La novella Bellissima di Yasmin Incretolli inaugura Stormo, la nuova collana di Pidgin Edizioni dedicata alla narrativa breve dal carattere acido e punk. Yasmin ci ha concesso in esclusiva un’intervista sul suo nuovo libro. Articolo a cura di Carolina Dema.
Vorrei partire da una citazione del primo capitolo Ti parte proprio dalla fica l’odio (titolo pazzesco, tra l’altro).
“Nel mio universo è costume avere nomi personalizzati. Un titolo a piacere, sostituirlo se sbaglia a definirci. Aboliamo ogni imposizione normativa. Proteggiamo un’anagrafe sotterranea dagli stranieri che vogliono truffarci. Formiamo una colonia–stato che alla bisogna diventa famiglia. L’anonimato è un’azione politica potentissima, sfregiare un nome sbagliato significa risorgere dal passato.”
L’universo di cui la protagonista Neve parla è quello degli strip club, luoghi notturnali in cui tra le intercapedini ombrose dei neon sia chi ci lavora che chi li frequenta si nasconde, così da poter esprimere la sua anatomia più viscerale. È un luogo di fuga dal mondo – chiamiamolo – costituito, uno dei tanti ritrovi di outsiders che, appunto, rinascono con un nuovo nome sfregiato.
Credo che queste poche righe contengano già quasi l’interezza del libro. Quindi mi allaccio con due domande che provo a separare per lasciargli più respiro.
a)Il costume dei nomi personalizzati non è solo presente negli strip club, ma in tutti i ritrovi (fisici e metafisisci) di ousiders: le gang, le internet community, gli spazi occupati, il mondo del drag e le comunità queer in generale, la musica underground, le fanzine, le collettive artistiche e così via. Tutte colonie–stato che alla bisogna diventano famiglia. Pensi che un outsider, una volta ribattezzatosi autonomamente, arrivi al culmine di una nuova identità (che può poi trovare varie emanazioni, ma rimane ferma su un perno) o che sia più peculiarità dell’outsider ribattezzarsi infinite volte, corredarsi di infinite identità mutevoli? E, in particolare, quale pensi che sia in quest’ottica il destino di Neve? È interessante per me ragionarci anche perché nel momento in cui l’outsider diventa famoso (un criminale che finisce su tutti i giornali, un artista che arriva alla fama) la nuova identità che si è creato spesso trasla e diventa proprietà comune, e soprattutto, si incrosta in una rigida brand identity a cui i media gli chiedono di conformarsi e ridursi.
Incretolli: Non ritengo che Neve sia una outsider. Lei agisce, vive e si muove all’interno di un perimetro definito e non fa nulla per oltrepassare quel confine. Anzi, la sua esistenza si prefigge di aderire a questo mondo dentro il mondo e ogni movimento, decisione, aspirazione tiene conto della performance che sente gli altri si aspettano lei proponga per essere coerente con la scenografia. Il nome d’arte che utilizza Irina è appunto “Neve”. Per una spogliarellista, è consuetudine utilizzare degli pseudonimi per proteggere la propria identità dai clienti che potrebbero utilizzarla per arrivare a lei anche al di fuori degli spazi chiusi del club. Ma questo nome si fonde gradualmente con la protagonista fino a fagocitare la sua vecchia essenza. Come giustamente fai notare, sono nomi che hanno senso solo all’interno del contesto in cui sono stati coniati, quindi il destino di Neve sarà quello di perdere questo appellativo e forse ne cercherà un altro. C’è da dire che alla fine del romanzo, l’evento che conclude la narrazione riporta violentemente Neve nel corpo di Irina, in quanto torna ad essere figlia, obbligata per via delle circostanze ad esserlo. Mi piace immaginare che ciò la porti a un confronto con la sé del passato e forse una riconciliazione con il suo nome anagrafico.
b) Vorrei che ci parlassi del concetto di “sfregiata”. Prima di tutto dal punto di vista del nuovo nome che, per quanto appartenga molto di più a chi se lo è dato rispetto a quello che gli è stato forzato alla nascita biologica, rimane comunque sfregiato, imperfetto. In secondo luogo come uno dei temi ombrello del libro: Neve è sfregiata da un rapporto familiare complesso; ha vissuto solo amori e relazioni sfregiate, si sfregia con la chirurgia plastica a basso costo (o almeno la sua percezione di sé è di una ragazza sfregiata, ma in realtà non sappiamo se l’immagine che lei ha di sé corrisponda alla realtà, alla fine dei conti); viene letteralmente sfregiata dalle violenze del suo ragazzo spaccino Loris… Cosa rappresenta a livello profondo lo sfregio in Bellissima? Anche magari partendo da uno dei due eserghi che precedono il libro, la citazione di Volodine: “La stranezza è la forma che prende il bello quando il bello è disperato”.
