Una produzione eclettica che affonda le sue radici nel melting-pot culturale di Londra: Marianna Pluda, in arte Voodoo Kid, fa il suo ingresso nel panorama musicale italiano con il suo primo album in cui il filo conduttore dei sentimenti percorre una tracklist da ascoltare tutta d’un fiato. Futura 1993 ha intervistato per noi Voodoo Kid alla scoperta del suo album d’esordio amor, requiem.
–
_di Filippo Duò
Voodoo Kid è un’artista che non lascia indifferenti, per via di un approccio alla musica e alla creatività totalmente fuori dagli schemi, a partire dal nome, indefinito e non etichettabile, manifesto della sua poetica. Mette infatti insieme l’affascinante estetica dark a supporto di un immaginario ben preciso e la figura del bambino che con purezza e innocenza dà libero spazio ai sentimenti. Il tutto a partire dall’omaggio a uno dei suoi idoli, Jimi Hendrix, e al brano Voodoo Chile.
Marianna Pluda, classe 1995, fin dai primi singoli non ha mai avuto problemi a mettere in luce sentimenti ed emozioni, spaziando dall’euforia alla disillusione, dalle fragilità all’amore. Questo, in particolare, è il perno attorno al quale ruota il suo album d’esordio amor, requiem. Pubblicato il 20 novembre per Carosello Records e Grooviglio, il disco è composto da otto tracce legate da un concept tematico, cosa assai rara nell’epoca delle playlist. È giusto ascoltarlo dall’inizio alla fine per poter osservare con chiarezza il racconto di una relazione e delle successive evoluzioni, tra contrasti generazionali, ricerca ossessiva dell’altra persona e ricordi dolorosi ma necessari da far affiorare per lasciarsi alle spalle il peggio.
Viene proposto un sound profondamente curato e figlio di influenze internazionali, derivate dall’aver vissuto e studiato per quattro anni a Londra. La tracklist si snoda tra synthpop e soul, elettronica danzereccia e r&b, dimostrando che Voodoo Kid non ha paura a sperimentare e mettersi in gioco, risultando sincera e diretta, grazie ad un linguaggio perfetto per la nostra epoca, fluido e tagliente, buona fotografia di una quotidianità tra smartphone e metropoli. I produttori sono molteplici, da Renzo Stone ad Emanuele Triglia, passando per i Mamakass e Dario Bass, ma ciò non ha impedito una non scontata coerenza tematica. Quest’ultima è ribadita anche a livello visivo grazie all’inconfondibile contributo di Silvia Violante Rouge e Corrado Grilli.
Abbiamo così fatto quattro chiacchiere con Marianna per scoprire qualcosa in più su un disco sfaccettato e destinato a rimanere nel tempo. Ecco cosa ci ha raccontato.
Nel disco si passa dalle primissime fasi di nascita di un amore fino alla sua fine: è un percorso concettuale voluto fin dall’inizio o di cui ti sei accorta brano dopo brano?
Nonostante io abbia sempre sognato di fare un concept album come primo lavoro, devo dire la verità: è venuto fuori man mano che scrivevo. Non avevo pianificato nulla, me ne sono accorta a posteriori. Osservando i vari pezzi ho compreso che erano in qualche modo tutti collegati, in un viaggio in divenire.
Pezzi come non è per te o ghiacciai sono molto calati nel presente, anche se in maniera laterale. Quanto c’è di generazionale nelle tue canzoni?
A ben pensarci tutti i brani della tracklist possono assumere un taglio di questo tipo. Quindi sì, c’è molto di generazionale in loro. Credo che non è per te sia un buon esempio, poiché mette al centro proprio il contrasto fra le generazioni e la conseguente diversa visione dell’amore, nettamente percepibile nel testo.
L’amore stesso viene descritto con sfaccettature meno classiche rispetto agli stereotipi: non hai paura di mostrarne ombre e luci. Un esempio è foxbury ave. interlude, di cosa parla?
Qui descrivo l’amore in un modo molto specifico. Infatti, ci sono delle occasioni in cui una persona è così interessata ad un’altra da arrivare a stalkerarla, fino a raggiungere il proprio obiettivo. La visione che si può avere del brano è dunque duplice: l’ascoltatore può interpretarlo sia come un episodio di vero e proprio stalking ma anche come un passaggio naturale e quotidiano della nascita di una relazione. Sempre di più cerchiamo di scoprire quante più cose possibili sulla persona che ci piace ancora prima di instaurare un rapporto. La cerchiamo sui social, guardiamo più volte il suo profilo, leggiamo cosa scrive, scopriamo i suoi interessi, rischiando anche di averne una percezione distorta e poco realistica. Quindi parla dell’ossessione per la vita altrui, alimentata dalle immense possibilità fornite dalla rete.
La fine stessa di una relazione viene esorcizzata nella title track requiem, quanto è importante per te parlare anche dei momenti più difficili e buoi di un amore?
Per me è veramente importante la condivisione e la possibilità di dialogo con le persone con cui si ha avuto una relazione, per ripercorrere e comprendere meglio quanto successo, cosa che è spesso la chiave di tutto.
Chi, come me, ha la fortuna di esprimere le proprie sensazioni tramite l’arte, ha anche la possibilità di fare uno step aggiuntivo, ovvero quello di mettere in musica e in parole le sensazioni provate, siano esse positive o negative.
Nell’ultimo caso è, appunto, un modo per esorcizzare ciò che è accaduto, scrollandoci di dosso gli episodi non felici. I pezzi del disco raccontano tutte storie vissute in prima persona, e mi sono resa conto che, dopo averli scritti, gli eventi di cui parlo mi toccano decisamente meno rispetto al passato.
I tuoi testi sono ricchi di immagini a tratti cinematografiche e molto dirette: come li scrivi? Li ponderi nel tempo o li butti giù come flussi di coscienza?
Scrivo prevalentemente di stomaco, raramente mi capita di decidere di realizzare una canzone ad inizio giornata come routine. Magari lo farò di più nei prossimi anni o nel caso in cui mi trovi a lavorare come autrice. Ma se sono focalizzata sulla mia persona e sulla mia carriera riesco a dare vita a nuovi brani solo con estrema spontaneità, per fare pace con i demoni del passato. I pezzi dell’album che ho scritto maggiormente di getto sono foxbury ave. interlude, ghiacciai, goodbye e soprattutto requiem. non è per te ha seguito, all’opposto, un iter più complesso: è nato nella forma embrionale con unicamente la prima strofa circa un paio di anni fa, l’anno scorso è arrivata la seconda strofa e l’inciso l’ho completato ad agosto inseme a Renzo Stone, uno dei producer che mi segue. È un ottimo esempio di unione fra impulsività e ponderazione. Il fatto che siano nate prima le strofe è legato alla maggior libertà che sento nell’approcciarmi ad esse, penso che debbano contenere il messaggio profondo del pezzo.
Si passa dall’elettronica 80s di rasoi alle batterie sincopate r&b di goodbye: come hai seguito il processo di produzione? Come sei riuscita creare un filo logico anche dal punto di vista del sound?
Quando scrivo parto sempre da zero anche dal punto di vista del sound, al massimo mi esercito su dei type beat. In questi casi, se il risultato mi sembra convincente, cerco di ricrearlo fino ad arrivare al pezzo finale. La maggior parte delle volte, però, la composizione avviene con i producer partendo da delle demo da me ideate che porto in studio, come accaduto per requiem e rasoi, ad esempio. In particolare, rasoi era addirittura un pezzo totalmente diverso da quello che potete ascoltare, poi con Renzo abbiamo provato ad impostare un mood dal sapore 80s, dalle batterie alle tastiere Juno per cui vado pazza. In seguito ho aggiunto delle chitarre fuzzate che hanno svoltato completamente il brano, rendendolo più pieno e anche più contemporaneo. Ha comunque mantenuto una certa essenzialità e penso che sia la sua forza. Lo stesso vale per ghiacciai, il cui mix in tutto ha solo otto tracce, tra cui un basso, una batteria, synth, chitarre e voci. Sono molto fortunata ad aver avuto al mio fianco Renzo Stone nella maggior parte delle canzoni: prima di tutto siamo amici e riesco a confrontarmi con estrema libertà. Abbiamo scritto un po’ ovunque: nello studio di Carosello, nel suo studio e in un songwriting camp ad agosto a Volterra, dove è nata la forma definitiva di non è per te.
Un’epoca fatta di una sempre maggiore liquidità di generi sembra perfetta per te, mi sembra ti piaccia spaziare e non precluderti nulla. È così?
Esatto, più riesco ad evadere dalle etichette e ad uscire da certi canoni, più mi sento libera e capace di comunicare tutta la mia personalità, perché io sono così.
Sei riuscita a dare vita ad un immaginario cupo, notturno e misterioso, grazie al lavoro con Corrado Grilli e Silvia Violante Rouge. Come hai seguito la direzione creativa dal punto di vista fotografico?
Chi mi conosce bene sa che l’estetica cupa e notturna è sempre stata parte di me, quindi rappresentare un immaginario di questo tipo è stato molto naturale. Io sono un animale della notte, un po’ figlia della luna (ride, ndr). Silvia l’ho conosciuta quest’estate in occasione di Cuori Impavidi, l’evento organizzato dal Mi Ami all’Idroscalo di Milano, lei era lì per fotografare il live. Chiacchierando a fine serata mi ha espresso una forte passione per il mio progetto, e tra me, lei e Alessandro – il mio manager – , è nata una vera amicizia che si è tramutata in una conseguente collaborazione. Ora loro due sono il nucleo del mio team creativo, viviamo praticamente insieme ed esploriamo quotidianamente nuove idee. Per quanto riguarda il concept visivo del disco, l’idea delle mani sugli occhi me la porto dietro da un po’ di tempo, e racchiude il significato complessivo: l’amore è cieco ed è in grado di accecarti, mettendoti in una situazione in cui ti fai guidare da qualcun altro senza opporre resistenza. Ci si lascia quindi completamente andare alle emozioni fino ad un possibile capolinea, momento in cui si ripercorre tutto e si è pronti per voltare pagina, proprio come avviene nello scatto. Tra l’altro, ottenuto in totale improvvisazione e non costruito: quando lo abbiamo rivisto ci siamo detti “la cover è questa.” L’idea della luce rossa mi è venuta mentre realizzavamo lo shooting di non è per te e l’abbiamo portata avanti nella narrazione dell’intero lavoro.
E per quanto riguarda l’artwork?
Con Corrado aka Mecna ci conosciamo dal mio featuring di un anno fa sul suo pezzo Neverland. Il rapporto è proseguito anche in questo caso con un grande feeling umano, finchè ho capito che era la persona giusta con cui lavorare all’artwork del progetto. Gli ho chiesto una cosa molto pulita e semplice, e lui ha tirato fuori questo font fantastico. È stato super nel dare valore aggiunto al tutto.
C’è un forte approccio internazionale: quanto ti ha influenzato vivere a Londra?
Tantissimo. Tutto quello che sono adesso è dovuto in gran parte all’aver vissuto lì quattro anni ininterrottamente: tornavo in Italia sporadicamente e solo per suonare. Ho studiato Commercial Popular Music alla Westminster University e ho avuto la possibilità di conoscere tantissimi musicisti, ognuno con un personale approccio artistico. Ciò mi ha aperto la testa come nulla prima: sono salita che scrivevo solo con l’ausilio della chitarra, sono scesa che ero in fissa con synth e programmi che lavorano con i parziali di suono. La considero un’esperienza necessaria e formativa, in grado di diventare parte integrante del mio attuale modo di essere. L’ultimo anno in Inghilterra è stato per me molto difficile, ho attraversato un periodo di depressione che ho compensato con momenti di folle felicità dovuta a feste in posti incredibili con persone incredibili. In quei mesi ho quindi sperimentato l’intero spettro emotivo, vivendo ogni giorno con intensità. Un album del genere non sarebbe mai nato senza tutto questo.
Parlami un po’ dei tuoi ascolti, da quelli con cui sei cresciuta e quelli attuali.
Il primo concerto a cui ho assistito in vita mia è stato di Tiziano Ferro, a cui mi sono immediatamente affezionata. Subito dopo, però, mi sono spostata a panorami internazionali: dai Beatles a David Bowie, poi, iniziando a suonare la chitarra sono passata a gruppi come Led Zeppelin, Red Hot Chili Peppers, Oasis e Arctic Monkeys. Prima di trasferirmi a Londra ho scoperto la musica elettronica, James Blake – sono andata fuori di testa per Limit To Your Love -, Bon Iver e Frank Ocean, tutt’ora il suo Channel Orange è tra gli album che più ascolto. In Inghilterra ho approfondito l’universo soul, funk e r&b, che si sarebbero rivelati una forte influenza nelle mie composizioni. Oggi spazio senza problemi tra i generi, dal pop da di The Weeknd agli standard jazz, cercando di prendere un po’ da ciascuno.
Noto dalle tue stories una passione per film e serie tv, anche a tema horror. Hai visto qualcosa di recente che ti andrebbe di consigliarci?
Tra gli ultimi film che ho amato c’è Hereditary di Ari Aster, che tra l’altro mi ha consigliato proprio Corrado. Una sera gli ho chiesto un consiglio su cosa guardare e lui me l’ha indicato, io ne ho approfittato, scoprendo solo dopo che si trattava del debutto cinematografico del regista. Ho recuperato anche il secondo lavoro di Aster, Midsommar, che mi piaciuto ancora di più: è uno di quei film che devi guardare più volte per coglierne tutti i dettagli. Per citare cose meno horror: quando è uscito Tenet di Christopher Nolan sono corsa a vederlo al cinema, apprezzandone molte cose, altre un po’ meno; mentre una settimana fa ho visto per la prima volta Django Unchained di Quentin Tarantino, un altro filmone che mi ha fatto impazzire, in generale la sua filmografia è una delle mie cose preferite. Però sono estremamente aperta e guardo tutto quello che mi capiti sotto tiro, non solo film acclamati dalla critica. Spesso tra i lavori migliori ce ne sono di semisconosciuti, anche in questo campo mi piace esplorare le possibilità a mia disposizione e non fermarmi ai pregiudizi, si impara sempre qualcosa da tutti. Sono occasioni da cui trarre spunto per la mia creatività, visiva e musicale. Penso, infatti, alla colonna sonora di Interstellar curata da Hans Zimmer, ha dei pezzi che strappano il cuore ogni volta che li sento.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Spero tanto di poter tornare a suonare presto dal vivo, ma in mancanza di ciò mi piacerebbe poter fare un live digitale, per suonare così il disco con la band, penso che le canzoni se lo meritino. Sarei molto curiosa di vedere come potrebbe venire con nuovi arrangiamenti pensati per l’occasione.
Futura 1993 è il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro. Seguici su Instagram e Facebook!