Lasciatevi trasportare dalla meravigliosa malinconia de “La Maccaia” di Gaia Banfi

Nel listone dei dischi più interessanti usciti in questa prima parte di 2025, spicca “La Maccaia” di Gaia Banfi. Un album in bilico tra canzone d’autore ed elettronica, dove la malinconia ti porta via fin dalle prime note. Abbiamo intervistato l’artista in occasione del suo concerto al Camosci Sound Festival di Sant’Ambrogio di Torino. Articolo a cura di Edoardo D’Amato.

La maccaia è un fenomeno meteorologico tipicamente ligure, anzi: più nello specifico del Golfo di Genova. Si verifica quando soffia lo scirocco, il cielo si copre e l’umidità raggiunge livelli molto elevati. Il risultato? Un substrato nebbioso che diventa un tutt’uno con il mare. Gaia Banfi ha preso spunto proprio da questo scenario e dalle memorie della sua adolescenza genovese per realizzare “La Maccaia“, disco pubblicato quest’anno per Trovarobato, etichetta virtuosa fondata 20 anni fa dal collettivo Mariposa, e che ha nel suo roster artisti come Iosonouncane e Daniela Pes. Suo padre, Giuseppe Banfi detto Banfo, è stato uno dei fondatori di Biglietto per l’Inferno, formazione che nel 1974 pubblicò una delle pietre miliari del progressive rock italiano. Gaia, classe ’98, è cresciuta perciò in un ambiente dove la musica è sempre stata presente. Ha saputo crearsi un suo gusto e soprattutto un suo percorso, che l’ha portata a realizzare questo gioiellino di 7 tracce a cinque anni dal suo esordio “Lotus”.  Da questa primavera è in tour e la prossima tappa è al Camosci Sound Festival di Sant’Ambrogio di Torino, ai piedi della Sacra di San Michele, domenica 3 agosto. Per l’occasione, ci ha raccontato un po’ di cose sul suo album e non solo.

Qui trovi il programma completo delle due giornate di Camosci Sound Festival

Come sta procedendo il tour dopo l’uscita del disco? Leggendo un po’ di cose online, ho capitoche per te questo lavoro rappresenta un nuovo percorso, profondamente diverso sotto tutti i punti di vista dai tuoi lavori precedenti. Immagino che questa cosa si rifletta anche sui live: come si è evoluto il tuo modo di suonare e stare sul palco?

Ciao! Il tour sta procedendo bene, grazie. In realtà, rispetto alle cose che ho fatto in passato, devo dire che ho asciugato molto, soprattutto a livello di organico. Ho sempre suonato con tanti musicisti e ho sempre incorporato delle grandi parti di improvvisazione, un po’ perché venivo anche da quel mondo lì. Però in questo periodo sto sperimentando molto con l’elettronica, che è un elemento che vorrei sempre di più ampliare nei live, ed è quello che sto portando avanti adesso, con questo tour. E poi c’è l’elemento comune che è la voce a cui ho sempre dato molta importanza.

“Lotus” è uscito nel 2020 e in questi anni nel mondo è successo letteralmente di tutto. Ma in chemomento arriva “La Maccaia” nella tua vita? Mi sembra sia un disco frutto di una grande consapevolezza artistica.

Sì, “La Maccaia” arriva per me in un momento di consapevolezza e maturazione artistica e musicale personale. Dopo tanti anni di studi ed influenze costantemente diverse, avevo un po’ la necessità e la voglia di mettermi a lavorare a qualcosa che nascesse esclusivamente da me. E quindi, dopo tre anni di lavoro sia sulla scrittura che sulla musica, sono venuti fuori questi sette brani che compongono la narrazione del disco.

Paolo Conte in “Genova per noi” canta: «macaia, scimmia di luce e di follia, foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia». Nella title track che apre l’album non canti tu: c’è un monologo il cui pathos cresce insieme al tappeto musicale che lo accompagna. Come mai la scelta di un monologo e di quel discorso in particolare? E che cos’è per te la macaia?

La scelta del monologo non è casuale. Volevo un’introduzione al disco che aiutasse l’ascoltatore a essere immerso fin da subito in uno stato di ascolto totalmente consapevole. Anche perché è sempre più difficile arrivare alla fine di un album, e questo penso sia dovuto dal fatto che non siamo mai nella condizione di ascolto ideale, a causa delle infinite distrazioni che abbiamo attorno, e quindi volevo che anche la musica aiutasse a creare un ambiente sonoro, quasi meditativo in un certo senso, che ti aiutasse ad essere un pochino più cosciente dell’ascolto totale. La Maccaia per me è un’immagine molto forte. Io purtroppo non l’ho mai vissuta e non ho mai visto questo fenomeno metereologico che è molto raro. Quindi vivo di racconti che altri mi hanno fatto, soprattutto da parte della mia famiglia, che ha visto la macaia più volte. Credo che per me sia una sorta di condizione spazio- tempo, che richiama forte nostalgia. Una nostalgia che è sempre presente nella narrazione e nella scrittura di questo disco. Ma è anche una condizione, una cornice di profonda ispirazione per me che sono costantemente affascinata da ambienti particolarmente scenografici. È un’immagine simbolica, un evento simbolico, una condizione in cui mi immagino anche di stare quando sto ascoltando questo disco.

Ne “Il Lungoriva di Genova” ti riferisci a Corso Italia, ovvero la passeggiata che collega il porto fino a Boccadasse. Cosa rappresentano per te Genova e quel lungomare in particolare? Com’è stato recuperare il filo delle memorie di quando eri più piccola?

