“Dopo la pioggia”: l’affresco familiare e generazionale di Tracy Farr

Pubblicato dalla casa editrice Parallelo45 nella sezione UnoRosso (dedicata alla narrativa internazionale) ed inserito anche nella collana Hoboken, “Dopo la pioggia” (titolo originale “The Hope Fault”) è l’atteso seguito dell’esordio dell’australiana naturalizzata neozelandese Tracy Farr. Questa seconda fatica letteraria è all’altezza dell’apprezzato battesimo dell’autrice?

La copertina dai toni vagamente crepuscolari di questa edizione italiana del volume ci traghetta nel mood “uggioso” di questo romanzo definito “familiare”. Eccoci subito alle prese con tre elementi importanti della nostra trattazione/analisi: innanzitutto va segnalata la prima traduzione del lavoro della Farr ad opera di Parallelo45 Edizioni; in secondo luogo l’elemento “naturale”, simbolico ma anche ricorrente, fin dal titolo; in ultimo ma come nucleo fondante del racconto il concetto di famiglia, filtrato e declinato in diversi modi dalla penna della Farr.

Già nell’esordio intitolato “The Life e Loves of Lena Gaunt”, l’autrice aveva palesato un certo interesse per una certa introspezione trans-generazionale, che in “Dopo la pioggia” diventa un vero e proprio affresco, ammirato dal vetro di una finestra bagnata.

La Farr opta per una ambientazione fittizia ma verosimile: la città di Cassetown, inesistente ma teoricamente situata nella terra natia dell’autrice stessa, l’Australia. È altresì chiaro che l’ambientazione del racconto non è tanto una città, una regione o un intero continente, quando la casa intesa come focolare domestico. Casa che nel corso del romanzo assume contemporaneamente i contorni di un microcosmo con regole a sé stanti e di uno stage nel quale vari “attori” si confrontano quasi come se ci si trovasse all’interno di una piece teatrale.

Il racconto è suddivisi in tre parti, intitolate Pioggia, Rosa e Speranza. Nel corso della narrazione si gioca con i pieni temporali ed emerge un certo gusto per la meta-narrazione, che potrebbe scoraggiare i lettori più acerbi o infastidire quelli più smaliziati. Le pagine comunque scorrono, con l’incedere della pioggia battente.

L’intento è quello di indagare le dinamiche interne ai rapporti umani ma non solo: il cerchio si allarga fino ad una riflessione sullo scorrere del tempo e sull’esistenza stessa. Si parte da una situazione classica in tal senso: il trasloco che pone una famiglia nella condizione di dover sistemare oggetti e ricordi. Interessante, poi, il salto temporale che ci porta indietro di quasi un secolo, presi per mano dalla matriarca.

Il finale, come suggerisce il titolo stesso del capitolo, restituisce un messaggio di speranza: del resto, come recita l’adagio, “non può piovere per sempre”.

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