I Bud Spencer oltre la blues explosion

Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio ormai sono molto di più della blues explosion che dà loro il nome: al concerto dello sPAZIO211 esplodono comunque ma in modo più subdolo, travestiti da sciamani.

Sarò divisivo: I Bud Spencer Blues Explosion dal vivo mi causano dei capogiri di pura goduria che fatico a ritrovare nei lavori in studio (encomiabili, s’intende); forse perché il virtuosismo di Viterbini e Petulicchio ha bisogno di un comparto visivo per essere codificato pienamente dal mio cervello, forse perché quando la musica è così “fisica” perde d’abbrivio tra le logiche di uno studio di registrazione o forse non c’è un perché.


Aggiungerò che normalmente non amo andare ai concerti impreparato; è stato dunque un azzardo la mia decisione di rimandare l’ascolto del nuovo album “Next Big Niente” alla prima sede live disponibile e di arrivarci digiuno da qualsivoglia tipo di anticipazione. Il teatro di prova che mi si propone è la data sold-out del 18 gennaio allo Spazio 211 e io colgo al volo l’occasione.


Quando il duo sale sul palco l’aria è subito saturata dagli octaver di “Hey Boys, Hey Girls”, come da manuale, ma qualcosa è cambiato. Sarà che alle spalle di Viterbini è proiettato il video di una cascata un po’ allucinogena, sarà che tra i muri della chitarra ogni tanto fanno capolino delle crepe ariose; io comunque cerco di non farci caso.


Dopo un po’ di sano fan appeasement con il classico “Giocattoli” e la tribute a loro stessi “E tu”, si entra nel vivo delle nuove proposte. Una valanga di psichedelia mi assale, non me lo aspettavo, e mi piace. Si sente tutta la ricerca che Viterbini ha perseguito attraverso i lavori solisti e con quei matti degli I Hate My Village; i ritmi sono più word music che blues, i suoni più neo-soul che rock e la voce effettatissima è usata come un synth e ricorda molto da vicino le sperimentazioni di un certo Alberto Ferrari.

Ciò che colpisce maggiormente è l’uso che Viterbini fa della chitarra che ora più che mai è schiava delle volontà del padrone; Adriano riesce a riprodurre i suoni di uno xilofono, di un sitar e persino di un flauto attraverso le cinque corde, lavora sul camouflage e gioca per sottrazione in contrapposizione con gli assoli del passato. La formula funziona, è originale e, seppur spiazzante, mantiene un fil-rouge con le bombe dei dischi precedenti.


Per riprodurre al meglio le sonorità del disco i due si avvalgono di alcune basi preregistrate di synth e bassi che non tolgono nulla alla genuinità della performance ma portano ad interrogarsi sulla futura necessità di un terzo membro stabile nell’ensemble, cosa alla quale di recente sono scesi a patti anche i loro amici striscianti Bachi Da Pietra.


Sullo sfondo è proiettata sempre la stessa cascata, sempre più esasperata da filtri e contrasti esagerati: una scenografia semplice che aiuta ad immedesimarsi ulteriormente nella trip-explosion che seppur non vanta le bordate a cui i fan sono abituati, trascina e incanta al punto che, quando si torna alle vecchie glorie (“Mi sento come se”) si vorrebbe rimandare il risveglio dal sogno: “Dai Andriano ancora cinque minuti poi mi alzo, ti prego” e invece via, tutti a casa.

Non assistevo ad un concerto del duo da cinque anni, da quando uscì il precedente “Vivi, muori, blues, ripeti”; gli anni si fanno sentire come su di un buon vino, aggiungendo aromi e sentori senza pregiudicare la qualità del prodotto. Una miscela ancora decisamente esplosiva di rock psichedelico di tutti i tipi, coadiuvata da passione, personalità e professionalità.


Nei giorni successivi ho deciso di ascoltare il disco per capire se quanto di piacevole ho sentito si fosse conservato sul formato fisico e… wow! La svolta dei Bud Spencer è d’impatto anche in studio, tanto da stimolare ancor più curiosità per le deviazioni future del loro percorso.


Forse nell’ultimo periodo avevo un po’ trascurato i BSBE ma Viterbini come un maestro elementare, di quelli cattivi, alla The Wall, mi ha costretto a scrivere cento volte sul diario: “Mai dare per scontati i Bud Spencer Blues Explosion” con obbligo di firma dei genitori. Adriano, ho imparato la lezione!