Un evento ormai di culto festeggia venti candeline in un’edizione che si configura quasi come un “best of” delle puntate precedenti (senza trascurare volti nuovi tutti da scoprire), confermandosi come uno dei festival più importanti del panorama nazionale ed europeo.
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_a cura di Edoardo D’Amato
“Ma ogni giorno il sole tramonta / E la cosa più superba è la Notte / quando cadono gli ultimi spaventi / e l’anima si getta all’avventura” , questi sono i versi tratti da “Superba è la Notte” di Alda Merini che ci accolgono all’inizio di un nuovo ballo tra le braccia di Club to Club, a distanza di due decadi dalla prima volta…

Era il 2002 quando Situazione Xplosiva, un’associazione culturale di Torino, metteva in piedi un festival musicale dove protagonisti principali erano i locali stessi. Si chiamava Club To Club (nome che ha mantenuto per molti anni) e si concentrava prevalentemente nell’area dei Murazzi del Po. Nel corso del tempo, l’appuntamento (che coincide da sempre con la Contemporary Art Week piemontese) si è esteso nel resto della città, prima di trovare la sua “casa” definitiva al Lingotto Fiere, con una serie di altre venues secondarie ma non per importanza, come il Teatro Carignano, la Reggia di Venaria Reale, il Conservatorio Giuseppe Verdi, il MAO, la Fabbrica del Vapore e le OGR. Proprio da queste ultime è partita C2C Festival 2022, l’edizione dei 20 anni.
E non è un caso che sia cominciata in un luogo che rappresenta pienamente la trasformazione della città sabauda da polo industriale a culturale. Coerentemente con i cambiamenti della città, ora più aperta e pluralista, la serata delle OGR vede sul palco artiste che hanno fatto della loro evoluzione (personale e creativa) un elemento imprescindibile anche per il racconto della propria arte. Lyra Pramuk e Arca inaugurano quello che è a tutti gli effetti un festival senza genere, dove le keyword di riferimento sono avanguardia, avant-pop e transdisciplinarietà. Ed entrambe lo raccontano perfettamente, con due esibizioni aliene, dove la voce – utilizzata e interpretata come fosse uno strumento – si fa acida e imprevedibile in Arca, meditativa e eterea in Lyra Pramuk: due stranianti e coinvolgenti liturgie sonore che aprono il ritiro spirituale di C2C nel migliore dei modi. Sulla stessa scia anche aya, che pone al centro della scena la componente vocale e la propria corporeità, in un set particolarmente infuocato.

Da OGR ci si sposta, come ormai di consuetudine, a Lingotto, dove si entra nel vivo del Festival.
La serata di venerdì è anche quella in cui iniziare a respirare meglio l’atmosfera internazionale di C2C: ci sono persone provenienti da 40 nazioni in tutto il mondo. E questo ha indiscutibilmente delle ricadute positive nei confronti di tutta la città, che con la Contemporary Art Week (in cui si posiziona anche C2C) e le ATP Finals di tennis si regala un novembre davvero hot. Hot tanto quanto il live dei 72-HOUR POST FIGHT.
La band milanese, vera eccellenza nostrana, è tanta roba e spettina tutti i presenti nel Main Stage, mentre dall’altra parte – nello Stone Island Stage – stanno per iniziare gli Autechre. Nel 2016 si esibirono alle 4 di notte, stavolta alle 20.30. La botta rimane la stessa: nel buio totale, partiamo con il gruppo inglese per una spedizione nello Spazio aperto. Da Lingotto a Marte in circa un’ora di ritmi sincopati e svarioni glitch. Dagli abissi spaziali torniamo sulla Terra e sul Main Stage con i Jockstrap, una delle sorprese più piacevoli di questa ventesima edizione. Il live del duo londinese inizia soft, con tanto di chitarra acustica per Georgia Ellery, per poi accelerare verso la fine con sferzate di synth e breakbeat. Debutto italiano e al C2C assolutamente a pieni voti.

Blackhaine, insieme a Pa Salieu, rappresenta la “quota” rap del Festival. I due però declinano il genere in maniera diversissima.
Il primo ha il phisique du role di uno Jaap Stam e, per tematiche trattate, sembra avvicinarsi a degli Sleaford Mods ancora più incattiviti e nichilisti. Con sonorità da non confondere però, visto che Tom Heyes attinge a piene mani dalla drill e dalla musica elettronica. La performance ne esce bene, anche da un punto di vista visivo: sarà quella faccia da serial killer dei sobborghi di Manchester, sarà quel dimenarsi continuo sul palco e i balli in mezzo al pubblico, Blackhaine ci ha in parte (sottolineiamo in parte) ricordato l’esibizione folle e memorabile di Yves Tumor al C2C del 2017.
Il secondo, che si è esibito nella giornata di sabato, mette insieme un pastiche di dancehall, afrobeats e grime che in studio funziona, ma live (con band al seguito) si accartoccia un po’. Lui ci prova con i suoi “Energy!” ripetuti a macchinetta, ma non ci convince del tutto. E’ un po’ tutto piatto, nonostante (o forse proprio per) la grande mescolanza di ritmi e approcci.
Che dire invece della premiata ditta Caribou e Jamie XX? Ormai veterani di C2C, si confermano come due che alla fine – di mestiere – la pagnotta la portano sempre a casa. Stesso discorso per Jeff Mills, subentrato in corsa per i noti e tristi fatti che hanno coinvolto i Low. Una vera e propria istituzione della techno: ha letteralmente ribaltato lo Stone Island Sound Stage, che ha chiuso il sipario con i live degli onnipresenti Kode9 e Bill Kouligas, mentre nel main i Two Shell davano la buonanotte con i loro beat caracollanti e decostruiti.

