Premio Buscaglione: musica fluida e community unita

10 semifinalisti in gara, 3 club storici della città (sPAZIO211, OFF TOPIC, Cap10100), 3 ospiti speciali (Post Nebbia, Yosh Whale e Gazebo Penguins) e l’obiettivo di raccontare i nuovi talenti del cantautorato italiano attraverso un concorso che più che i trofei vuole mettere in primo piano i rapporti umani e lo spirito collettivo di una “scena”. 

A poche settimane della fase finale del Premio Buscaglione, facciamo una chiacchierata con Francesca Lonardelli, organizzatrice del concorso curato dall’Associazione Culturale F.E.A., pronti a goderci l’atmosfera frizzante e genuina delle tre serate in programma il 4, 5 e 6 maggio (tutte le info QUI). E, in qualità di media-partner, assegnare anche il nostro Premio Outsiders.

Ciao Francesca, dopo anni – per così dire – complicati, torna in grande stile ed in grande spolvero il Premio Buscaglione. Dicci intanto come stanno andando i preparativi di quello che più che un contest tutti abbiamo sempre sentito come una grande festa.

Che bello sentirti definire il nostro contest come una festa. Abbiamo sempre cercato di trasmettere questo clima rilassato e conviviale, l’aggregazione fra band in concorso headliner e staff. La parte “seria“ del concorso (la selezione, i premi, il tour, il contest) rimangono centrali, ma tutt’intorno e durante i tre giorni dei live facciamo in modo di favorire la nascita di una piccola community molto unita. A dimostrazione di ciò sono i rapporti di lunga durata che instauriamo sia con gli artisti che partecipano che con le altre categorie (giurati, festival partner, presentatori).

I preparativi per questa edizione hanno sofferto ancora delle dinamiche della ripresa del post covid, che hanno obbligato a concentrare tutte le attività di organizzazione in un periodo più limitato di tempo.
Solitamente potevamo organizzare l’evento lungo tutto un anno, per questa edizioni abbiamo dovuto dimezzare i tempi e fare tutto in sei mesi… Quindi, per rispondere alla tua domanda, beh, procedono bene, ma di corsa! Queste ultime settimane sono dedicate alla messa in scena dello spettacolo dei live, riunioni con i presentatori, con i club che ci ospiteranno (quest’anno abbiamo ben 3 club: Off Topic, Spazio211, Cap10100), progetti di illuminotecnica e tutto quello che ci permetterà di proporre un contenuto culturale curato dal punto di vista musicale e visivo.

Canova

«Cerchiamo qualcosa che non per forza deve passare da Sanremo per avere dignità e pubblico. Progetti che prima di tutto sia incentrati sul live e non sui palchi virtuali mainstream, che in futuro riempiano i live club e i festival di tutti i giorni, quelli della tua città o della tua provincia»

Quali sono le novità da mettere in evidenza rispetto alle edizioni passate e come ci consigli di approcciare le tre serate di inizio maggio.

Per questa edizione abbiamo messo in campo diverse novità: prima di tutto la scelta di svolgerlo itinerante, coinvolgendo tre live club simbolo della musica indipendente torinese, un orientamento preciso che vuole rendere omaggio all’attività musicale della città che resiste tutto l’anno, che ha subito 3 anni di stop. Altra novità importantissima è l’istituzione della Targa Gran Torino, un riconoscimento alla carriera di un artista simbolo del cantautorato italiano: sabato 6 maggio, nel corso della serata finale del Premio Buscaglione al Cap10100, la consegneremo a Dente! E per l’occasione lui ci regalerà una performance live. Infine, altra novità di questa edizione sono due menzioni speciali, Menzione Istituto Musicale di Rivoli e Menzione Murazzi, che daremo anche ai semifinalisti esclusi dalla finale. Queste menzioni, ci permettono di allargare lo spettro dei premi assegnati e dare un riconoscimento anche a chi, pur non accedendo alla serata finale, è comunque arrivato fino a qui selezionato su 560 artisti da tutta Italia.

Ogni tot bisogna ripeterlo, anche perché è la musica stessa oggetto del Premio ad evolversi: che cosa cerca (e quindi poi premia) il Premio Buscaglione?