Incretolli: Lo sfregio di Neve avviene perché lei non si sente donna con delle labbra sottili e quindi ricorre alla chirurgia estetica per avere l’aspetto che ha sempre desiderato. Qui si nasconde il tema della transessualità che ho camuffato in qualcosa che possono capire più persone: per farlo arrivare meglio e in modo meno didascalico. L’affermazione chirurgica del sesso, per una donna trans, nel romanzo diventa la ricerca di due labbra perfette che possano accomunare la protagonista a tutte le donne che la circondano e dalle quali si sente esclusa perché il suo aspetto è diverso. Questa volontà, purtroppo, si scontra con la cattiva chirurgia generando una mostruosità sul suo viso. Ma lei riesce a trasformarla in qualcosa di caratteristico e bello che le permette di arrivare a Loris, incuriosito da questa femminilità stravolta e deturpata. Alla fine, penso che Neve sia riuscita a diventare bellissima: anche se non nel modo in cui pensava.

Leggendo Bellissima una delle prime cose che mi è venuta in mente (forse te l’avevo detto già quando ci siamo incontrate alla festa per la presentazione del libro a Roma nello spazio occupato Ex–Snia) è il primo Tondelli di Altri Libertini, ma anche di Pao Pao dell’Ottantadue. Le storie di periferia, la ricerca stilistica e il linguaggio che capitombola leggiadro e poi costringe all’improvviso con la faccia schiacciata al suolo a ingoiare la terra (posso chiamarlo il fru fru del degrado haha?), la giovinezza, l’eroina, la poesia dello sfacelo…
Quali sono altri tuoi riferimenti nella scrittura? Sia nella letteratura che in altre forme d’arte. E c’è una cosa che ambisci a fare nella scrittura, ma che senti di non essere ancora riuscita a conquistare?
Incretolli: Come ho detto in quell’occasione in realtà il libro è diventato tutt’altro rispetto a quando avevo iniziato a scriverlo diversi anni fa e quindi i riferimenti ad altri testi sono talmente tanti, eterogenei, sparpagliati nel tempo che faccio fatica a menzionarli. Ti posso dire che, mentre scrivevo, avevo sempre accanto a me il libro Ingannevole del cuore più di ogni cosa di JT Leroy in quanto aspiravo a raggiungere un picco di liricità senza scadere nell’orpello. E poi ascoltavo di continuo l’album di Miley Cyrus dedicato ai suoi animali: Miley Cyrus & her dead petz. Ho letto sicuramente Altri Libertini durante la stesura e Invisible Monsters di Palahniuk. Gli altri riferimenti sono le storie d’amore reali, come ad esempio quella di Syd e Nancy, verso la quale ho fatto un vero e proprio studio attraverso documentari, film, libri e ho cercato di riportare quelle vibrazioni nella coppia che volevo descrivere.
Altri due elementi cardine di Bellissima, a mio avviso, sono l’estetica del trauma e la sublimazione ironica. Ovvero quel particolare modo di affrontare la sofferenza rendendola una sorta di arte organica alla vita stessa – quasi romanticizzata, se vogliamo – e allo stesso tempo quella di smitizzarla ridendoci su, in una sorta di annichilimento del pathos obbligatorio per continuare a sopportare, non farsi fagocitare dall’oblio. Questi due elementi sono da tempo presenti in una molteplicità di narrazioni, le primissime che mi vengono in mente sono sia serie più pop come Skins e Euphoria, ma anche libri quali La Festa Nera e Electra di Violetta Bellocchio, o Sangue e viscere al liceo di Kathy Acker e il recente film Anora. Questa esteticizzazione e sublimazione ironica del trauma (cito dal capitolo tre Le ragazze senza genitori sono delle brave troie: “Esce sangue a secchiate. Inizia pure a vomitare, un getto caldo e giallo mi scivola addosso, sui capelli e tra le dita. Top – che in questo caso significa: sono morta per un momento, ridiamoci su. Rabbrividisco senza dimostrarlo, comunque.”) si può a tu avviso vedere come un contrappunto a quell’idea stereotipata di scrittura femminile di cui tanto si parla ultimamente in Italia, che vuole impacchettare ogni narrazione proveniente da una donna in un involucro di storie pese, struggenti e iperemotive, inevitabilmente legate alle ave e al territorio di provenienza (una cosa a metà fra Una donna di Sibilla Aleramo e L’amica geniale di Elena Ferrante, senza possibilità di innovazione)? Ha senso poi questa macroclassificazione: scrittura femminile? Anche a livello politico, mi chiedo spesso se sia più importante sottolineare che le donne hanno finalmente una maggiore visibilità in quanto scrittrici e che inevitabilmente porteranno temi differenti dallo stereotipo di quella maschile, o che sia solo l’ennesimo modo di sottolineare l’inferiorità del genere femminile; che esiste La Letteratura, e poi la letteratura femminile. Stessa questione che si potrebbe applicare alla letteratura queer, tra l’altro.
