Nel sagrato del Duomo di Massa Marittima, la storia senza tempo de La Traviata

Tra i capolavori del compositore di Parma e del panorama lirico internazionale, venerdì 5 agosto l’opera di Giuseppe Verdi è stata la protagonista dell’ultima serata della 35esima edizione di Lirica in Piazza, una delle rassegne musicali più importanti della scena italiana.

_Roberta Scalise

 

Libiam, libiam ne’ lieti calici, che la bellezza infiora; a la fuggevol, fuggevol’ora s’inebrii a voluttà. […] Ah! Libiam, amor, fra’ calici più caldi baci avrà.

Il tempo è sfuggente, mutevole, inaffidabile. Per goderne a pieno, bisogna berne ogni attimo, celebrando l’amore e le bellezze che lo colorano. Prima che scivoli via silenzioso e indisturbato, rapido come il vino nei calici in una serata di festa.

Lo sa bene Violetta Valery, e lo sapeva bene anche Giuseppe Verdi, che decise di tramutare in suono e canto il brindisi più celebre della cultura popolare, dando vita a uno dei capolavori dell’operistica italiana e internazionale, La Traviata.

Un gioiello musicale immune – lui sì – al tempo, ancora in grado di veicolare, nonostante i secoli che lo separano dalla sua prima rappresentazione al Teatro La Fenice di Venezia del 1853, i suoi messaggi e le sue arie ricolmi di gioia, dolore e passione per la vita.

 

Gli stessi che hanno inondato il sagrato gremito di spettatori della cattedrale di San Cerbone, nella cittadina toscana di Massa Marittima, in occasione della 35esima edizione di Lirica in Piazza, tra le più importanti rassegne liriche della scena nazionale.

Venerdì 5 agosto, infatti, l’opera in tre atti musicata da Verdi e impreziosita dal libretto di Francesco Maria Piave ha dipanato la sua intensità nella suggestiva cornice di piazza Garibaldi, incastonata tra le pareti del Duomo duecentesco di stile romanico-pisano – inedita quinta di teatro – e l’attenzione febbrile degli astanti, trasportati e cullati dalle note del compositore di Parma e dal vento della vivida sera d’estate che l’ha ospitata.

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Una scenografia originale e affascinante, che ha, inoltre, avuto l’onore di presentare al pubblico di Massa Marittima il nuovo allestimento diretto da Renzo Renzi, con la regia di Natale De Carolis, la scenografia di Giovanni Di Mascolo, l’Orchestra sinfonica Europa Musica guidata dall’eccelso Maurizio Morgantini e il magistrale Coro Lirico Italiano.

A dare volto e voce ai protagonisti del dramma verdiano, tratto dal romanzo La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, alcuni interpreti d’eccezione: la sublime Nina Solodovnikova, perfetta nelle vesti dell’incantevole e tormentata Violetta; il tenore di fama mondiale Giorgio Casciarri, che con il suo fraseggio asciutto ha dato corpo all’emotività e ai dissidi interiori del suo amante Alfredo Germont; e Alessio Potestio, il rabbioso e ingiusto Giorgio Germont, padre di quest’ultimo.

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L’intreccio è noto: Violetta, donna di mondo e amante della vita, accoglie nella sua casa parigina i suoi invitati, riuniti in una delle sue consuete feste ricche di sfarzo e mondanità. L’amico Gastone de Letorières la distrae momentaneamente dall’inebriante girotondo di persone per presentarle Alfredo Germont, un suo “grande ammiratore”, recatosi spesso presso casa sua nel corso della sua recente malattia.

Violetta, infatti, è vittima della tubercolosi, e sa che il tempo che le rimane è ormai poco. Per tale motivo, dopo aver rimproverato il Barone Douphol – suo protettore – di non aver mostrato la medesima curiosità del giovane innamorato, incita Alfredo a proporre un brindisi (Libiam ne’ lieti calici), nell’arco del quale i presenti cantano un inno alla vita e alla bellezza che fugge e al vino, che con il suo calore riscalda il cuore e l’amore.

A incrinare la gioia della festa, vi è, tuttavia, la tacita e serpeggiante malattia di Violetta, che la costringe ad attardarsi nel salone mentre tutti gli invitati si dirigono nella sala accanto. La donna è atterrita dal pallore che scorge sul suo viso guardandosi allo specchio, sul cui riflesso, al contempo, nota la presenza di Alfredo. Il quale, finalmente solo, ha l’opportunità di confessarle il suo profondo amore senza interruzioni e sguardi indiscreti.