Ad aprire l’ultima serata del Festival ci ha pensato Stefania Vos, che insieme a Sara Berts ed Elena Colombi (esibitesi nella serata precedente) ha offerto quella componente di elettronica sperimentale e performartiva che rappresenta un fil rouge ideale con le pulsioni dell’Art Week torinese. In linea con questa sensibilità c’è anche l’esibizione di Caterina Barbieri, ormai una fuoriclasse assoluta e anche lei veterana di C2C. Il suo set è meraviglioso e “At Your Gamut” suonata dal vivo è estasi pura. Semplicemente ipnotica, difficile aggiungere qualcosa di più. Come anche ipnotica è la batteria di Makaya McCraven. Forse il tutto un filo boomer, ma nel complesso stile a pacchi e tantissima cazzimma.
Di Pa Salieu abbiamo già detto, mentre due parole vanno spese per YENDRY. L’artista italo-dominicana, cresciuta proprio a Torino, ha suonato tutti i suoi brani più famosi (tra cui “Nena”, “Barrio” e il featuring con J Balvin “Instinto”) e fatto salire sul palco ENNY, che ha a sua volta messo tutti in riga con la sua hit “Peng Black Girls” e duettato con la stessa YENDRY su KI-KI. In generale, da questo live si deduce che c’è un grosso potenziale e si intravede la possibilità di costruire qualcosa di veramente interessante. Rivedibile il momento a cappella di “Almeno tu nell’universo”, anche se fatto davvero con il cuore.

Nello Stone Island, nel frattempo, andava in scena una selecta totalmente danzereccia, curata dal progetto Bar Mediterraneo dei Nu Genea.
Per quattro ore di fila, il duo napoletano ha fatto ballare tutto il Lingotto, con una selezione piena di chicche e pezzi evergreen, buoni per tutte le stagioni. Ovviamente c’è stato spazio anche per i già classici “Disco Sole” e “Marechià”. Prima di Romy, già vista più volte da queste parti e che chiude la serata, ecco i Bicep: sono al debutto italiano e la combo perfetta con i visual è di fortissimo impatto. Oltre al fatto che, dal canto loro, hanno una serie di hit che hanno attratto diverse persone venute appositamente per loro. Il Main Stage è stracolmo, con i corpi che ballano in totale libertà. Probabilmente è questo il momento che aggiunge un’ulteriore fotografia negli highlights della storia del Festival.
Cuore in frantumi invece per la mancata esibizione dei Low, a causa della scomparsa della batterista Mimi: un pensiero a lei, a suoi cari e alle sublimi pagine di musica che ci ha regalato. Sicuramente ci avrebbe ipnotizzato col suo incedere alla batteria anche nel capannone di Lingotto.
Tirando le somme, C2C è ormai una garanzia dal punto di vista musicale: tantissime conferme, qualche sorpresa e pochissime delusioni. Vanno segnalate anche altre brillanti iniziative, come ad esempio la possibilità per i possessori di biglietto di visitare gratuitamente nei quattro giorni di Festival il tetto del Lingotto, dove è presente la Pista 500. Si tratta di uno storico tracciato di collaudo, utilizzato per testare le automobili e diventato un giardino-museo come espansione outdoor della Pinacoteca Agnelli. Ecco cosa si può ammirare al tramonto.

Forse si potrebbe lavorare ancora un po’ nella direzione di rendere l’evento più ricco e fruibile da un punto di vista logistico, sia con riferimento al food & beverage che per quanto riguarda il sistema di pagamento incorporato nei braccialetti (quest’ultimo non ancora completamente a fuoco). Ma, nel complesso, sono 20 anni che C2C cresce e si consolida come uno degli eventi contemporanei di punta a livello nazionale e internazionale. E sembra non voler smettere, visto che è stata già annunciata l’edizione 2023, dal 1 al 5 novembre.
Avercene di festival così. La sensazione ora è che si sia chiuso un cerchio, pronti ad iniziare un nuovo ciclo?