Civita di Bagnoregio: la “città che muore”

C’è una frazione di 11 abitanti, al confine tra Umbria e Lazio, che si adagia su un colle di tufo cuneiforme a 443 metri sopra il livello del mare, stretto fra i due profondi burroni del rio Chiaro e del rio Torbido, che formano una valle di bianchi calanchi: è Civita di Bagnoregio, la città che muore. A cura di Elena Fassio.

Fu proprio l’abbondanza di acque, assieme al rigoglio della vegetazione, a spingere gli uomini, sin dai tempi più remoti, a vivere in questi luoghi. Patria del monaco-filosofo francescano San Bonaventura da Bagnoregio e del saggista-romanziere Bonaventura Tecchi, Civita di Bagnoregio ha origini antichissime. La zona fu abitata sin dall’epoca villanoviana (IX-VIII sec. a. C.), poi vi si insediarono gli etruschi, che fecero di Civita una città fiorente, favorita dalla posizione strategica e dalla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo come la via Cassia e la via Flaminia.

Alle spalle dell’abitato si estende la grande vallata incisa dai “calanchi”, creste d’argilla dalla forma ondulata e talvolta esilissima, inasprite qua e là da ardite pareti e torrioni enormi, come il solenne e dolomitico Montione e la cosiddetta Cattedrale.

Il borgo rossiccio di Civita di Bagnoregio, su cui spicca lo snello campanile romanico della chiesa di San Donato, si erge come un’isoletta nella fragile immensità dei calanchi, mare increspato ma immobile che dona una sensazione surreale, e che al tramonto si colora di varie tonalità.

L’atmosfera medievale avvolge i sempre più numerosi visitatori, che si affrettano per poter vedere lo spettacolo di Civita prima che crolli definitivamente. Il borgo si è infatti guadagnato l’appellativo di “Città che muore” a causa dei numerosissimi terremoti e franamenti che hanno già distrutto più della metà dell’antico abitato. La stessa acqua che ha modellato nei secoli queste suggestive rupi, infatti, le sta anche erodendo fino a trascinarle a valle.

Quello che fino a pochi anni fa era praticamente un borgo fantasma rinasce però oggi come città musealizzata, collegata al resto del mondo da un sottilissimo e lunghissimo viadotto in cemento, e che conserva alcune delle sue tradizioni più antiche, come la processione del Cristo morto e il Palio della Tonna. L’accesso alla rupe è possibile solo a piedi e ha un costo di 5€. Maggiori informazioni sul sito ufficiale.