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Violetta ama il piacere, e, credendo di essere incapace di provare vero amore, gli risponde proponendogli dapprima una semplice amicizia. La dichiarazione d’affetto, però, non le rimane indifferente: prima che si allontani, perciò, Violetta porge un fiore ad Alfredo, suggerendogli di riportarglielo il giorno successivo.

Ha, così, inizio la relazione d’amore tra Violetta e Alfredo, che, tuttavia, non avrà un’esistenza molto lunga e felice. Il rapporto è, infatti, danneggiato dall’intervento di Giorgio Germont, il padre di Alfredo, che accusa la donna di voler spogliare il figlio delle sue ricchezze. Violetta, addolorata dall’ingiusta imputazione, mostra, allora, all’uomo i documenti che provano la vendita di tutti i suoi averi, e Giorgio, compresa la situazione e pur convinto dell’amore che li lega, chiede ugualmente alla donna di fare un sacrificio per salvare il futuro dei suoi due figli.

Alfredo ha, appunto, una sorella, e, se non torna subito a casa, rischierà di mettere in serio pericolo il matrimonio di quest’ultima. Violetta gli propone di allontanarsi dall’amato per un breve periodo, ma Giorgio sostiene che non sia sufficiente. La donna, dunque, seppur dilaniata dal dolore della separazione, decide di lasciare Alfredo, incalzata anche dalle parole di sconforto di Germont, che in Un dì quando le veneri preconizza a Violetta che, una volta scomparsa la sua bellezza, Alfredo si stancherà di lei, abbandonandola.

Rimasta sola, Violetta inizia a scrivere una lettera ad Alfredo, il quale la interrompe entrando nella stanza e, dopo le insistenze e le richieste di consolazione di lei, le giura amore eterno (Amami Alfredo). In seguito, la donna fugge via, ma l’uomo si accorge della lettera e inizia a leggerne il contenuto, intuendo ben presto le intenzioni di Violetta.

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Confuso, deciderà, quindi, di recarsi alla festa a casa di Flora Bervoix, dove sa di trovare la sua amata. E così sarà: Violetta, però, non è da sola, bensì accompagnata dal Barone, di cui afferma di essere innamorata nel momento in cui Alfredo le chiede spiegazioni. Indispettito, l’uomo chiama tutti gli invitati e getta una borsa piena di denaro (vinto poco prima a una partita a carte) ai piedi di Violetta, come gesto di sdegno. Violetta sviene, ma è certa che, prima o poi, lui comprenderà il suo gesto.

Quando ciò accadrà, purtroppo, sarà troppo tardi. L’ultimo atto dipinge, infatti, la scena più triste e dolorosa della Traviata di Verdi: la camera da letto di Violetta, in cui lei giace ormai piegata dalla tisi. Presto, tuttavia, ecco arrivare Alfredo, informato delle sue condizioni dal padre Giorgio. I due, di nuovo uniti dall’amore che li ha sempre legati, sognano un futuro radioso a Parigi, mentre all’esterno impazza, in un sinistro contrasto, la gioia del Carnevale.

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Violetta sembra recuperare le forze, ma, dopo aver provato ad alzarsi dal letto, si accascia sconfitta sul canapè, dove spirerà dopo aver chiesto ad Alfredo di ricordarsi sempre di lei.

L’interpretazione di Nina Solodovnikova, decisa e insieme tragica, collerica e insieme dolce, rende perfettamente il contrasto di emozioni, pensieri e azioni della vicenda. Il tutto coadiuvato da una presenza scenica carismatica e salda, cui contribuisce anche la scelta di far indossare costumi moderni e scevri di riferimenti al passato, rendendo così l’opera di Verdi molto più immersiva e aderente alla contemporaneità.

Il risultato è commovente, e avvolge lo spettatore in tutte le fasi della tragedia, facendolo sospirare, divertire, rattristare e infuriare con i protagonisti dell’intreccio. A dimostrazione che le grandi opere sopravvivono al tempo, restando sempre capaci di parlare a chi si rivolge loro. Anche per la parentesi di una ventosa serata d’estate maremmana.

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