Essere o non essere: il rispetto di sé spiegato da Carol Swain

La graphic novel edita Tunué consacra definitivamente la fumettista inglese Carol Swain al panorama europeo.


_di Lorenza Carannante

Alcune cose sono davvero difficili da spiegare. Per chi le vive in prima persona ma anche per gli altri, spesso inconsapevoli artefici di insicurezze e paure. Quella che leggiamo dal 7 marzo grazie alla Tunué in Quello che voleva essere è la storia (non solo) di Helen, una bambina che, trasferitasi da poco dalla città alla campagna inglese, inizia a interessarsi alla natura e in particolare agli uccelli. Una curiosità infantile, silenziosa, senza sfarzi e con un interesse reale. Da birdwatcher dilettante verrà a sapere che da poco un esemplare raro di uccello si è suicidato. Emrys – questo il nome dell’animale – oltre a godere di un’ottima fama, aveva una particolarità: non aveva piume. Helen, mai sola, decide così di indagare, alla scoperta di un viaggio d’identità e accettazione reciproca, ma soprattutto di libertà d’essere.

In quest’albo Carol Swain porta il suo stile alle estreme conseguenze: il tratto a grafite scarno ed essenziale, infatti, adesso è anche vagamente sporco. I personaggi si muovono in uno spazio silenzioso ma prepotente, presente e necessario ai fini dello svolgimento della vicenda, sia grafica che narrativa. L’unico esempio a colori è dato dalla copertina che, come racconta l’autrice, è realizzata con matite colorate ed è l’unica tavola in cui è rappresentata di spalle una figura di fondamentale importanza (di cui però è meglio non rivelare l’identità, per non rovinare la lettura!).

È la stessa autrice ad affermare di avere come scopo principale con questa pubblicazione quello di voler trasmettere un senso di integrità e solidità nel lettore. E in effetti ci è riuscita: una volta conclusa la lettura di Quello che voleva essere si ha come una sensazione di completezza nei confronti di sé stessi e dell’altro, di chiunque altro rispetto a noi e soprattutto rispetto alla nostra identità di cui dobbiamo prenderci cura, sempre. Un insegnamento prezioso per gli uccelli senza piume che siamo, e che nonostante questo possono ambire al volo attraverso l’amor proprio, senza temere mai il peso del giudizio della società.