Incretolli: Credo possa avere senso l’etichetta letteratura femminile se non contrapposta a quella maschile, quindi evitando il gioco di specchi letteratura bassa/alta o razionale/emotiva. Ma riconoscendo una dignità all’immaginario della donna che però ricordiamo non è un monolite poiché all’interno di questa categoria ce ne sono molte altre legate alle caratteristiche del femminile. Quindi ritengo possa essere plausibile riconoscere l’esistenza di una scrittura che non sia solo femminile ma femminile trans, femminile nera, femminile disabile, femminile grassa.
«Ho capito che per rendermi felice una frase deve semplicemente farmi battere il cuore anche se è scritta male e voglio specializzarmi nella letteratura brutalista che non so se esiste, ma se ci sarà un movimento, voglio esserne pioniera.»

Prima di Bellissima avevi già pubblicato Mescolo tutto per Tunué, in quella famosa collana curata da Vanni Santoni che contiene alcune delle penne più interessanti e sperimentali dell’Italia 2014 (Funetta, Zandomeneghi, Teodoldi, D’Isa, Matteoni, Labbate ecc) che tristemente non ebbe, da quanto ho capito, un percorso così virtuoso. Anche solo perché i libri sono al giorno d’oggi piuttosto difficili da reperire in libreria. Ti va di raccontare un po’ il percorso del libro e della collana? Cosa è successo fra la pubblicazione di Mescolo tutto e Bellissima? E anche del concetto di “ragazze mescolate” che compare nel libro di Tunué, e poi riprendi in Bellissima.
Incretolli: Mescolo tutto e Bellissima fanno parte della dilogia delle ragazze mescolate in quanto sono ambientati nello stesso universo e la protagonista di mescolo tutto ritorna in bellissima ed è la migliore amica di Neve. Entrambe le protagoniste dei miei due romanzi hanno un nome che rimanda a delle sostanze stupefacenti, una alla marijuana e l’altra alla cocaina. Quello che è successo tra un libro e l’altro è che sono uscita dal delulu che l’editoria fosse il posto nel mondo per me. Quando ero molto piccola e ho scritto e pubblicato Mescolo tutto pensavo di essere arrivata perché l’editoria era come una città di Smeraldo. E credo che la metafora continui a essere valida. Proprio come nella fiaba del mago di Oz: una città che brilla ma che contiene bugie e tranelli, dove non bisogna mai fidarsi delle persone che ci abitano in quanto sono cerchiobottisti. Ho trovato una serenità con il mio rapporto con la scrittura perché sono riuscita a decostruirmi da alcune nevrosi inerenti alla perfezione letteraria. Ho capito che per rendermi felice una frase deve semplicemente farmi battere il cuore anche se è scritta male e voglio specializzarmi nella letteratura brutalista che non so se esiste, ma se ci sarà un movimento, voglio esserne pioniera.
Bellissima esce come prima pubblicazione della nuova collana di Pidgin Edizioni Stormo, che cerca letteratura breve underground, curata da Mattia Grigolo. Cito dalla call: “cerchiamo novelle dal carattere punk, dalla scrittura acida e tagliente e dalle ambientazioni urbane e suburbane”. Bellissima è senza dubbio il libro perfetto per presentare questa collana, quasi un manifesto. Ti va di raccontarci come e perché hai scelto di prendere parte alla collana Stormo, qual è stato il processo (dalla selezione, all’editing, fino alla pubblicazione), perché avete scelto proprio un luogo come l’Ex–Snia per presentarlo e, per un mio personale amore del trash, qualche bel gossip letterario?
Incretolli: In realtà, Bellissima doveva uscire per un altro editore, ma per problemi personali non era più nel mood per portare avanti alcuni progetti, diciamo così. Avevo accantonato l’idea di pubblicare il romanzo, poi aprendo Facebook ho letto il bando della Pidgin e sembrava stesse veramente parlando a me. L’unico problema è che essendo una collana di novelle non doveva superare determinate battute e inizialmente il romanzo le superava abbondantemente, in un attacco dadaista ho iniziato a tagliuzzare, incollare parti del romanzo e si è creata questa nuova struttura fatta a colonne di parole e capitoli, che inizialmente non c’erano poiché era stato scritto con un layout che riprendesse un reel di Instagram: schermate di frasi che si susseguivano l’un l’altra dando massa alla narrazione.
Questo è il tuo spazio per aggiungere qualcosa; puoi anche lasciarlo bianco, fare un disegnetto, piazzarci un meme o una foto, mandare me o qualcun altro a fanculo. Sfregialo come meglio credi 🙂
Incretolli: Ti regalo un pezzo della visual board che ho mandato a Mattia nella fase pre-editing, con la mia idea per la copertina del romanzo perché la trovo pazzesca e spero qualcuno la usi per un libro.