Cine Teatro Maffei: alla scoperta del nuovo Circolo ARCI di San Salvario

Dietro Piazza Madama è nato, o meglio rinato, il Cinema Teatro Maffei, uno spazio polivalente studiato per la diffusione, la produzione e la formazione culturale. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Maurizio Pisani, Presidente dell’Associazione omonima, e Alessandro Maoglio, responsabile artistico del progetto.

 

_di Edoardo D’Amato

A due anni di distanza dalla chiusura di uno degli ultimi cinema a luci rosse sabaudi, ora il Maffei risorge e lo fa cambiando completamente pelle. Si chiama NEW ERA (e non poteva che essere così) la rassegna d’inaugurazione di Cinema Teatro Maffei: cinque giorni di eventi tra musica, danza, teatro, cinema e incontri per dare una nuova vita ad un luogo storico di Torino. La mission del progetto è chiara e ambiziosa: riportare la struttura, 50 anni dopo, ai fasti di un tempo, ma con visioni aperte e sensibilità attuali. Uno spazio di diffusione di contenuti culturali d’avanguardia, una proposta aperta all’azione artistica, con protagonista la cultura in tutte le sue espressioni.

Aprire un centro culturale in un periodo pandemico così difficile e incerto è una scelta politica forte, che accresce ancora di più il valore dell’iniziativa. Ne abbiamo parlato con Maurizio Pisani, Presidente dell’Associazione Cinema Teatro Maffei, e Alessandro Maoglio, responsabile artistico del progetto, che hanno risposto alle nostre domande e curiosità.

Nell’immaginario comune, si pensa al Maffei come ad uno degli ultimi cinema a luci di rosse di Torino. In realtà, nel corso di quasi un secolo di vita, è stato molto di più. Ad esempio, qui nacque la prima compagnia teatrale di avanspettacolo italiana. Cosa vuole essere invece Cinema Teatro Maffei, nel prossimo futuro?

Quando abbiamo pensato a questo progetto, abbiamo deciso di farlo in un’ottica completamente nuova: pur nel rispetto della storia di questo edificio e di ciò che era stato nel corso degli anni, volevamo creare un luogo, un’agorà, dove si potesse fare arte e cultura a tutto tondo, ma soprattutto senza limiti legati al genere e alle convenzioni. Per questo per noi questo non è il nuovo Maffei, ma Cinema Teatro Maffei, neutro nel genere, ma che in qualche modo porta con sé il patronimico Cinema Teatro.

 

La scelta di aprire uno spazio culturale va in controtendenza rispetto all’attualità, ancora gravemente condizionata dalla pandemia. Ma già prima dell’emergenza sanitaria, mettere in piedi e gestire un centro di aggregazione sembrava un’impresa molto complessa. Com’è nata l’idea di dare forma a Cinema Teatro Maffei, e quali sono le prospettive che la città di Torino può offrire per una realtà di questo tipo?

Proprio perché abbiamo vissuto e stiamo vivendo anni che condizionano la nostra socialità e il mondo dell’arte e dell’intrattenimento, pensiamo sia importante avere luoghi in cui poter esprimere forme creative. Cvetan Todorov ha detto che “la bellezza salverà il mondo”, e cosa c’è di più bello delle espressioni artistiche in ogni loro forma? E in questo momento il mondo ha decisamente bisogno di essere salvato. Torino è una città poliedrica: ricca di cultura, storia, monumenti, ma anche di parchi, aree urbane industriali. È un salotto raffinato, ma anche ricco di contraddizioni multiculturali che possono rappresentare e diventare la forza creativa delle nuove generazioni multietniche. Torino non offre prospettive, è essa stessa una prospettiva per il futuro dell’inclusione.

Cinema Teatro Maffei aprirà le proprie porte con un claim: invadetelə senza paura; dateci una mano a crearne il futuro; adottatelə ed educatelə insieme a no. Cerchiamo insieme di forgiare la visione fuori dal binario.

Il Cinema Maffei chiuse definitivamente poco prima della pandemia. Quali sono state le principali difficoltà nel concretizzare questa riqualificazione?

Difficoltà di ordine pratico, innanzitutto, e poi anche difficoltà di ordine economico. Abbiamo dovuto trovare un architetto capace e visionario che riuscisse a tradurre in realtà l’idea che avevamo solo abbozzata nei nostri desideri. Questo professionista è Piero Gianotti Prat, una persona sensibile e capace che ci ha aiutati a trovare le giuste soluzioni. E poi la questione spinosa del budget che ci ha attanagliato fin dall’inizio, perché il progetto è stato immaginato da un gruppo di operatori e operatrici con grande esperienza che però necessitavano di un supporto economico per partire. I segnali determinanti che si poteva partire con i lavori sono stati fondamentalmente due: la vittoria del bando Space di Compagnia di San Paolo e il coinvolgimento di uno sponsor privato che ha contributo in modo deciso e sostanzioso. Sto parlando di Compagnia dei Caraibi, una solida realtà di impresa piemontese, che da anni cresce e sostiene progetti culturali come il nostro.

La cultura in tutte le sue espressioni deve riguadagnarsi un ruolo radicale nella critica dell’attuale e nella visione del futuro, senza perdere il suo valore terapeutico e catartico, perché con l’arte vogliamo continuare a piangere, ridere, sognare ed arrabbiarci.

Come si crea un nuovo contesto critico dell’arte ai tempi dell’Antropocene?

Partendo dall’offrire spazio a chi normalmente non lo trova nei circuiti convenzionali, per le ragioni più diverse. C’è un sottomondo artistico e culturale ricchissimo in Italia, come in Europa, ma spesso rimane nell’ombra o conosciuto da pochi estimatori perché non trova lo spazio per raccontarsi. La prospettiva di cui parliamo è proprio questa: se ci approcciamo ai nuovi contesti culturali e ai nuovi linguaggi artistici possiamo scoprire che non solo ci piace, ma ci arricchisce. Se Maffei riuscisse nell’intento, il nostro progetto avrebbe raggiunto il suo scopo.

Qual è l’obiettivo che l’Associazione si è posta per i prossimi anni?

Portare il progetto Maffei ad una dimensione consolidata e riconosciuta di factory è una delle nostre principali ambizioni.