Il Premio Buscaglione cerca nei progetti l’innovazione sia sonora che a livello di testi. Le band che abbiamo selezionato per questa edizione hanno tutte una capacità di scrittura molto elevata che hanno arrangiato con delle sonorità mai banali. Stiamo vivendo un momento di sovrapposizione fra scena indipendente e mainstream. Il covid associato al booster digitale hanno accelerato un processo irreversibile di permeabilità fra i due mondi che, a chi come me si è formata negli anni 00, lascia un po’ perplessi, ma che è presente e sembra inarrestabile. Fino a qualche anno fa, quando facevamo riferimento al circuito indipendente, oltre a un modo di fare musica e di produrla, ci si connotava a livello sociale.
Grazie al covid e alla complicità di alcuni big della scena indie, Sanremo è stata la bomba che ha fatto deflagrare quella che per me è una contraddizione, ma che invece per molti è una nuova onda musicale: ovvero band che prima erano prerogativa del mondo “Indie” sono diventate big del “nuovo mainstream”. E questo nuovo mainstream, made in Sanremo, anche se si equipaggia di una patina sovversiva (Blanco che distrugge il palco, i Maneskin fintorockpunkinglese, i pugni chiusi sul palco) in realtà rassicura e consolida la vena conservatrice musicale italiana: le solite major, il conduttore maschio, l’indistruttibile paternalismo, ecc. I Coma Cose, Dimartino e Colapesce che incantano Sanremo è un segnale di forte cambiamento.
Ad almeno 230 km da tutto questo (la distanza Torino Sanremo in km, ndr) , ci siamo noi che cerchiamo qualcosa che non per forza deve passare da Sanremo per avere dignità e pubblico. Progetti che prima di tutto siano incentrati sul live e non sui palchi virtuali mainstream, che in futuro riempiano i live club e i festival di tutti i giorni, quelli della propria città o provincia.

Margherita Vicario

Gli ospiti speciali invitati per le semifinali sono artisti molto diversi tra loro che tra le altre cose raccontano bene il mood eclettico e trasversale del festival: raccontaci come siete approdati a loro.

La scelta degli headliner la facciamo in collaborazione con Gianluca Gozzi, direttore artistico del Todays. Con lui cerchiamo sempre di portare proposte alternative, sempre un po’ il discorso della domanda precedente, cerchiamo vie alternative ai progetti “alla Sanremo”. Forse perché, come dicevo all’inizio, essendomi formata come organizzatrice di eventi musicali nei primi anni 2000 (più un background che parte dalla scena underground della Torino anni 90), sento molto forte la necessità di difendere uno spazio musicale che non si conformi al mainstream. Non perché nel mainstream non ci siano progetti di valore, ma visto che la legge che lo regola è quella di mercato si rischia che la valutazione del valore artistico sia sempre subordinata a quella del business e che quindi il talento musicale venga sacrificato. Quindi, le nostre, non le vedo delle scelte così eclettiche ma per lo più orientate verso la salvaguardia di uno spazio creativo ben determinato.

Momento aneddoto divertente e comunque particolare legato a queste selezioni: quanti artisti vi hanno contattato? Come è andata la scrematura?

Con questa edizione abbiamo registrato il record di iscrizioni, 560 iscritti da tutta Italia, una grande soddisfazione se commisurata al dimezzamento dei tempi di iscrizione (1 mese vs i vecchi 2 mesi) e il messaggio che appare è quello di una grande energia musicale che vuole emergere. Tantissimi i progetti di grande valore oltre ai 10 selezionati, tantissime le donne, per la prima volta in 13 anni abbiamo registrato un terzo di iscritte donne, non sembra tanto, ma vi assicuro che è un dato enorme. Della selezione me ne sono occupata personalmente con un piccolo staff della nostra associazione. La scrematura la facciamo in diverse fasi di ascolto, un ascolto intensivo che monopolizza giornate intere. Sulle circa 600 candidature abbiamo fatto 3 turni di selezione per arrivare a una rosa finale di 40 nomi fra cui poi individuare i 9 semifinalisti (uno lo scegliamo fra quelli più votati dal pubblico sul nostro sito).

«Credo che quello che stiamo vivendo sia una fase di passaggio fra l’indie – che ormai è morto – e questo cosiddetto nuovo indie (che non si chiamerà così) che è ancora in fase di definizione. Anche la musica è fluida»

In questi anni, come è normale che sia, il concetto di cantautorato è cambiato, si è allargato: ci dici un artista ovviamente non in gara né tra gli ospiti che ti ha emozionato particolarmente nell’ultimo periodo?

Ho iniziato a lavorare a questo progetto nel 2005, quando stava emergendo un nuovo cantautorato di cui i padri fondatori erano Bugo, Dente, Brunori, gli Zen Circus, Le Luci della Centrale Elettrica; nel 2011/12 arrivarono quasi in contemporanea I Cani, Lo Stato Sociale. Capisci? Un nuovo mondo pieno di energia e di immaginari diversi scorreva in forma lavica sotto la cultura mainstream.
Nel bando delle prime due edizioni cercavamo “cantautori- post contemporanei” cioè riconoscevamo ancora un forte significato al termine cantautore ma già investendolo di nuovi significati. Poi ad un certo punto abbiamo iniziato a cercare semplicemente la “next big thing”, la band del futuro, iniziando a slegarci da un termine che stava perdendo di significato ma sempre con uno sguardo rivolto alla ben determinata scenda indie. Ora, dopo il covid, e con la sovrapposizione che vi raccontavo prima, è più difficile mettere a fuoco l’identità dei progetti che ci vengono proposti e capirne le traiettorie. In questo momento non saprei dirti esattamente chi sono gli artisti che si iscrivono… Cantautori? Aspiranti sanremesi o xfactoriani? Band dall’attitudine rock’n’roll? Credo che quello che stiamo vivendo sia una fase di passaggio fra l’indie, che ormai è morto, e il cosiddetto nuovo indie (che non si chiamerà così) che è ancora in fase di definizione. Anche la musica è fluida.
Artisti italiani che mi hanno emozionato di recente non mi vengono in mente… però i Fontaines D.C., tra gli stranieri, sono la scoperta più interessante degli ultimi due anni.