Sì, esatto. Corso Italia è esattamente quella passeggiata lì che ho percorso tante volte da piccola. Guarda, io ricordo di Corso Italia come di una via che a volte è sembrata lunghissima e a volte invece sembrava cortissima. E penso che questa cosa sia dovuta al fatto che ho veramente passato tanto tempo a pensare percorrendo quella strada. Ero piccola ma parliamo di un’età quasi adolescenziale, quindi dove nascono un po’ i primi pensieri, quelli un po’ più maturi, quelli che ti formano. Quindi è stato per me interessante utilizzare quest’immagine della via, del Corso, della passeggiata, per raccontare metaforicamente qualcosa che attraversasse la memoria e i ricordi del passato.

La copertina del disco

Hai composto, suonato e prodotto “La Maccaia”. In che modo si declina un fenomeno atmosferico inmusica? E quali sono gli artisti e le artiste, ma anche autori e autrici di carattere letterario, che hanno avuto un peso importante come ispirazioni per questo lavoro in particolare, se ci sono?

Per me raccontare un’immagine attraverso un suono, è come dipingere o disegnare qualcosa, osservando un paesaggio o comunque qualcosa di realistico. È la tua mano che scrive, che racconta grazie alla visione dei tuoi occhi; quindi c’è sempre un filtro, c’è sempre una rete, c’è sempre un colore. E comporre in questo senso, penso sia la cosa più interessante, perché prima di tutto vieni fuori tu. Poi fai bene a citare l’idea che comunque è difficile non essere influenzati da qualcosa, perché magari semplicemente da un un’idea che hai abbozzato, ti è venuto in mente un riferimento a qualcosa che già conosci. E a me è successo più volte e continua a succedere. Devo dire che le figure che mi sono state più d’ispirazione e più vicine nell’elaborazione di questo disco, ma non solo, sono stati sicuramente Fabrizio De André, ma non tanto perché io volessi riprendere il suo contatto con Genova (il che sembra assurdo detto così, e non mi voglio giustificare), ma perché penso che non esista persona migliore che abbia raccontato determinate tematiche e ambienti. E poi avevo bisogno di ascoltare un artista che mi fosse vicino per la cultura e la lingua italiana. Avevo bisogno di sentire un poeta che canta; qualcuno che lo senti dalla voce che sta dicendo qualcosa di profondo e reale. Ho anche letto diverse poesie, cosa che non avevo mai fatto in maniera approfondita o comunque interessata fino ad oggi, ma perché nessuno mi ha mai raccontato della bellezza della poesia e mi ci ha fatto avvicinare. Dunque ho scoperto un’autrice, Mariangela Gualtieri, che ha un modo di utilizzare le parole veramente unico, e anche un linguaggio che mi è proprio entrato dentro. Giusto per citarne una…

Pubblichi sulla label Trovarobato. Com’è nato e come si sta sviluppando il rapporto con loro?

Trovarobato è una famiglia di persone che amano la musica e amano il modo di raccontarla e di diffonderla. E questa cosa è rara ad oggi, credo. Sento troppo spesso, purtroppo, di artisti che hanno dovuto mollare o che si sono dovuti accontentare di qualcosa che gli è stato imposto dall’alto, proprio perché magari la priorità era vendere e non fare musica; e questa cosa la trovo veramente terribile e alienante. Avere al mio fianco delle persone con cui è possibile avere un dialogo e scambiarsi le idee, è vitale.

In questi anni sono nati diversi progetti dove la lingua ha un’importanza pari alla musica. Ne è propriouna parte integrante in quanto estremamente musicale. Penso ai già citati Daniela Pes e Iosonouncane, ma anche a Massimo Silverio o a Paolo Angeli. In questo disco c’è una canzone in spagnolo, “Amar”, ma in generale ascoltandolo ho avuto come la sensazione che il tuo cantato si presterebbe molto all’utilizzo di altre lingue o dialetti. Ti piacerebbe ad esempio lavorare in ottica estero?

Sì, mi piacerebbe molto lavorare all’estero, ma non sono madrelingua di nessun’altra lingua se non dell’italiano, dunque, è molto difficile esprimere qualcosa in una lingua che non è tua. Infatti, con “Amar”, devo dire che è stata una storia abbastanza a sé, perché ho lavorato con Sofia, in arte REHHLL, di origini Italo-Argentine. Lei è una persona molto vicina e molto cara, e quindi è come se avessimo scritto quella canzone insieme, perché le ho raccontato quello che volevo dire e lei lo ha colto, interpretato ed espresso nella sua lingua con le sue parole. In questo senso, mi piace lavorare con altre lingue, lo trovo molto interessante.

Cosa succederà dopo “La Maccaia”? L’ultima traccia “Seia” sembra aprire la strada ad un certo tipo dielettronica.

Non lo so che cosa succederà in futuro. Sono aperta a diverse possibilità, che sto ispezionando con la mente! L’elettronica sicuramente è una via che mi affascina particolarmente, anche perché ho sempre il pallino di mio padre e della musica che faceva lui negli anni 70, che per me è bellezza pura. Quindi aspirerei a quel tipo di espressività. Ma non voglio crearmi aspettative e non voglio creare aspettative, perché magari qualcuno potrebbe rimanerne deluso. A partire, soprattutto, da me stessa!

Qui tutte le date del tour estivo di Gaia Banfi