gottardo subito dopo la performance di Sfascia Campane, ovvero Matteo Segantin, in dialogo con la tromba e la zampogna molisana di Luca Benedetto, alias Iris Confusa. In testa alla parata, come sempre, Gabriele Pino, che guida un nutrito e variegatissimo gruppo di grandi e piccini dal centro del paese al Pian della Valle, per accompagnare al bosco – tra suoni e silenzi – l’effige del Re (in questo caso, la sua coda).
Un momento catartico all’interno di un festival catartico. Ci vediamo l’anno prossimo.