Uscito in traduzione italiana per Sur il 12 marzo 2024, Pulita – Limpia il titolo originale – è uno dei pochi romanzi contemporanei che riesce a parlare allo stesso tempo alla bourgeoisie, ai radical chic intellettuali e al proletariato. Un libro in cui la lotta di classe esala attraverso le piccole vendette domestiche della donna di servizio e, talvolta, della stessa ricca famiglia che se l’è portata in casa: una violenza più sorda, ma non meno distruttiva. Articolo a cura di Carolina Dema.
Estela si trasferisce dalle campagne del sud del Cile nella capitale Santiago: l’idea è quella di trovare un lavoro, uno qualsiasi, che le permetta di racimolare un po’ di soldi per rinnovare la catapecchia sul mare in cui vive con sua madre, donna dalla severità dolce di chi si è lacerata i muscoli come operaia nello stabilimento ittico del paese, ma che ogni sera si ripulisce il corpo con dischetti di cotone imbevuti di lavanda. Il lavoro, Estela, lo trova come domestica nella villa
residenziale di una coppia in procinto di partorire la loro primogenita.
La domestica ha una divisa con un falso bottone che le stringe troppo il collo; la domestica deve prendersi cura della bambina, ma non deve sostituire la madre; la domestica si scotta la mano col ferro da stiro per proteggere la bambina che continuava a giocarci, nonostante i suoi rimproveri; la domestica chiude gli occhi, li riapre e sono passati sette anni; la domestica è invitata a sedersi a tavola per la cena di Capodanno che ha impiegato tutto il giorno a preparare, ma deve alzarsi per servire il dolce ai signori.
“Be’?
Che c’è?
Mi è sembrato di sentire qualcosa dall’altra parte. Era uno sbadiglio? Sembro un libro di
ricette? Be’, sì, così era la vita: pollo, cartilagini, le patate che non dovevano attaccarsi alla
teglia, la pazzia che non doveva aderire al cranio, gli occhi che non dovevano uscire dalle
orbite.”
La sua storia, Estela la racconta dal principio al vetro specchiante di un commissariato di polizia, in un abilissimo gioco di scrittura in cui Zerán si rivolge a un “voi” per coinvolgere i lettori, rompendo la quarta parete, ma senza lacerare la realtà interna del romanzo. E se volete scoprire perché la domestica è finita in un sala interrogatori, vi conviene correre a comprare il libro.
Narrativa e politica: l’eterno abbraccio
Già nel suo primo libro, La sottrazione (Sur, 2014), Zerán si concentrava sulla situazione politica del Cile. Ma mentre nell’esordio i protagonisti – figli ventenni dei rivoluzionali cileni degli anni Settanta – guidano sulla pista delle orme del passato dei desaparecidos, cercando il cadavere disperso in uno scalo aeroportuale della madre di Paloma, in Pulita la scrittrice racconta delle odierne disuguaglianze sociali.
Santiago è insanguinata dalle rivolte popolari, eppure i rivoluzionari per Estela sono solo dei corpi slabbrati sullo schermo della tv che tiene accesa quando stira: non si sente parte della lotta di classe, rinchiusa nella sua solitudine da domestica, l’unica compagnia una famiglia che la tratta con gelida gentilezza borghese; talvolta una cagnetta randagia e un benzinaio con la tuta da lavoro macchiata di grasso all’altezza del cuore.
Denso come il detersivo per il bucato
Un’altra differenza rispetto all’esordio – meraviglioso gioco stilistico sulla conta matematica dei cadaveri dei desaparecidos, che non disdegnava dei picchi di sperimentazione – è che Pulita presenta una scrittura, in effetti, più pulita: le distorsioni non risiedono più tanto nello stile, quanto nello sguardo della protagonista. Si legge in fretta, ma la digestione è lenta come quella dei serpenti. C’è la morte, che viene sempre tre volte; c’è la dissociazione di un’esistenza da schiava moderna, che non può permettersi di dire “Io”; c’è il corpo che parla e soffre per una mente incellofanata; c’è la figlia dei signori, bambina prodigio che si rompe un braccio per smettere di suonare il pianoforte.
E, soprattutto, ci siamo noi che leggiamo: abbiamo assunto donne di servizio che hanno pulito la nostra merda, o abbiamo lavorato per dei “signori” che ci infarinavano la testa con il motto qui siamo tutti una famiglia; e ora abbiamo letto e, da questo momento, non possiamo più dire che non sapevamo.