HIT! Inizia con questa parola chiave Black HitStory Revisited di Federico Sacchi e SLWJM: dieci anni di hits e di black music, dieci anni di colpi, infatti, tirati a segno nel nome della grande musica afroamericana. La prima decade di Federico Sacchi, il music-teller capace di realizzare interi documentari musicali dal vivo, è andata in scena in un Teatro Gioiello sold out che – come si suol dire in questi casi – aveva “il pubblico delle migliori occasioni”. Report a cura di Luciano Morciano.
Dunque qui non si scherza: addetti ai lavori, collezionisti di dischi e appassionati irriducibili sapevano di non poter mancare. C’era “la scena”. L’abbiamo detto. Uno spettacolo all’altezza di un pubblico esigente: lo stesso Federico infatti, anche lui prima di tutto un grande appassionato, nella sua nota introduttiva ha esplicitamente detto che questa è “una delle storie della black music”, consapevole del fatto che i lavori enciclopedici si fanno altrove.
Questa volta il musicteller ha scelto di coinvolgere la band SLWJM, giovani già noti per il loro spiccato jazz contemporaneo, che non hanno accompagnato Federico. Di più: sono stati del tutto protagonisti di un documentario musicale dal vivo dove, oltre a sonorizzare lo storytelling, hanno magistralmente reinterpretato un secolo di black american music, in una performance dove il linguaggio teatrale ha saputo trovare l’interplay tipico del jazz.
Un viaggio iniziato con una canzone che, non solo è ancora in viaggio, ma che tra 40 000 anni toccherà la stella AC+79 3888: “Dark Was the Night, Cold Was the Ground” di Blind Willie Johnson, infatti, è una delle 27 composizioni presente sul Voyager Golden Record all’interno dell’omonima sonda lanciata nello spazio remoto nel 1977. Si dice che quella canzone sia stata scelta per rappresentare la solitudine dell’esistenza umana.
La solitudine di chi, per il fatto di essere nero, non potrà mai sentirsi parte di un tutto. Inevitabile, dunque, la questione razziale, il motore che fa da traino nella tradizione della musica nera. Da qui, lo spettacolo si snoda attraverso interpretazioni e narrazioni che hanno toccato capisaldi come Billie Holiday, Nina Simone e James Brown, fino ai mostri contemporanei ma già sacri come J Dilla, Common e Robert Glasper.
Il tutto condito da un live che – se fosse stato un semplice concerto – sarebbe bastato a giustificare il prezzo del biglietto. Ospiti come Gianni Denitto e Simone Garino – rari musicisti capaci di capire appieno le radici del sassofono jazz per poi superarle – hanno saputo accettare la sfida di mettersi a confronto con alcune pietre miliari come A Love Supreme (J. Coltrane) e Inner City Blues (M. Gaye) con rispetto, ma senza timore.
Barbara Menietti, ballerina e istituzione cittadina dell’house dance, ha portato il clubbing sul palco con una performance che ha dato valore anche alla parte visiva di uno show senza difetti. Jazz, blues, funky, soul, house…e il rap? Il microfono è stato raccolto da Willie Peyote, un omaggio a J Dilla con un’eccellenza a km0.
10 anni di musictelling: forse un “best of”? Una di quelle cose che tanto fa accapponare la pelle ai puristi. No, qui ci piace immaginare Black HitStory Revisited come una compilation, parola che ha perso il suo hype ma che siamo pronti a scommettere sul suo ritorno cult. Una compilation per digger, di quelle tanto care ai dj della vecchia scuola. D’altronde era proprio grazie a una compilation che la parola techno assunse un nuovo significato.
Now Playing: Techno! The New Dance Sound of Detroit (10 records, 1988, UK).
In copertina: Federico Sacchi feat SLWJM credits Renato Morra