Il cucchiaio di Panenka è stato una rivoluzione

Uscito per la collana “Le figurine” di Garrincha Edizioni, “Panenka. E la storia cambiò” di Maite Iervolino è un racconto potente e nostalgico, che ci porta indietro nella Cecoslovacchia degli anni ’70. Quella di Antonín Panenka, del suo cucchiaio e di storie d’amore che non torneranno più. Articolo a cura di Edoardo D’Amato.

Insieme alle vittorie della Grecia a Euro 2004 e della Danimarca nel 1992, quella della Cecoslovacchia nel 1976 è la più sorprendente della storia dei campionati europei di calcio. Sono passati praticamente 50 anni dalla sera di Belgrado del 20 giugno, quando la nazionale del CT Václav Ježek ebbe la meglio al Marakana sulla corazzata della Germania Ovest. Da quel momento, tutto il calcio del Vecchio Continente fece la conoscenza di una Nazionale fortissima e di un giocatore all’epoca ignoto anche fra gli addetti ai lavori: Antonín Panenka.

Con il suo taglio a scodella, gli occhi azzurrissimi, un fisico non proprio da atleta impeccabile e gli iconici baffi a manubrio, Panenka, un perito alberghiero con un passato da tornitore, è stato uno dei calciatori cecoslovacchi più talentuosi di sempre. In pochi però lo sapevano, come in pochi conoscevano veramente la Cecoslovacchia, Paese socialista controllato dall’URSS, al di là di quella cortina di ferro da cui non trapelava nulla. Il controllo sovietico era totale, anche sulle informazioni calcistiche e sui dati: nessuno nel blocco occidentale aveva visto e analizzato il modo di calciare i rigori da parte dell’ex regista dei Bohemians di Praga. Più volte nel corso del campionato ceco li aveva battuti così: tocco smorzato e centrale a ingannare il portiere, al termine di una  lunga rincorsa. È il cucchiaio, o il Panenka, visto che quella tecnica l’ha inventata lui e ha preso il suo nome (una cosa che nel calcio non ha precedenti). Se Sepp Maier, all’epoca il portiere più forte del mondo, lo avesse studiato e analizzato, probabilmente sarebbe rimasto fermo e – chissà – la Germania Ovest avrebbe vinto.

 

Maite Iervolino, nel suo libro “Panenka. E la storia cambiò“, uscito lo scorso novembre per Garrincha Edizioni, descrive bene il gesto tecnico: “Avviò la rincorsa in avanti verso la palla. Mosse il bacino con un movimento ampio, quasi a far credere che la palla sarebbe andata nella parte destra della porta. Maier si tuffò proprio in quella direzione con tutto se stesso. Però proprio all’ultimo secondo Panenka rallentò e calciò con il piede destro come se fosse appuntito e lo infilò sotto la palla… sembrava che il pallone fosse un cuneo di sabbia che si sollevava verso l’area centrale della porta che Maier aveva appena lasciato sguarnita e, lentamente, come in un film, la palla andò dietro le spalle del portiere. Le previsioni erano state stravolte, la Cecoslovacchia era campione d’Europa. E Panenka aveva cambiato per sempre il modo di tirare i rigori“.

La collana “Le figurine“, la prima di Garrincha Edizioni e di cui fa parte questo libro, ha come obiettivo quello di dire qualcosa sul calcio senza soffermarsi sulla cronaca. Si concentra più sul cogliere quello che ruota intorno a questo sport, molto spesso spettro di storie e situazioni che hanno a che fare con la società, la politica e dunque la vita delle persone. Nel racconto di Iervolino Martin Irásek – l’io narrante – si lascia trasportare dal fiume della memoria, dove un posto privilegiato ce l’ha Eva, il suo primo amore. Panenka è al centro nella narrazione, ma diventa anche un pretesto per un tuffo nei ricordi di un tempo che non esiste più. Scorrendo le pagine, si respira una struggente Ostalgie (crasi tra le parole “Osten”, cioè “Est”, e “Nostalgie”, ovvero “Nostalgia”) dall’inizio alla fine. Era la Praga dei tram T3, delle vecchie auto Škoda e di amori universitari travolgenti, finiti insieme a quel mondo. Una stagione naturalmente passata: ricordandola il sorriso si fa beffardo, gli occhi lucidi e la nostalgia diventa quasi rimpianto.

In Spagna c’è addirittura una rivista che si chiama Panenka

Quella Cecoslovacchia degli Europei di Jugoslavia 1976 è stata folgorante tanto quanto Eva per Martin. Ai quarti di finale batté nientepopodimeno che l’URSS, vincitrice nella prima edizione del 1960 e finalista 4 anni dopo e in Belgio nel 1972. In semifinale piegò l’Olanda del calcio totale di Johan Cruijff e in finale ebbe la meglio sull’invincibile Germania Ovest di Franz Beckenbauer, campione d’Europa e del Mondo in carica. Come avvenuto nei quarti contro i sovietici, anche questo match non poteva essere relegato al solo campo da gioco: aveva un chiaro sottotesto politico. Fu deciso da un gesto di lucida follia, da parte di un uomo che solo quattro anni prima aveva rischiato di smettere per sempre con il calcio per via di un grave infortunio agli occhi. E che, insieme ai suoi compagni, ha alzato la coppa indossando la maglia tedesca. Più di così..

Panenka e il suo cucchiaio hanno ispirato generazioni di calciatori estrosi, un po’ pazzi, che si sono riprodotti nella specialità di casa: basti pensare al rigore di Francesco Totti (curiosamente nato proprio nel 1976) a Euro 2000 o a quello di Zinedine Zidane nella finale dei Mondiali 2006. Ma ciò che ha rappresentato quest’uomo baffuto per la Cecoslovacchia e per il suo popolo è qualcosa di ancora più grande: una vera e propria rivoluzione, almeno per una notte.

Trovi qui il catalogo delle “Figurine” di Garrincha Edizioni