Sulla seduzione – Silhouettes: i ritratti di Kierkegaard che danno voce a tre eroine della letteratura

Tre donne della letteratura. Tre donne innamorate, sedotte e abbandonate. Tre monologhi immaginari e intimi che si realizzano nell’impossibilità di un amore tradito. Søren Kierkegaard tende l’ascolto al dolore di Marie Beaumarchais, Donna Elvira e Margherita in Sulla seduzione – Silhouettes, edito da Il Melangolo, a cura di Laura Liva con prefazione di Isabella Adinolfi.

_di Federica Bassignana

“Che grande sfortuna per i mortali l’amore”. Lo diceva la Medea di Euripide, ma è anche l’orizzonte dell’intermittenza del cuore delle giovani donne abbondante, amanti infelici e disilluse: Kierkegaard sceglie di entrare nelle corde più profonde – e tormentate – dell’interiorità di Marie Beaumarchais, Donna Elvira e Margherita. Tre protagoniste che scaturiscono da pagine tragiche di letteratura, attraverso le quali Kierkegaard indaga il lato oscuro della seduzione senza passare dall’analisi delle figure dei seduttori, ma concretandosi sui fantasmi che suscitano nelle sedotte. Donne vittime di un inganno la cui sofferenza si acuisce dal tormento del dubbio e della responsabilità di tale inganno.


“Un dubbio che le tormenta e le spinge a ritornare incessantemente su quanto è accaduto, a esaminare di continuo il rapporto che le legava a chi, forse, le ha ingannate per cercare di capire meglio, di chiarire in modo definitivo che cosa ha causato la fine della loro relazione. Ma è un tentativo che puntualmente fallisce. Un tormento che continuamente si rinnova”, scrive Isabella Adinolfi.

Il saggio di Kierkegaard è un’indagine psicologica della sfera delle pene d’amore, un’esplorazione “poetica del registro patetico dell’esistenza”: diverse tonalità e sfumature del dubbio, della disperazione e della perdita si coniugano in un viaggio all’interno dell’io, della psiche delle amanti abbandonate.

“Le tre protagoniste del saggio sono infatti donne moderne, appartengono a un’epoca che ha sostituito l’azione tragica con il dramma intimo: tutto accade nell’io, tutto è spostato nell’interiorità, che è divenuta la vera scena del dramma. Nulla trapela all’esterno. Nulla c’è di oggettivo, tutto è riflesso del soggetto e rimane circoscritto al soggetto”.

Tre silhouettes di cui Kierkegaard definisce i contorni con abilità intellettuale e sensibilità emotiva. Ma si spinge anche più la: le afflizioni riflesse sono indagate con il rigore di analisi che contraddistinguono la capacità di osservazione del filosofo fino a raggiungere l’immaginazione di monologhi interiori. Così Kierkegaard fa fare la conoscenza delle sue protagoniste, presentandole ai lettori da un altro punto di vista – il loro – e, forse, per la prima volta.

Accompagna per mano nelle ombre psicologiche e umane della seduzione: i sentimenti di Marie Beaumarchais da Clavigo nell’omonima tragedia di Goethe si declinano tra orgoglio ferito e fede nell’amore; la Donna Elvira del Don Giovanni di Mozart non riesce ad arrendersi all’evidenza della natura del suo ingannatore, oscillando tra amore e odio; e, infine, la Margherita dal Faust di Goethe, talmente ingenua e pura da rasentare l’insignificanza, perché senza Faust lei cessa di esistere.

Luci riflesse, amori disillusi e speranze disattese sono i paradigmi del saggio nel quale l’autore si addentra sempre più in profondità delle dinamiche interiori dell’abbondono subito dalle tre protagoniste che su quell’abbandono si interrogano, bussano disperatamente alla porta delle loro consapevolezze come chi attende una risposta.

Come scrive Kierkegaard: “Dovremmo augurare loro di ritrovare quello che hanno perduto, sarebbe forse un vantaggio per loro? Non hanno già ricevuto un’iniziazione più alta? E questa iniziazione le unirà e getterà bellezza sulla loro unione, e nell’unione darà loro sollievo, perché solo colui che per parte sua è stato morso dai serpenti, sa quanto soffre chi è stato morso dai serpenti”.