Facciamo una parentesi su tutto il corollario di eventi che gravitano attorno al Premio: come stanno andando, in generale, Avanzi di Balera e Notte Rossa Barbera?

Entrambi i progetti godono di ottima salute. La Notte Rossa Barbera si è svolta a marzo scorso, per la prima volta non più legata temporalmente al Premio Buscaglione (fino al 2020 si svolgevano nella stessa settimana) ed è stato un successone, 15 location andate sold out a 10 a giorni dall’evento e con richieste di prenotazione a valanga fino all’ultimo giorno. È un evento importante e stiamo capendo come ristrutturarlo per rispondere a questa enorme richiesta.
Avanzi di Balera, non lo nascondo, è il mio progetto preferito, perché a differenza del premio è un momento di totale leggerezza e anche trasgressione se vogliamo. Sono 13 anni di attività in cui non ha mai
subito cali, alle volte mi sembra incredibile, ma la passione che trasmettiamo al nostro pubblico e l’energia che loro passano a noi lo rende un progetto stabile e affidabile.
Quest’anno abbiamo recuperato Milano (città che avevamo perso per il Covid) dove da poco si è svolta la prima serata che è stata incredibile, un’accoglienza numerosissima e molto calorosa. A breve andremo per la prima volta anche a Roma, al Monk. Non vediamo l’ora.

E domanda ancora più generale e spinosa: come sta Torino secondo te, in relazione ovviamente alla musica italiana suonata dal vivo?

È ancora presto per dirlo. Se per le persone che fanno altri lavori la pandemia è passata da un pezzo, per noi che lavoriamo con lo spettacolo dal vivo e il ballo, la vita è appena ricominciata. Questo è stato un anno di ripartenza e ancora si fatica a elaborare i cambiamenti lavorativi e a livello di pubblico, che la pandemia ha reso travolgenti: in 2 anni sono stati vanificati sistemi organizzativi ed esperienze accumulate in decenni di attività.
Fa riflettere che la “ripartenza della musica live a Torino” sia coincisa, e quindi associata, a un evento come l’Eurovision, un evento alieno che non ha nulla a che vedere con la storia o gli operatori musicali della città, che però è stato interpretato come segno di una rinascita e ora viene proposto come modello di evento musicale… Io penso che il successo di un evento come quello sia dovuto a tanti fattori esterni: è stato a livello temporale il primo evento dopo due anni di stop, gratuito, in un parco cittadino a maggio… beh, ecco trovo che il suo successo sia molto legato a questi aspetti, piuttosto che per il prodotto musicale/culturale di cui è stato portatore. A Torino, a mio avviso, serve molto altro: serve fiducia e investimento su chi opera nel settore da decenni e che grazie a questo lavoro ha saputo costruire relazioni professionali consolidate con altre realtà nazionali e internazionali.

Una cosa che da direttrice artistica ti senti di voler dire a tutti quelli che non hanno passato le selezioni e un’altra che invece vuoi dire a chi è arrivato alle semifinali.

A chi non ha passato le selezioni vorrei dire che il nostro concorso va oltre le semifinali, infatti a disposizione degli artisti e del pubblico. Sul nostro sito rimane il database permanente con le loro schede
dove possono continuare ad accedere e ascoltare gli artisti e le artiste dell’edizione 2023. Una piattaforma di scouting aperta e accessibile da tutti con centinaia di schede e ore di musica in ascolto gratuito.
Agli artisti che sono ancora in gara, oltre al mio più sentito augurio, vorrei che cogliessero l’opportunità offerta dall’essere presenti ai live dove possono entrare in contatto diretto con i giurati che sono
professionisti del monto musicale, direttori artistici, musicisti affermati, e di sfruttare il contesto per creare legami e contatti che potranno essergli utili al di là delle premiazioni. Ma anche di cogliere l’opportunità di esibirsi davanti a un pubblico amante della buona musica dal vivo che sarà presente sì per assistere al concerto degli headliner, ma anche per scoprire nuovi artisti come loro.

«Fa riflettere che la “ripartenza della musica live a Torino” sia coincisa, e quindi associata, a un evento come l’Eurovision, un evento alieno che non ha nulla a che vedere con la storia o gli operatori musicali della città, che però è stato interpretato come segno di una rinascita e ora viene proposto come modello di evento musicale… A Torino, a mio avviso, serve molto altro: serve fiducia e investimento su chi opera nel settore da decenni e che grazie a questo lavoro ha saputo costruire relazioni professionali consolidate con altre realtà nazionali e internazionali.»

Grazie Francesca. Ci vediamo ad inizio maggio col Premio Buscaglione: una certezza.

Qui i semifinalisti in gara: